Le emergenze fitosanitarie dichiarano guerra all'agricoltura italiana. E l'Italia prepara le armi. Tra insetti, virus e batteri diverse sono le malattie che si sono susseguite negli ultimi anni, portando notevoli danni ai settori d'appartenza già messi in difficoltà dalla crisi economica e strutturale. Spesso il primo approccio è stato il congelamento del settore, la caccia all'untore e l'eradicazione delle piante infette.

Ma questo basta per vincere le battaglie? I casi Xylella e Codiro - Disseccamento rapido dell'olivo sono solo gli ultimi di questa emergenza. Ma a che punto è la ricerca e la sperimentazione su questa malattia? Ci sono aspetti agronomici che possano aiutare la lotta contro questa difficile patologia? AgroNotizie ha chiesto ad alcuni ricercatori ed esperti di fare il punto sulla ricerca.
 
Sintomi di Xylella su pianta di olivo
(Fonte immagine: © Eppo*)

"Partiamo dalla possibile resistenza di alcune varietà alla Xylella - spiega Giovanni Paolo Martelli dell'Università di Bari -. La cultivar Leccino pare avere una promettente tolleranza all'infezione. Anche altre varietà potrebbero esserlo in misura minore. Ma per esserne sicuri dobbiamo fare dei test: ad esempio stiamo preparando, nelle aree salentine, un campo sperimentale con varietà potenzialmente resistenti. Ci vorranno anni però per avere risposte.
Abbiamo visto che nel Leccino l'attività di moltiplicazione del batterio è minore rispetto ad altre varietà. Questo comporta una ridotta ostruzione dei vasi e una conseguente diversa comparsa dei sintomi. Infatti lo Xylella fastidiosa attacca il sistema vascolare delle piante. Qui aderisce, si moltiplica, forma un biofilm gelatinoso che ostruisce i vasi. Segnalo uno studio preliminare che indica l’N-Acetilcisteina (Nac), usato anche per trattare malattie umane per sciogliere il catarro dei bronchi, utile per ridurre l’adesione dei batteri alle superfici: il gel non si attacca e scivola via, mostrando una certa remissione dei sintomi. Il batterio c'è ancora ma così è meno pericoloso. La cosa andrà però verificata sul campo".

 
Sintomi di Xylella su pianta di olivo
(Fonte immagine: © Eppo*)

La lotta agronomica non può essere fatta dalla sola presenza di varietà tolleranti o resistenti. Bisogna trovare altre strade, che magari non siano legate all'uso di sostanze chimiche.

"Stiamo lavorando da più di un anno - spiega Francesco Lops, dell'Università di Foggia - per capire come aiutare la pianta d'olivo a vegetare al meglio e resistere al batterio. Trattandosi però di una sperimentazione, e di piante arboree, ci vorranno anni per capire come agire. I primi risultati sono sicuramente soddisfacenti e le piante usate per il nostro studio hanno reagito in modo positivo alle nostre pratiche colturali. C'è combinazione tra lo stato di salute della pianta, le buone pratiche agronomiche e la reazione che si può avere alle malattie.
Se la pianta vegeta bene tende a stare bene. Facciamo due esempi di meccanismi d'azione e reazione tra pianta e malattia: in condizione di buona salute e di poco stress la pianta produce le fitoalessine antimicrobiche, sostanze che inibiscono lo sviluppo di patogeni, e contemporaneamente sotto stress si generano sostanze gommose o vischiose che tendono ad ostruire i vasi che trasportano la linfa".

 
Sintomi di Xylella su pianta di olivo
(Fonte immagine: © Eppo*)

Un futuro che necessità studio e tempo, ma con un presente sempre più incerto e drammatico. Ma allora che cosa dobbiamo aspettarci sul tema emergenza Xylella? 
"Non esistono vere e proprie proposte agronomiche di controllo - spiega Salvatore Camposeo, dell'Università di Bari -, perchè non ancora scientificamente dimostrate. Per avere una corretta sperimentazione agronomica nell'olivo ci vogliono almeno quattro anni consecutivi di ricerca. Ad oggi non vi sono progetti finanziati ed attivi in tal senso e qualora nel 2016 fossero attivati i primi risultati applicativi sarebbero disponibili non prima di 3-4 anni. In ogni caso, una buona gestione della chioma e del suolo sono tecniche colturali potenzialmente interessanti".

Ma per un futuro più roseo l'olivicoltura può passare attraverso la coltivazione superintensiva? "Per prima cosa bisogna passare dall'approvazione urgente e dall'attuazione esatta del Piano nazionale olivicolo, ora arenato sul tavolo di concertazione Stato-Regioni. Il Piano prevede ben 5 assi d'interventi e solo in uno si parla di nuovi impianti e non principalmente di 'superintensivo'. Da un punto di vista imprenditoriale, questi innovativi sistemi colturali rappresentano scelte opzionali rispetto ai più moderni sistemi intensivi e pienamente integrabili con i sistemi colturali oggi più diffusi, tipici dell'olivicoltura tradizionale".


Fonte immagini: © Eppo: Donato Boscia del Cnr di Bari, Franco Nigro dell'Università di Bari, Antonio Guario della Regione Puglia