Sulle etichette dei prodotti a base di carne l'Europa continua ad essere divisa. Lo si è visto anche in occasione dell'ultimo Consiglio dei ministri agricoli dei 27 paesi che si è riunito a Bruxelles il 24 marzo. Al centro delle discussioni l'opportunità o meno di indicare nelle etichette la provenienza delle carni. Tutti concordi nel confermare la richiesta da parte dei consumatori di avere massima trasparenza su ciò che portano in tavola, ma al contempo grande preoccupazione per il possibile innalzamento dei costi. Un documento presentato dalla Commissione evidenzia infatti che i costi potrebbero aumentare dal 10% al 15%, aumenti che difficilmente potrebbero essere trasferiti sui prezzi al consumo. Per giunta i paesi contrari all'etichettatura obbligatoria, come Gran Bretagna, Lussemburgo, Spagna, per citarne alcuni, aggiungono che non ci sarebbero vantaggi nella lotta contro le frodi alimentari, che comunque continuerebbero ad essere perpetrate a dispetto delle nuove etichette. Critiche non prive di fondamento, ma resta la necessità di recuperare la fiducia dei consumatori, come sostenuto dal ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina. Per l'Italia la via maestra è dunque quella della massima trasparenza, senza tuttavia sottovalutare costi e complessità dell'etichettatura obbligatoria. La stessa posizione è sostenuta da altri paesi come Francia e Austria, mentre un nutrito gruppo di nazioni si è espresso a favore di un ulteriore approfondimento della materia prima di prendere decisioni.

Gli scenari possibili
Già in passato la Commissione europea aveva predisposto un documento nel quale si tracciavano i possibili scenari sui quali articolare l'etichettatura dei prodotti a base di carne. Come anticipato da Agronotizie, la prima opzione è quella di una etichettatura volontaria. Per le etichette obbligatorie potrebbero esserci due diverse formule. Una semplificata con l'indicazione della provenienza europea od extra europea delle carni, una più puntuale ove si specificano i paesi di provenienza delle carni. Proposte queste ultime che trovano forti resistenze da parte delle industrie di trasformazione.

Potrebbe vincere la semplicità
Per il momento è solo un rinvio, ma sembra allontanarsi per i prodotti a base di carne l'obbligo di un'etichetta nella quale sia dichiarata la provenienza di ogni singolo componente. Favorevoli all'etichetta obbligatoria restano comunque alcune organizzazioni agricole italiane, come Cia e Coldiretti, ma non vanno sottovaluti costi, complicazioni e burocrazia che una tal scelta potrebbe portarsi dietro. Con il rischio alla fine che l'abbiano vinta quanti sono contrari tout court alle etichettature, industrie in prima fila. Una formula più “morbida”, compresa quella della etichettatura volontaria, sarebbe realisticamente più perseguibile. Poi sarebbero i consumatori a scegliere. C'è da scommettere che le loro preferenze andrebbero ai prodotti che dichiarano il “made in” dei loro ingredienti. E il gioco sarebbe fatto.