Trecentottandadue caseifici dove vengono lavorati circa 105.000 quintali di latte, per una produzione annua media di 8.000 quintali di formaggi. E', in sintesi, il ritratto della produzione casearia in alpeggio in Lombardia, ovvero l'insieme delle attività agricole, che, oltre alla gestione delle superfici al pascolo e al governo del bestiame, comprende una tradizionale attività di trasformazione del latte destinata a produzioni di formaggi tipici, fortemente identitari
di un tradizione alpina. "Produzioni di nicchia - ha detto l'assessore regionale all'Agricoltura Gianni Fava, intervenendo,
oggi, in apertura dei lavori del convegno 'Prodotti tradizionali dei caseifici in alpeggio: sicurezza alimentare e valorizzazione produzioni verso Expo 2015' - e di qualità, frutto di attività che assicurano il mantenimento di un presidio fondamentale nei territori montani: se l'agricoltura abbandona alpeggi e pascoli, la gestione spontanea delle stesse aree montane non ne garantisce più automaticamente la sicurezza".

Una realtà economica particolarmente articolata, ma dal valore limitato - 10 milioni di euro circa quello della produzione annua -, a cui il consumatore riserva, però, grande attenzione per le caratteristiche di tipicitàqualità. Un "patrimonio" che, al pari di tutti i prodotti alimentari, deve però soddisfare requisiti di sicurezza alimentare codificati dai regolamenti comunitari. "Un tema complesso, su cui occorre intervenire - ha aggiunto l'assessore -, per salvaguardare attività tradizionali e perché queste siano considerate attività di presidio territoriali e di mantenimento di attività umane in aree marginali". Una delle principali preoccupazioni per chi lavora in ambiti difficili, ma non solo, è rappresentata dalla burocrazia e dai controlli igienico-sanitari. "In realtà - ha osservato Fava - questo atteggiamento è frutto di un pregiudizio psicologico, ma ha comunque un effetto importante. La grande sfida, perciò, per chi fa controlli in contesti spesso difficili da raggiungere - ha specificato l'assessore -, è trovare equilibrio tra le due componenti, affinché chi vive quella realtà non la consideri un problema in più". Del resto, il sistema dei controlli in Lombardia è particolarmente avanzato, anche in montagna: il 99 per cento dei 382 caseifici d'alpeggio censiti nel 2012 è stato controllato, con punte del 100 per cento tra Bergamo (67), Brescia (52), Como (23), Sondrio (146) e Valcamonica (64) e del 93 per cento in provincia di Lecco (30 strutture).

"In una prospettiva, quella di Expo 21015, in cui in Lombardia si parlerà di 'nutrire il pianeta' e di farlo in sicurezza - ha detto l'assessore regionale - vogliamo presentarci con la nostra tradizionale agricoltura di montagna e le eccellenze tipiche di questi territori europei. Un modello che vogliamo sia accettato e condiviso - ha insistito Fava -. Non credo che in montagna torneranno grandi numeri in termini occupazionali, ma il processo attuale di 'presidio' va sostenuto, affinché chi consuma prodotti ad alto valore aggiunto sia tutelato sotto il profilo della sicurezza alimentare, oltre che della qualità". Nell'ambito della pianificazione dei prossimi sette anni la montagna sarà centrale. "Come Regione Lombardia - ha concluso Fava - investiremo tra il 30 e il 40 per cento di tutta la programmazione regionale: se è vero che l'agricoltura dei grandi numeri sta altrove, quella di montagna dà garanzie sulla gestione del territorio".