Rese maggiori, maggiore sostenibilità e diminuzione degli input: per affrontare la sfida più grande dell'agricoltura del futuro è necessario il contributo del mondo scientifico. Tecnologia, ricerca e innovazione sono imprescindibili per fare in modo che si possa produrre meglio, di più e con minori risorse.
Proprio per parlare di scienza e di divulgazione Syngenta ha organizzato a Bologna la tavola rotonda "Scienza aperta: lo stato dell'arte dell'innovazione in agricoltura", alla discussione hanno partecipato diversi ricercatori e professori universitari.

"In futuro la tecnologia nel nostro settore sarà fortemente influenzata da un lato dalla digital revolution e dalla green revolution e dall'altro dalla capacità di divulgare i progressi che il mondo scientifico riesce a raggiungere. Ecco perché è importante che si stabilisca un dialogo" ha affermato Luigi Radaelli, a.d. di Syngenta Italia.
"La ricerca per Syngenta è una priorità, investiamo il 9% del nostro fatturato e le persone dedicate, nel mondo, sono 5mila. Io sono ottimista sul futuro dell'agricoltura e dell'agroalimentare italiano. Ci sono moltissime eccellenze, ma servono investimenti in tecnologia e ricerca".


Fra i presenti anche Michele Pisante, commissario delegato Crea, che dopo aver ricordato che, secondo gli ultimi dati Istat, la ricerca in agricoltura occupa solo il 3.4% del totale delle risorse stanziate per fare innovazione, ha sottolineato quanto sia importate cercare di trasformare i risultati scientifici in innovazione.
Per riuscirci, oltre ai finanziamenti serve un cambio di passo nella formazione. "Troppo spesso - ha affermato - il sistema universitario risponde in maniera rallentata alle novità".

Si è parlato, durante la tavola rotonda, anche di cisgenica (questa tecnica ricorda quella degli Ogm ma, invece di trasferire geni fra specie diverse, implica il trasferimento di geni che potrebbero incrociarsi anche in maniera naturale) e di genome editing (capacità di modificare in maniera precisa una specifica base all'interno del Dna di un organismo).
"Oggi - ha precisato Michele Morgante, professore di genetica all'Università di Udine - abbiamo la capacità di identificare i geni responsabili dei caratteri che ci interessano, abbiamo nuove tecnologie, possiamo usare la conoscenza per migliorare il processo tradizionale di miglioramento genetico e possiamo modificare in maniera mirata i geni, il tutto per fare innovazione varietale. Esattamente quello che ci serve per far fronte alle sfide di cui si è parlato".

Le due tecnologie al momento non si possono utilizzare, si è infatti in attesa di pronuncia da parte sia della Commissione europea e sia della Corte di giustizia europea.
In caso arrivasse un via libera, sarebbe una notizia accolta positivamente dai ricercatori: "Vorrebbe dire - ha continuato Morgante - che potremmo testare le piante ottenute con queste tecniche in pieno campo e verificare se le modifiche apportate per aumentare determinate resistenze diano realmente un vantaggio".