Dopo l'addio al dimetoato gli agricoltori si sono trovati orfani di una molecola che per anni ha rappresentato la principale sostanza attiva utilizzata per il controllo della mosca dell'olivo (Bactrocera oleae). Oggi tra le soluzioni disponibili c'è l'impiego delle polveri di roccia, come le bentoniti e le zeoliti, che camuffando le drupe le rendono irriconoscibili alla mosca che quindi non depone il suo uovo.

 

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Nell'ambito del progetto Diol, finanziato dal Mipaaf nel contesto del Piano Olivicolo Nazionale, il Crea, l'Università di Foggia e il Cnr Scitec di Milano hanno testato la possibilità di rafforzare il potere repellente proprio delle polveri di roccia attraverso l'uso di aldeidi e del rame.

 

Di fatto, sia per chi opera in biologico che in convenzionale, si è passati da una strategia di difesa larvicida, che veniva messa in campo dopo l'ovideposizione, ad una adulticida. Una linea preventiva dunque, che ha come obiettivo quello di eliminare gli adulti di mosca oppure dissuadere le femmine da depositare il proprio uovo nel frutto.

 

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Aldeidi, alleati nella difesa dell'olivo

Le aldeidi sono dei composti organici volatili che in natura sono prodotti nei processi fermentativi degli zuccheri. Anche la pianta dell'olivo li sintetizza e infatti i composti oggetto dello studio sono stati isolati proprio studiando il filloplano (l'habitat rappresentato dalla chioma dell'albero) nell'ambito delle ricerche condotte dal professore Giacinto Salvatore Germinara (Università di Foggia).

 

Prove di laboratorio prima e di campo poi hanno dimostrato che due aldeidi in particolare, l'esanale e l'eptanale, hanno un effetto repellente nei confronti dell'adulto di mosca. Le prove sono state condotte abbinando il feromone sessuale della mosca (sostanza attrattiva) con le aldeidi (con effetto repellente) e si è notato che gli insetti sono stati scoraggiati dal raggiungere il diffusore di feromone.

 

Rafforzare le zeoliti e le bentoniti con rame e aldeidi

Constatato l'effetto repellente delle aldeidi, i ricercatori hanno fatto un ulteriore passo avanti provando ad abbinare esanale, eptanale e rame alle bentoniti e alle zeoliti, polveri di roccia che hanno la caratteristica di avere una composizione stratificata. Semplificando, i ricercatori hanno inserito tra un livello e l'altro della struttura chimica delle polveri di roccia degli ioni di aldeidi e di rame.

 

In particolare il rame, che ha un comprovato effetto repellente, è stato inserito nella zeolite, mentre le aldeidi nella bentonite. "Questo ha permesso di ottenere un prodotto stabile, con una maggiore resistenza al dilavamento e a lenta cessione", racconta Elisabetta Gargani, ricercatrice del Crea Difesa e Certificazione di Firenze.

 

Sono state condotte delle prove di campo effettuando tre trattamenti all'anno per tre anni su differenti tesi: non trattato, trattato con bentonite più aldeidi, trattato con zeoliti più rame e infine trattato con prodotti commerciali a base di polveri di roccia.

 

"È emerso che le parcelle trattate con questi prodotti sperimentali hanno registrato un attacco della mosca inferiore fino al 97% rispetto al non trattato, che invece ha visto una incidenza di drupe colpite pari al 20%", sottolinea Elisabetta Gargani. "Anche le tesi sperimentali, confrontate con quelle che hanno previsto l'uso di prodotti già in commercio, hanno segnato una differenza sostanziale nell'efficacia protettiva".

 

L'utilizzo delle polveri di roccia abbinate al rame o alle aldeidi offre il vantaggio di garantire un livello protettivo delle drupe superiore; inoltre, nel caso del rame, la quantità di metallo utilizzata è molto minore rispetto ad un trattamento classico e questo aiuta l'agricoltore a restare nel limite dei 4 chilogrammi previsto dalla normativa.

 

Nematodi a difesa delle olive

Sempre nell'ambito del progetto Diol, Giulia Torrini del Crea ha anche valutato l'impiego di nematodi entomopatogeni per devitalizzare le pupe di Bactrocera oleae. I nematodi sono dei parassiti di piante e animali di cui esistono migliaia di specie al Mondo. Alcune di queste sono studiate per la capacità di predare insetti di interesse agrario.

 

Nello specifico sono state studiate due specie, Steinernema feltiae e Heterorhabditis bacteriophora, che in prove di laboratorio hanno dimostrato una capacità predatoria attiva. H. bacteriophora ha poi dimostrato l'abilità di penetrare all'interno del pupario di mosca, sviluppandosi a scapito dell'adulto in formazione portandolo alla morte.

 

"I nematodi hanno bisogno di un film d'acqua all'interno del quale muoversi", sottolinea Elisabetta Gargani. "L'impiego che abbiamo ipotizzato riguarda dunque il trattamento del suolo al fine di intercettare le pupe che si sono interrate per superare l'inverno. In questo modo è possibile diminuire la consistenza della popolazione svernante e avere una pressione dell'insetto inferiore in primavera".