L’ultima conseguenza, in ordine di tempo, della vicenda glifosate è l’innalzamento ai massimi livelli della trasparenza del processo di valutazione dei dossier degli agrofarmaci, per cercare di riguadagnare la fiducia dell’opinione pubblica che ancora non si capacita di come su di un argomento critico come la cancerogenicità di una sostanza possano coesistere valutazioni radicalmente opposte da parte di organismi riconosciuti a livello internazionale.

Ricordiamo brevemente cos’era successo: durante il processo di rinnovo dell’approvazione europea dell’erbicida più famoso al mondo a un certo punto giunse alla ribalta dell’opinione pubblica la divergenza di valutazione tra lo Iarc, che lo aveva giudicato cancerogeno, e tutti gli altri enti pubblici che a vario titolo ne stavano valutando le proprietà tossicologiche. Il Bfr (Istituto per la valutazione del rischio), che ha fornito il primo giudizio, l’Efsa che ne ha coordinato la “peer review” tra gli esperti dei 28 paesi membri e l’Echa che ne ha valutato la documentazione sulla classificazione erano d’accordo su di una cosa: se c’è una cosa che non è problematica per il glifosate, questa è la cancerogenicità.
Essendo argomenti molto complessi, entrano in gioco moltissime variabili e potrebbero esserci numerose sfumature, ma per un aspetto così spinoso occorreva fare in modo che le risultanze scientifiche fossero il più oggettive possibile, pena l’affidabilità di tutto il sistema.

Come mettere in pratica quanto deliberato dall’aggiornamento della “General Food Law”, un regolamento multidisciplinare emanato nel 2019 con lo scopo di rendere inequivocabile il processo di valutazione di tutti gli argomenti inerenti la filiera agroalimentare. Tutti potranno consultare liberamente gli studi presentati per ottenere autorizzazioni o rinnovi nel settore agroalimentare, non solo sugli agrofarmaci.
Il primo passo per l’attuazione di questa ambiziosissima strategia, prima al mondo, è mettere mano dove è nato il problema: i rinnovi delle sostanze attive. L’attuale meccanismo di rinnovo non soddisfa nessuno: le aziende che vedono sfumare investimenti milionari da frasi “non possiamo escludere che la tale impurezza sia genotossica” senza che venga concesso loro la possibilità di fornire ulteriori studi a sostegno, ma nemmeno gli ambientalisti che non si fidano degli studi commissionati dall’industria, sognando un mondo ideale in cui il notificante invia il campione all’Efsa o chi per essa assieme all’etichetta con gli usi proposti e questa si preoccupa di condurre gli studi necessari per dimostrare che il prodotto è sufficientemente efficace e non causa effetti inaccettabili per l’uomo e l’ambiente.

Non è trasformando il valutatore in notificante (scusate per l’estrema semplificazione) che si risolve il problema, ammesso che abbia una soluzione. La sfida di questa nuova norma è condividere a priori con i valutatori e gli altri stakeholder le modalità con cui si intendono effettuare gli studi per non vederseli contestare in fase di valutazione, quando spesso è troppo tardi per porvi rimedio. Se ci pensiamo bene condividere col valutatore come si intende effettuare uno studio è il sogno di ogni impresa: a regime il tutto dovrebbe funzionare bene, a patto che si riescano a tenere a freno i leoni da tastiera che inevitabilmente andranno a inondare di commenti inappropriati le sperimentazioni che verranno messe in discussione pubblica.

Un altro passo verso l’ottimizzazione delle risorse è che per trasmettere le informazioni alle autorità si prevede l’adozione dello stesso formato già adottato per i biocidi e per la notifica europea delle informazioni sulle emergenze sanitarie: chissà se Iuclid (questo è il nome del programma che verrà utilizzato per trasmettere i dati) contribuirà ad appianare le differenze che ancora si trovano quando la stessa sostanza viene valutata in ambito fitoiatrico rispetto a quanto si vede nei biocidi?

Sull’affidabilità delle infrastrutture informatiche per lo scambio di questa enorme quantità di informazioni siamo estremamente fiduciosi: la rete non si è impallata con milioni di studenti in didattica a distanza in contemporanea, reggerà a qualche dossier messo in commenting sul sito dell’Efsa. D’altra parte il peso di un dossier è più o meno pari a quello di un lungometraggio a definizione media, e i film che circolano in rete sono decisamente molti di più dei dossier.

Il regolamento attuativo si applicherà al rinnovo delle sostanze attive che scadranno dopo il 27 marzo 2024: la scadenza sembra lontana ma tutti stanno già lavorando per attuare la nuova prassi, che forse metterà fine alle diatribe che hanno avvelenato l’atmosfera di questi ultimi anni. Ma sarà vero? Vedremo!
 

Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi

  • Rgolamento di esecuzione (UE) 2020/1740 della Commissione del 20 novembre 2020 che stabilisce le disposizioni necessarie per l’attuazione della procedura di rinnovo dell’approvazione delle sostanze attive a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 844/2012 della Commissione
  • Regolamento (UE) 2019/1381 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativo alla trasparenza e alla sostenibilità dell’analisi del rischio dell’Unione nella filiera alimentare, e che modifica i regolamenti (CE) n. 178/2002, (CE) n. 1829/2003, (CE) n. 1831/2003, (CE) n. 2065/2003, (CE) n. 1935/2004, (CE) n. 1331/2008, (CE) n. 1107/2009, (UE) 2015/2283 e la direttiva 2001/18/CE (Testo rilevante ai fini del SEE.), Pub. L. No. 32019R1381, 231 OJ L (2019).