Il giavone (Echinochloa spp.) è una specie che nel corso degli anni ha sviluppato resistenze incrociate a diverse molecole erbicide utilizzate in risaia per eliminare la competizione tra riso ed erbe infestanti. Alcuni esemplari di giavone sono dunque in grado di sopravvivere alla dose di erbicida normalmente impiegata per il loro controllo e se non vengono eliminati in altro modo (attraverso l'uso di altre molecole o meccanicamente) possono riprodursi determinando la comparsa di una popolazione infestante resistente. Eventualità che può mettere a serio rischio la produttività del campo.

Quello delle resistenze è uno dei problemi principali che deve affrontare la risicoltura e l'agricoltura nel suo complesso. Per scongiurare il rischio di insorgenza di resistenze solitamente si consiglia la rotazione delle colture e l'impiego di sostanze attive con differente meccanismo di azione. In risicoltura tuttavia vige in larga parte la monosuccessione e le molecole autorizzate sono limitate.

Il problema delle resistenze causa un danno economico importante per le aziende agricole, ma ha anche ricadute ambientali pesanti, in quanto obbliga il risicoltore ad impiegare un numero maggiore di prodotti erbicidi. Per cercare di dare una risposta agli agricoltori è nato il progetto Epiresistenze (finanziato dalla Regione Lombardia, 'Bando per il finanziamento di progetti di ricerca in campo agricolo e forestale') che vede coinvolti l'Università di Pavia come capofila, Agricola 2000, Società agraria di Lombardia, l'Accademia dei Georgofili e il Distretto agricolo delle risaie lomelline come partner e Corteva Agriscience come cofinanziatore esterno.
 


Non tutte le resistenze sono uguali

Bisogna prima di tutto dire che le infestanti possono sviluppare differenti meccanismi di resistenza alle molecole erbicide. Solitamente si distingue tra resistenze target site, causate da mutazioni del Dna che impediscono il legame degli erbicidi nel sito di azione, e non target site, che inducono modificazioni metaboliche su basi genetiche. A queste si aggiungono le resistenze influenzate da processi epigenetici, ossia da cambiamenti potenzialmente ereditabili nell'espressione genica che non sono causati da mutazioni nella sequenza del Dna.

"Il termine epiresistenze è stato introdotto proprio dal nostro progetto e si riferisce a quelle resistenze che non sono dovute a modificazioni del patrimonio genetico della pianta, ma a meccanismi che agiscono inibendo o attivando un determinato gene in risposta a fattori di stress, come può essere l'associazione di fattori ambientali differenti, come il diserbo e i fattori edafici biotici e abiotici", spiega Maura Brusoni, professoressa del dipartimento di Scienze della terra e dell'ambiente presso l'Università di Pavia.

In altre parole l'uso degli erbicidi, in combinazione con i fattori ambientali, potrebbe rappresentare una fonte di stress che porta all'attivazione o allo spegnimento di un gene nella pianta rendendo l'esemplare immune al prodotto erbicida.
 
Gli obiettivi del progetto

Per la prima volta viene dunque indagata la presenza di epiresistenze nei giavoni di risaia. Al termine del progetto di ricerca, che durerà tre anni, si comprenderanno meglio quali sono i meccanismi che stanno dietro alle resistenze dei giavoni e si potranno dunque mettere in atto delle strategie per il loro controllo.

Buone notizie dunque per i risicoltori, ma anche per l'ambiente che si gioverà di un uso più consapevole dei prodotti erbicidi. "Al termine del progetto di ricerca potremo sviluppare strategie di controllo più razionali e mirate e quindi meno impattanti sulla biodiversità e sull'ecosistema in generale. In più il progetto fornirà delle linee guida concrete sull'utilizzo corretto e sostenibile dei diserbanti in risaia e contribuirà al raggiungimento degli obiettivi della normativa europea sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari", sottolinea Maura Brusoni.


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