Ancora oggi la Spagna non rappresenta un modello di civiltà né di coscienza ecologica. E' infatti internazionalmente nota per tradizioni popolari secolari che ammettono atrocità sugli animali per puro divertimento, le corridas a Siviglia e Madrid e gli encierros di Pamplona diffuse anche con il supporto dei mass media.

Sono meno note, ma altrettanto feroci, altre tradizioni come: l’istigazione dei tori alla corsa all’interno delle calli verso una folla di uomini pronti ad infilzarli senza pietà con lance, o dardi; l’uccisione dei tori dopo una lenta agonia inflitta mediante l’incatramazione e l’incendio delle loro corna, l’uccisione dei tacchini schiantandoli dall’alto di un campanile; l’uccisione di oche appese per le estremità mediante lo strappo delle teste da parte di cavalieri al galoppo; l’impiccagione o la mutilazione dei galghi alla fine della stagione di caccia; l’uccisione per lapidazione di gatti e scoiattoli per festeggiare la Settimana Santa, solo per citare le più diffuse atrocità commesse contro gli animali in nome della "tradizione" e della "diversità culturale" ispanica.

Se  la legislazione spagnola ignora le direttive europee in materia di benessere animale, non dobbiamo stupirci se la Legge spagnola n 47 del 2007 "Patrimonio naturale e biodiversità" non tuteli nemmeno le specie vegetali.
Sono di fatto legali lo spianto ed il commercio di alberi monumentali (particolarmente antichi), tanto che negli ultimi anni si è creata la cosiddetta "bolla degli ulivi millenari", estremamente deleteria per il fragile ecosistema iberico.
Parchi e giardini vengono adornati con queste "sculture viventi", simboli della potenza economica di urbanisti di grosse città, politici, sceicchi ed altri ricconi di tutto il mondo, disposti a pagare decine di migliaia di euro per un maestoso ulivo millenario.

In un momento di contrazione del potere d’acquisto delle famiglie europee in generale, in cui il consumo di olio d’oliva è calato a favore di altri oli più economici, i piccoli olivicoltori spagnoli si trovano in difficoltà e molti svendono, per poche migliaia di euro, ulivi millenari che poi verranno rivenduti dagli speculatori a prezzi che vanno dai 30mila ai 60mila euro.
Possiamo solo biasimare questa filosofia: "pane per oggi e fame per domani". Spiantando ed esportando ovunque migliaia di magnifici esemplari, gente senza scrupoli, ha quindi innescato un processo che sembra difficile arrestare: la perdita della biodiversità dell’ecosistema mediterraneo, lo stravolgimento del paesaggio locale, la riduzione del fatturato del settore agroturistico e addirittura danni psicologici agli abitanti particolarmente legati agli ulivi millenari della propria terra.

Testimonia questa ecatombe il film "El olivo", una co-produzione ispano-germanica della regista Iciar Bollain.
 
Una scena del film El olivo, tratta dal trailer ufficiale
La storia si basa su un fatto realmente accaduto: un anziano contadino diventa muto per il trauma che subisce quando suo figlio svende un ulivo, proprietà della sua famiglia da secoli. La sua nipote intraprende allora una lotta legale per recuperare il bene di famiglia perduto.

Il film in Spagna ha contribuito positivamente a sensibilizzare le coscienze e permesso di raccogliere, in solo un mese di proiezione nei cinema, più di 150mila firme per l’estensione a tutto il territorio spagnolo dell’unica legge che tutela esplicitamente la biodiversità e gli alberi centenari, attualmente in vigore solo nel territorio della Comunità di Valencia (paradossalmente, la Regione nella quale oltre cento municipi danno fuoco ai tori per "animare" le loro sagre!).

Chi volesse contribuire nella lotta degli ecologisti spagnoli per la difesa della biodiversità può firmare entrando nel seguente sito internet.

La "bolla speculativa dell’ulivo" è giunta sino all’Unione europea poiché è ormai considerato un serio problema sia in termini di perdita di biodiversità negli ambienti da cui gli ulivi vengono spiantati, sia in termini di rischio di diffusione di batteri e insetti potenzialmente nocivi nell’ambiente in cui questi maestosi alberi vengono poi ripiantati.

In Francia, ad esempio, è vietato spiantare alberi centenari a tutela della biodiversità francese, ma è consentito importarli da altri Paesi (maggiormente Grecia, Portogallo e Spagna), quindi tale sciovinismo legale alimenta la "bolla speculativa dell’ulivo" e l'ulteriore impoverimento dei Paesi più poveri dell'Ue.
La Fondazione Félix Rodríguez de la Fuente ha ricevuto un finanziamento mediante il programma europeo Life, e un cofinanziamento pubblico da parte della Comunità di Valencia, per implementare un’azione a difesa della biodiversità mediante un programma educativo.
Il progetto, denominato Bigtrees4life, ha già coinvolto circa 40.000.000 di cittadini europei e i risultati raggiunti in tre anni sono molto positivi.

Successivamente alla campagna di sensibilizzazione e alle mostre itineranti, dal 2013 al 2015 ben ventisei municipi e due Regioni hanno emanato ordinanze e leggi a tutela degli alberi centenari, non solo ulivi.
Inoltre, è stato istituito un catalogo nazionale degli alberi e dei "boschi singolari" (cioè quelli aventi caratteristiche che li rendono unici). Tale catalogo è accessibile al pubblico tramite una app geolocalizzata e gratuita, disponibile per Android e IoS.

Il progetto ha coinvolto una task force di 250 esperti in alberi antichi, appartenenti a diversi Paesi europei, i quali hanno organizzato un congresso internazionale e una serie di seminari di specializzazione per tecnici forestali in Spagna, Polonia e Italia.

La Fondazione Félix Rodríguez de la Fuente è stata istituita dalla figlia di un noto documentarista spagnolo degli anni ’70, morto tragicamente quando il suo aliante precipitò mentre stava girando un documentario sull’avifauna iberica.
Durante il progetto Bigtrees4life sono stati girati diversi documentari andati in onda sulla Tv spagnola e ora sono accessibili al pubblico globale grazie al canale Youtube della stessa Fondazione.
 
La situazione in Italia
Il nostro Paese vanta un patrimonio forestale di tutto rispetto, che nulla ha da invidiare a quello artistico-archeologico, ma purtroppo non viene valorizzato come merita.
Secondo una classifica non ufficiale, il Castagno dei 100 cavalli sarebbe l’albero più antico d’Europa, con un’età stimata fra i 3mila e i 4mila anni. Si discute se sia un unico castagno o tre alberi che si sono fusi durante la loro crescita.
Quindi il primato del castagno catanese è conteso dall’Ulivo millenario di Luras, in Sardegna, anch’esso di età vicina ai 4mila anni.
Esistono anche diversi esemplari di ulivo di età compresa fra i 3mila e i mille anni, in Puglia e Lazio, e chissà quanti altri alberi millenari: querce, faggi, cipressi, fra i quali il celebre Cipresso di S. Francesco e perfino una vite ritrovata in Sardegna.

L’ultimo censimento completo del patrimonio forestale monumentale è abbastanza obsoleto, risale al 1982. La Legge n 10 del 2013 stabilisce l’obbligo di censire gli alberi monumentali in ogni Comune, e sanziona il loro danneggiamento con multe dai 5mila ai 100mila euro.
Purtroppo alla data odierna l’elenco è tuttora in fase di preparazione.
Se il ministro Marianna Madia abolisce il Corpo forestale, per risparmiare qualche milione, piuttosto che eliminare le inutili spese e privilegi della "casta", ci chiediamo allora chi porterà a termine la catalogazione del nostro patrimonio boschivo.

In Italia esiste un movimento per la tutela degli ulivi centenari, promosso dall’associazione La Terra di Puglia che mira ad ottenere il riconoscimento degli ulivi millenari pugliesi come patrimonio dell’Unesco.

Chi volesse supportare l’iniziativa, può firmare la petizione in questo link.

Nonostante l’impegno delle associazioni locali e dei singoli cittadini a difesa dell’ambiente italiano, ogni gruppo si è concentrato sulla tutela dell’esemplare, o di esemplari tipici della propria area geografica, ma non sembra che ci sia un piano organico, o un ente, o una fondazione, che s’impegni a tutelare la biodiversità specifica rappresentata da tutti gli alberi pluricentenari del territorio nazionale.

La catalogazione e lo studio sistematico del patrimonio paleoforestale italiano riveste fondamentale importanza per la ricerca botanica, ma non solo: consentirebbe la comprensione di fenomeni complessi, quali il cambiamento climatico e la deriva genetica delle specie, informazioni utili anche per la selezione ed il miglioramento delle cultivar e quindi dell’economia agricola e agroforestale.

Nella partita sulla tutela di questi esseri così longevi, la Spagna ci sta battendo tre a zero. Loro hanno segnato con i seguenti goal: raggiunto 40.000.000 di individui, un catalogo degli alberi pluricentenari accessibile mediante un’app geolocalizzata e degli audiovisivi.
Il nostro Paese è riuscito solo a fare qualche azione mediatica di portata locale, vanificata da un Governo più preoccupato di salvaguardare i Boschi piuttosto che i boschi. Bisogna reagire, prima che sia troppo tardi.