Da commodity a specialty. È questo il passaggio da compiere per valorizzare i cereali e trasportarli al di fuori delle dinamiche globali dei mercati. Almeno quel tanto che basta per non soffrire eccessivamente la volatilità dei listini, in una fase in cui il frumento – duro e tenero – non ha regalato grandi soddisfazioni ai produttori. Con una sofferenza maggiormente marcata in termini di redditività per il grano duro, quest’anno nemmeno troppo brillante in chiave qualitativa.
Eppure, definire filiere alternative, ad alto valore aggiunto, caratterizzate da una specificità marcata, sembra la strada corretta.

In Sicilia l’associazione Simenza, con oltre 70 produttori associati e una lista di un centinaio pronti ad aderire, ha avviato un percorso di riconversione verso grani antichi, puntando su biodiversità e coltivazioni biologiche. Si parla di 500 ettari, proiettati a diventare 3.000 in tempi rapidi, in grado di implementare la marginalità, inaugurare nuove filiere per la produzione di pasta, farine e prodotti dell’arte bianca.

Il presidente di Simenza, Giuseppe Li Rosi, è il custode di tre varietà locali come Timilia, Maiorca e Strazzavisazz. Proprio lui sottolinea come tale biodiversità difenda il terreno e le colture dalle specie infestanti e, allo stesso tempo, rappresenti un naturale adattamento al cambiamento delle condizioni climatiche. Non solo. I grani antichi stanno influenzando anche il paesaggio dei Nebrodi, delle Madonie e del Peloritani e l’avanzamento della ricerca è mandata avanti dalle Facoltà di Agraria e dalla Stazione consorziale sperimentale di granicoltura di Caltagirone, che ha redatto un catalogo di oltre 250 varietà di grano e di 50 leguminose siciliane.

Altra latitudine, stesso disegno di convertire in specialty una commodity come il grano. È stata presentata, infatti, nelle scorse settimane la filiera del grano mantovano per pane e prodotti da forno di alta qualità. Materia prima e percorso fino al consumatore al 100% "made in Mantova", grazie ai primi partner: Confagricoltura Mantova, Confederazione nazionale artigianato, sindacato provinciale dei panificatori e i molini Pasini e Magri.

Il potenziale è elevato, in quanto il territorio mantovano rappresenta il 32% del grano lombardo, grazie a una superficie di 27.000 ettari circa, dei quali 18.200 ha coltivati a grano tenero e 9.000 duro. E non è affatto escluso che il modello possa essere replicato in altre province cerealicole lombarde, dal momento che il Molino Pasini la scorsa primavera ha ottenuto la certificazione della linea di farine “Origine Lombardia”, ottenute da grano tenero coltivato sul territorio lombardo e siglate “0 Mantova, 0 Pavia e 0 Cremona”, in base al luogo d’origine.

Basta così? No, perché la coscienza dei grani speciali ha fatto presa anche negli Stati Uniti. In California, laddove molto spesso sono nate tendenze che da pure mode hanno attecchito su scala mondiale. Ne ha parlato il sito specializzato Modern Farmer, raccontando l’esperienza della società californiana Oakland, che ha rilanciato sull’etichettatura in maniera spinta. Indicare l’origine e la varietà dei grani, il “terroir” di coltivazione e la data della raccolta si è rivelata una carta d’identità molto apprezzata dai consumatori e con conseguenze positive anche per gli agricoltori.

Una conferma dei mutamenti in atto arriva anche da Marco Speziali, presidente di Confai Academy, che evidenzia un nuovo trend legato alle farine alimentari.
Le nuove frontiere del gluten free – spiega – sono rappresentati dai legumi per l’industria di pastificazione, come i ceci o il pisello proteico, in quanto, contenendo meno zuccheri di mais e riso, non creano problemi di innalzamento dei valori glicemici nel sangue. Per ora parliamo di una coltura di nicchia, che ha i presupposti per trasformarsi in un modello agricolo estensivo”.