Siamo nel pieno della campagna della frutta estiva e anche quest'anno non sembra che la situazione di crisi tenda a ridursi, sia per quanto riguarda il mercato che la produzione. AgroNotizie ha intervistato Marco Salvi, presidente di Fruitimprese e direttore generale di Salvi-Unacoa, per approfondire alcuni aspetti di questa difficile situazione.

Cosa sta succedendo al mercato italiano della frutta estiva?
"Siamo ricaduti in una crisi profonda ma annunciata - spiega Marco Salvi -. Il clima caldo di quest'anno ha permesso di avere buone produzioni, che si pongono però al disopra della capacità d'acquisto del mercato. E' necessario che a livello europeo ci sia un'unica cabina di regia che gestisca la produzione e coordini il mercato. Senza questo siamo destinati ad avere prezzi sempre più bassi e sempre di più al di sotto dei costi di produzione. Se la tendenza è questa il destino dei nostri frutticoltori è segnato: vedremo sempre di più tagliare le piante".

Di cosa hanno urgentemente bisogno le imprese ortofrutticole italiane?
"Puntare sulla qualità è un primo aspetto. Su questo fronte il processo di rinnovamento varietale che è in atto nel nostro Paese sta aiutando. Basti vedere come in alcune specie puntare su varietà più adatte alle esigenze moderne abbia permesso di accrescerne l'interesse. Credo però che sia necessario intervenire anche sul calibro. L'Italia e l'Europa non possono permettere di riversare sul mercato frutta di piccolo calibro, che squilibrano sia la qualità che la quantità del settore. Devono essere prese decisioni drastiche, come ad esempio impedire la circolazione dei calibri C e valorizzare solo i calibri nobili. Stop anche alle politiche del prezzo, meglio concentrarsi sul creare valore per farselo pagare in modo adeguato".

Quali sono le iniziative da mettere in campo per avere un export competitivo in Italia?
"E' necessario intervenire sulla competitività delle imprese. Siamo il paese europeo con il costo di produzione più alto e questo ci penalizza rispetto ai nostri principali competitor. Basta vedere quanto paghiamo per il lavoro, il trasporto e l'energia. Il governo italiano deve intervenire, sostenendo la nostra battaglia contro lo spreco e contro la sostenibilità.
Su questo fronte ricordiamo che recentemente abbiamo chiesto d'intervenire sulla legge di stabilità ampliando la riduzione dell'Irap anche per i lavoratori stagionali (asse portante del lavoro agricolo), che in un primo momento non erano stati presi in considerazione. Inoltre bisogna aprirci a nuovi mercati, mentre oggi la nostra tendenza è quella di chiuderli. L'embargo russo ne è l'ennesima conferma, visto che fino all'anno scorso rappresentava il 40% dell'export ortofrutticolo dell'Ue. Senza dimenticare i paesi del nord Africa che rappresentavano interessanti opportunità commerciali.
Per crearci queste nuove opportunità dobbiamo farlo però come paese e come sistema. L'Expo in quest'ottica poteva essere un'occasione straordinaria, ma anche questa volta non siamo stati in grado di coglierla".


Qualità e made in Italy come valore aggiunto. Qual è la strada da percorrere per riuscire a creare questo valore?
"La qualità è sicuramente un elemento fondamentale, che dovrà poi essere sostenuta da adeguate politiche commerciali e di prezzo. L'Italia non ha nulla da invidiare agli altri ed il suo brand è conosciuto in tutto il mondo. Dobbiamo però essere incisivi e lavorare uniti. L'aggregazione può rappresentare un punto d'inizio importante".