La coltivazione di alghe potrebbe dare nuovo ossigeno alle tante aziende agricole attive nel florovivaismo che stanno subendo la crisi. La concorrenza estera e il calo dei consumi hanno costretto mole imprese a chiudere i battenti. Nella sola Lombardia si stima che su 6.200 ettari di serre dal 10 al 15% siano non utilizzate o sotto utilizzate.

"La coltivazione di microalghe rappresenta una opportunità per chi vuole riconvertire la propria azienda", spiega ad AgroNotizie Katia Parati, responsabile del settore acquacoltura dell'Istituto Spallanzani, che grazie al sostegno della Fondazione Cariplo e alla collaborazione dell'azienda agricola bergamasca P680 sta mettendo a punto un protocollo per convertire le serre in bioreattori destinati alla produzione di microalghe.
Progetto che finirà a luglio e che è stato presentato a Pordenone durante Aquafarm.

Partiamo dall'inizio, che cosa sono le microalghe?
"Sono della alghe, come la Spirulina o la Clorella, che producono preziosi elementi che sono richiesti da molti settori produttivi. Producono ad esempio omega-3, carotenoidi e proteine utili in nutraceutica. Le alghe sono preziose in farmaceutica perché contengono sostanze antiossidanti e antibiotiche. Ma vengono usate anche in cosmesi".

In che modo i proprietari di serre potrebbero coltivare alghe?
"La serra è ideale per la produzione di alghe perché offre un ambiente riparato e controllato. Le imprese agricole potrebbero utilizzare le strutture già esistenti installando dei fotobioreattori per la produzione di alghe. Le serre migliori sono quelle in ferro-vetro perché garantiscono un controllo ottimale dei parametri ambientali, ma anche quelle con coperture plastiche possono essere adattate".

Che cos'è un fotobioreattore?
"E' la struttura all'interno della quale crescono le alghe. Noi abbiamo messo a punto un sistema low-cost usando plastica semi-rigida per creare dei contenitori cilindrici da 400 litri, con un diametro di circa 50 centimetri, che vengono riempiti di acqua e sostanze nutritive e in cui viene insufflata aria".


Di che cosa hanno bisogno le alghe per crescere?
"Prima di tutto della luce del sole che attiva i processi fotosintetici. Poi hanno bisogno di temperature controllate e di fertilizzanti. Per la parte nutritiva abbiamo individuato un mix a base di prodotti comunemente usati in agricoltura".

La produzione può avvenire tutto l'anno o nei mesi invernali si ferma?
"Il grosso problema è proprio quello di assicurare anche durante i mesi più freddi temperature compatibili con uno sviluppo ottimale dell'alga. Clorella riesce a crescere intorno ai 20°C e resiste a temperature inferiori, per Spirulina ci vogliono temperature più alte. La serra di per sé mantiene un clima protetto all'interno della struttura e con alcuni accorgimenti, come riscaldare l'acqua di crescita, si può produrre tutto l'anno".

Quali sono i vantaggi di una produzione di microalghe?
"In una produzione classica per un floricoltore, come il ciclo geranio-petunia-stella di Natale, il margine di guadagno è intorno al 18%. Basandoci sui dati reali delle produzioni che abbiamo avuto nelle serre di prova abbiamo visto che con le microalghe il margine di ricavo è del 57%. Le microalghe sono una coltura ad alto valore aggiunto".

Ci sono altri aspetti positivi?
"Chi alleva piante sa che non è possibile stoccarle. Passate le feste nessuno acquista più stelle di Natale e le rimanenze vanno buttate. Le microalghe invece, una volta essiccate, possono essere stoccate con facilità e il loro consumo non è stagionale. Inoltre è un mercato in forte espansione, mentre quello dei fiori recisi o delle piante in vaso è stagnante".

C'è spazio per nuovi player in questo settore?
"Assolutamente sì. In Europa, ma soprattutto in Italia, queste produzioni sono limitate a fronte di una richiesta di mercato in crescita. Mentre nel resto del mondo ci sono forti produttori dai quali importiamo il prodotto finito".


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