Da sempre in natura si assiste a lotte per la sopravvivenza, spesso senza esclusione di colpi, fra organismi in competizione per le fonti di nutrimento, oppure legati da un rapporto “preda-predatore”.

Basti pensare alla tossina contenuta nella pelle della rana d’oro, la batracotossina, che è milioni di volte più letale dei peggiori insetticidi mai prodotti dall’uomo, oppure dalla tetradotossina del pesce palla, tossina paralizzante migliaia di volte più letale dei più tossici “pesticidi” mai inventati dalla chimica agraria.

In sostanza, per non farsi mangiare, questi organismi hanno sviluppato un veleno che dissuade i predatori dall’attaccarli.

Del resto, la lotta per la vita, in natura, non è normata da alcun processo autorizzativo che limiti la pericolosità delle molecole di volta in volta “inventate” dal più esteso e potente laboratorio chimico del Pianeta, ovvero la natura stessa.
 

Microrganismi contro

Analogamente alla rana d’oro e al pesce palla, diverse specie di funghi producono sostanze capaci di uccidere i batteri, loro competitors per i substrati alimentari. La penicillina, non a caso, derivò dall’osservazione di come intorno a colture di Penicillium non si fossero sviluppate colonie batteriche.

Da quella scoperta, fatta nel 1928 da Alexander Fleming, medico, biologo e farmacologo, derivarono i primissimi antibiotici con cui si riuscì a debellare malattie batteriche letali. Effetto salvifico per il quale la penicillina valse nel 1944 il Premio Nobel al medico scozzese che lo divise nobilmente con i propri collaboratori.

Per contro, i batteri svilupparono in modo altrettanto naturale i geni atti a renderli resistenti e quindi insensibili a tale molecola, come pure alle molecole da lì in poi giunte sul mercato. Illudersi infatti che la guerra per la vita (cioè salvare la propria ponendo fine a quella altrui) si possa esaurire con una sola invenzione è puramente illusoria, obbligando a una continua ricerca di nuove soluzioni non necessariamente più efficaci delle precedenti, bensì semplicemente nuove per modo d’azione.

L’antibiotico resistenza osservata negli ultimi anni è infatti anche figlia del fatto che per molto tempo le multinazionali non hanno più sviluppato antibiotici dal meccanismo d’azione differente da quelli precedenti. Questi, usati di continuo, spesso in modo improprio, sono perciò capitolati uno dopo l’altro aprendo la strada a pesanti statistiche di mortalità per setticemia a livello globale. Di sepsi (infezioni batteriche) l’Oms stima che muoiano ogni anno circa 11 milioni di persone a livello globale, pari al 20% di tutti i morti annui. Di questi, 750mila sarebbero dovuti ai soli fenomeni di antibiotico-resistenza.
 

Copiare dalla natura dà buoni frutti

Come visto, dalla natura si possono ricavare numerose molecole a noi utili. La natura può però essere ulteriormente migliorata a fini fitosanitari, come già fatto in campo farmaceutico con gli antibiotici.

Per esempio ciò avvenne nel 1987 in Ici, oggi Syngenta, la quale modificò la struttura di un erbicida naturale prodotto da piante del genere Callystemon, il leptospermone. Le modifiche apportate alla sua struttura permisero di ottenere mesotrione che insieme a sulcotrione è stato uno dei primi membri della nuova famiglia dei trichetoni, commercializzati a lungo con gli storici nomi di Callisto e Mikado, resi selettivi per il mais proprio grazie alle modifiche apportate alla molecola originale del Callystemon.

L’acido cinnamico è invece un acido carbossilico intermedio nella produzione di una molteplicità di sostanze coinvolte nella biosintesi della lignina, dei flavonoidi e molte altre molecole del Regno vegetale. Fra le piante che contengono acido cinnamico la cannella, in inglese cinnamon, è forse l’esempio più suggestivo. Dalla modifica della struttura dell’acido cinnamico è derivato dimetomorf, della famiglia delle morfoline, uno degli antiperonosporici più di successo degli ultimi decenni, soprattutto in viticoltura.
 

New entry recenti

Più di recente, sempre sulla linea di ottenere soluzioni fitosanitarie derivanti da molecole naturali, è stato realizzato fenpicoxamid, fungicida specifico per alcune patologie dei cereali, come per esempio la Septoria. La molecola, oggi proposta da Corteva agriscience, nasce dalla modifica strutturale di un’altra sostanza attiva, ovvero l’UK-4A. Chimicamente parlando, l’UK-2A è un lattone ottenuto naturalmente dalla fermentazione operata da colture di Streptomyces, degli attinomiceti, batteri gram-positivi aerobi, e mostra un’elevata attività fungicida che si esplica inibendo fortemente i processi respiratori mitocondriali agendo però su un sito d’azione differente rispetto ad altri prodotti precedenti.

In sostanza, UK-4A pare quasi la vendetta dei batteri contro i funghi, produttori di antibiotici.

Leggi gli approfondimenti su fenpicoxamid presentati alla Giornate fitopatologiche 2018

In estrema sintesi, fenpicoxamid differisce dal suo parentale naturale per la sostituzione di un idrogeno con un gruppo CH2OC(O)CH(CH3)2. Dotato di eccellente affinità per le cere, il nuovo fungicida promette di essere resistente al dilavamento, mostrando al contempo la capacità di ridistribuirsi omogeneamente sulle superfici fogliari trattate.

Nel Vecchio Continente ha ottenuto la prima registrazione in Francia nel marzo 2020, proponendo Questar™ con Inatreq™ active, sinonimo di fenpicoxamid. A seguire, altre autorizzazioni sono attese in Europa per il 2021, a partire dall’Inghilterra, altro Paese a forte vocazione cerealicola e con gravi problemi di septoriosi, specialmente dopo la revoca di clorotalonil, sostanza attiva ad ampio spettro di cui si spera di non rimpiangere troppo presto l’azione anti-resistenze.

A tempo debito, ovvero dopo l’autorizzazione anche in Italia, verranno forniti ulteriori dettagli circa la sostanza attiva e, a quel punto, anche sul relativo formulato commerciale.