Sorpresa: circa glifosate studiato nei test di laboratorio si è sempre detto che un conto è applicare la sostanza attiva da sola, un altro è applicare i formulati commerciali con tutti i vari coadiuvanti che ne esaltano l’azione. Ciò è stato vero fino a oggi, almeno analizzando la miriade di ricerche anti-glifosate prodotte impiegando Roundup® in vitro o su cavie, ovviamente a dosi stellari, attribuendo poi a glifosate l’azione nociva registrata.

A spezzare la serie di tali ricerche arriva ora una pubblicazione sui lombrichi e sulle influenze sulla loro biomassa applicando glifosate da solo oppure Roundup®. Peraltro, la ricerca è apparsa su Chemosphere, una rivista che da decenni è considerata di ottimo profilo, non la solita pay-per-play predatoria su cui pubblicano la propria junk-science i fin troppi allarmisti travestiti da scienziati.

Alcuni ricercatori americani avrebbero testato la sostanza attiva da sola e due differenti formulati commerciali all’interno di appositi contenitori riempiti di terra e popolati da lombrichi (Eisenia fetida). Fra le centinaia di formulazioni di glifosate disponibili, sono state scelte Roundup Ready-to-Use III® e Roundup Super Concentrate®, variandone le dosi in funzione della loro concentrazione al fine di renderle uguali fra loro quanto a dose di glifosate somministrata.

Questa, come capita sempre, è risultata anche in questo caso molto elevata: 26,3 milligrammi per chilogrammo di terreno, con glifosate in forma di sale isopropilamminico. Considerando una densità media apparente di un terreno torboso lavorato, stimabile intorno ai 700 kg/m3, e uno spessore di suolo di soli dieci centimetri, il peso dello strato considerato risulta intorno ai 70 kg/m2. Anche considerando una dose di 1.440 g/ha di glifosate (4 L/ha di un formulato a 360 g/L), si ottiene una dose di 144 mg/m2, ovvero di circa 2 mg/kg di terreno. La dose impiegata nella prova citata è stata cioè superiore di oltre 13 volte quella comunemente impiegata in campo. Il rapporto sale a oltre 26 volte considerando invece uno spessore di terreno pari a 20 centimetri anziché solo dieci.

Siamo cioè di fronte all’ennesima prova in cui le dosi prescelte dai ricercatori non rispecchiano assolutamente gli scenari reali. Ma proprio qui arriva la sorpresa: contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, i formulati commerciali sono risultati praticamente innocui, mentre una diminuzione della biomassa dei lombrichi sarebbe stata ravvisata solo nella tesi con glifosate puro.

I lombrichi posti nel suolo arricchito di solo glifosate avrebbero infatti perso fra il 14,8 e il 25,9% della loro biomassa iniziale rispetto alla tesi non trattata, sopravvivendo per meno tempo anche a uno stress test: gli esemplari nella tesi inoculata con solo glifosate sarebbero sopravvissuti per il 22,2-33,3% in meno rispetto a quelli del non trattato. Nelle tesi in cui il terreno è stato invece arricchito con Roundup Ready-to-Use III® e Roundup Super Concentrate® i lombrichi non avrebbero perso massa corporea, come pure sarebbero sopravvissuti allo stress test esattamente come quelli del non trattato.

Altra notizia interessante: nonostante le alte dosi somministrate, nessuna influenza è stata osservata sulla biomassa microbica e fungina presente nei substrati di tutte le tesi durante i 40 giorni della durata dell’esperimento. I ricercatori suppongono che i nitrati e i fosfati presenti nelle formulazioni abbiano compensato gli effetti nocivi del solo glifosate, stimolando appunto la crescita microbica e accelerando in tal modo anche la degradazione di glifosate. Se poi la dose fosse stata quella reale, probabilmente non si sarebbero ravvisati effetti nemmeno nella tesi con la sola sostanza attiva. Ma questo, appunto, non lo sapremo mai con certezza.

Tale ricerca appare quindi un cortocircuito logico per i molti cospirazionisti anti-glifosate, giornalisti inclusi, perché dimostra che nel terreno non si sono manifestati effetti avversi nemmeno applicando dosi di 13 volte superiori a quelle reali. Ottima salute, parrebbe infatti, per lombrichi, batteri e funghi.

La palla passa quindi al complottismo chemofobico, il quale ha ora una gatta da pelare in più vista la loro pessima propensione di gridare "Lo dice la Scienza!" ogni volta che una ricerca corrobori i loro bias di conferma. Oggi la "scienza" dice qualcosa di diverso rispetto a quanto da loro gradito. A dimostrazione che la scienza di per sé non dice mai alcunché: sono gli scienziati a parlare, a volte con senso compiuto, altre volte no.