Popillia japonica, conosciuto anche come coleottero giapponese, è stabilmente insediato in Italia e la sua espansione è continua. Gli agricoltori lombardi e piemontesi già lo sospettavano, ma ora non ci sono più dubbi. In più i tecnici e i ricercatori si aspettano un'espansione anche a lungo raggio, grazie ai mezzi di trasporto dell'uomo.

 

Durante un evento che si è tenuto nella sede della Regione Lombardia dal titolo "Nuove acquisizioni per una gestione di Popillia japonica" del 30 novembre scorso è stato fatto il punto della situazione e sono stati resi pubblici i risultati di un progetto, denominato Gespo, che si è appena concluso e che mirava a conoscere meglio l'organismo nocivo e a sviluppare strategie per la sua gestione.

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L'insetto, individuato per la prima volta vicino all'aeroporto di Malpensa nel 2014, oggi si è espanso per un'area di 15mila chilometri quadrati ed è presente, oltre che in Piemonte e in Lombardia, anche in Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e in Emilia, in provincia di Parma e Piacenza. Si tratta di un organismo nocivo da quarantena, inserito fra i prioritari nel Regolamento 2019/1702 della Commissione Europea. I danni alle colture attaccate sono estremamente elevati, in più P. japonica è invasivo e polifago e quindi attacca più di trecento specie agrarie e selvatiche. Non ha purtroppo limitatori naturali nel nostro territorio, nessuno quindi in grado di tenerlo sotto controllo. Ad aggravare la situazione c'è poi il fatto che è un insetto gregario e quindi non è mai solo. Non è raro, nelle zone in cui è presente, vedere piante di susino o di albicocco completamente coperte da centinaia di P. japonica. L'adulto rende scheletriche le foglie mentre le larve che si trovano nel terreno si nutrono delle radici.

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Dopo un primo periodo in cui i Servizi Fitosanitari di Piemonte e Lombardia hanno cercato di contenerlo e di evitare che la sua area si espandesse, oggi è necessario prendere atto che il coleottero giapponese è in Italia per restare e va quindi gestito. "È necessario adottare un approccio di sistema - ha detto il professore Nicola Mori dell'Università degli Studi di Verona - ad oggi non c'è nessun metodo che sia in grado di contenere Popillia da solo. Sia per lo stadio larvale, sia per quello adulto vanno integrati diversi approcci".

 

Il progetto Gespo puntava da un lato ad analizzare i dati raccolti dal 2014 per conoscere meglio l'insetto e quindi per poter anticiparne i movimenti e dall'altro a individuare metodi per gestirne la presenza. Nell'ambito del progetto sono stati sviluppati strumenti informatici per avere informazioni in tempo reale rispetto allo stadio di sviluppo lì dove P. japonica è presente. Sono diversi i fattori che influenzano la possibilità dell'insetto di avanzare in un determinato territorio. "I modelli che abbiamo sviluppato non solo ci consentono di predire la fenomenologia dell'insetto ma anche la velocità di crescita delle popolazioni, una volta che l'insetto arriva in una nuova zona".

 

P. japonica predilige alcune colture. Ci sono poi altre condizioni da tenere presenti come la temperatura non solo dell'aria ma anche del terreno, il tipo di terreno oltre che l'età dell'infestazione, ovvero da quando è arrivata in un nuovo territorio. "L'impatto dell'insetto è strettamente legato all'abbondanza. All'inizio le colonizzazioni sono molto basse, ma la curva riesce a partire velocemente e nel giro di quattro, cinque anni dall'arrivo le popolazioni diventano abbondanti", ha detto il professore Gianni Gilioli dell'Università degli Studi di Brescia, coordinatore del progetto Gespo.

 

Fra le colture preferite dagli adulti ci sono vite, nocciolo, piccoli frutti, mais, soia, melanzana, susino, ciliegio, melo, kaki e kiwi. Periodi di siccità o alta piovosità sfavoriscono l'insetto, così come l'alta temperatura o la bassa temperatura del terreno mettono a dura prova la sopravvivenza delle larve. Terreni ad elevato pH sono loro congeniali, mentre sfavoriscono Popillia japonica i terreni argillosi. Fra i fattori che influiscono sulla possibilità di diffusione c'è anche l'irrigazione. "Preferisce terreni ricchi di sostanza organica e irrigati. Nella gestione dell'irrigazione bisogna arrivare al limite di stressare la pianta, mantenendo le sue performance", ha continuato il professore Mori.

 

Il raggio di azione di Popillia japonica si allarga

 

I ricercatori hanno individuato quattordici direttrici di espansione dell'insetto, a partire dalla zona in cui è stato individuato nel 2014, in direzione Nord Est e Sud Est. Il fronte di invasione procede con una velocità fra i 4,5 chilometri annui e i 13,7 chilometri annui. Secondo i dati raccolti la sua capacità di avanzare è influenzata in maniera positiva dalla presenza di campi coltivati, prati permanenti, foreste di latifoglie. Ostacolano la sua avanzata invece i centri abitati e le foreste di conifere.

 

Come contrastare Popillia japonica

 

Una volta che Popillia japonica è arrivato in un nuovo territorio e si è insediato stabilmente va gestito. "Le reti funzionano - ha raccontato il professore Nicola Mori - ma sono costose e quindi possono essere utilizzate solo in presenza di colture che producano un alto reddito. Ci sono poi sostanze chimiche di sintesi o naturali autorizzate per P. japonica, se stiamo parlando degli adulti. Per quanto riguarda le larve, si possono utilizzare funghi o nematodi. Si applicano però quando ci sono le larve nel terreno, stiamo quindi parlando di agosto, inizio settembre. È un sistema a bassissimo impatto ambientale che però bisogna saper gestire".

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