La globalizzazione è nata molto prima che le si desse un nome. Basti pensare alla vite quanti chilometri ha fatto dai luoghi ove se ne sono trovate le prime tracce, nel Caucaso. Oppure il riso, il cui arrivo in Europa è talvolta attribuito a Marco Polo, altre a mercanti arabi meno blasonati dalla storia. Poi arrivò Cristoforo Colombo, il quale forse non fu il primo a scoprire le Americhe, ma di certo fu colui che aprì la strada alle molteplici rivoluzioni commerciali che modificarono gli equilibri agricoli e alimentari del Vecchio Continente. Pomodoro, patata, mais, fagioli, tutte colture da noi sconosciute che poterono arrivare sulle nostre tavole solo dal XVI secolo in poi. O meglio, arrivarono sulle nostre tavole gli antenati genetici di ciò che mangiamo ora. Perché l’uomo ama mettere lo zampino nel Dna delle colture da molto prima che si parlasse di Ogm.
 
Ma con le colture arrivarono anche altri organismi, tutt’altro che desiderabili, ovvero i parassiti e i patogeni di cui in Europa non esisteva traccia. E fu proprio grazie a una di queste importazioni indesiderate che ancora oggi abbiamo da lottare contro una malattia insidiosa e mai doma: la peronospora delle patate, o Phytophthora infestans.
 
Signora Phytophthora, Lei è ormai in Europa da oltre un secolo e mezzo. Sa cosa ha provocato, vero?
Certo che sì. Quello che facevo nel Nuovo Mondo ho semplicemente continuato a farlo nel Vecchio. Infetto solanacee e me ne nutro. In fondo, non è la stessa cosa che fate anche voi?
 
Certamente. Ma ammetterà che fra noi e Lei qualche differenza nel comportamento ci sarà pur bene…
Non è che poi ne veda tante di differenze. Tutto sommato siamo due diversi parassiti che cercano di mangiare a spese di una pianta che produce tuberi. Chi prima arriva meglio alloggia, Lei m’insegna.
 
Con un unico dettaglio: noi quei tuberi li coltiviamo, cioè ci impegniamo a farli crescere, ci lavoriamo. Lei invece ci casca sopra con qualche spora e ci sottrae i frutti del nostro lavoro.
Vostro, mio. Termini che in natura hanno poco senso. Del resto, appena mi vedete nei campi iniziate subito a darmi addosso con ogni tipo di fungicida. Non vi sembra un po’ eccessivo?
 
Direi di no. Se ricorda, quando non vi erano fungicidi Lei non è che si preoccupò tanto di risparmiarci. In Irlanda La ricordano ancora come un incubo.
Ci credo bene. Causai la più grave carestia della storia dell’isola. E mica solo di quella. Nel volgere di pochi anni, dal 1845 al 1848, credo che almeno un milione dei Suoi simili siano morti per la mancanza di cibo. Cibo che ovviamente era finito ad alimentare le mie ife e le mie spore. Mors tua, vita mea, non è così? Ogni volta che guardo le statue realizzate a Dublino per commemorare le vittime un po’ ci ripenso. Ma non posso certo sentirmi in colpa per quelle vite andate perdute.
 
Per non parlare dei milioni di emigranti che finirono stipati nelle navi per l’America.
Dalle Americhe io venivo, nelle Americhe loro andarono. Nulla di nuovo sotto il sole, non trova? Da milioni di anni le forme di vita si muovono in cerca di nuove opportunità. Anzi, Le dirò di più, io in Europa manco ci sarei voluta venire. Mi ci avete portata voi con il vostro vizio di scambiarvi materiali vegetali. Non è che poi potete dare tutta la colpa a me!
 
Ci mancherebbe. Erano ancora tempi in cui i controlli alle dogane manco si sapeva come farli.
Avrei da obiettare. Ancora oggi vedo Suoi simili andare su è giù con i bauli delle auto piene di materiali da propagazione vari, come quelli degli agrumi spagnoli…
 
Non metta il dito nella piaga e non svicoli. Lei ha fatto veri disastri in quegli anni.
Certo. E non mi sento in colpa per questo. Ve l’ho forse detto io di convertire a patate la gran parte delle superfici che coltivavate a cereali? No. L’avete deciso voi perché quei tuberi producevano di più e riempivano più pance del grano, della segale e dell’orzo. Poi non vi potete lamentare se quando arriva un patogeno nuovo vi spazza via le produzioni e vi riduce sul lastrico o, peggio, vi manda nella tomba. Non mi dirà che la sana regola della diversificazione colturale ve la devo insegnare io eh?
 
Certo che no, la conosciamo bene. Diciamo che l’uomo appena vede una strada più facile la imbocca con gioia senza pensare troppo a cosa può succedere se poi gli va male.  
Senza contare che nemmeno gli sforzi del Governo irlandese servirono a molto. Nonostante importasse grano dall’estero, la popolazione continuava a vedere poco pane nei negozi, alimentando l’idea che quel grano finisse chissà dove. In realtà, a vederlo concentrato sulle navi nei porti sembrava tanto, ma una volta distribuito sul territorio nazionale diveniva misero e insufficiente. In tal caso, però, mica potete addebitare a una malattia fungina le vostre derive sociali, psicologiche e populiste".
 
E infatti ce ne guardiamo bene. Ma non trova di essere stata sfacciatamente fortunata in quell’occasione?
Certo che sì. Solo pochi decenni più tardi e per me sarebbe stata molto dura fare lo stesso exploit. Dopo la scoperta del rame avrei avuto vita difficile anche nei campi e forse l’avreste avuta vinta voi. Pensi, un milione di morti quando sarebbe bastato un solo agrofarmaco per salvare tutti”.
 
Direi che ci sta. Una sola malattia su una sola coltura ha provocato un milione di vittime, non vedo perché trovare strano che un solo fungicida contro un solo patogeno possa salvarlo quel milione di vite.
Infatti io ho un grande rispetto per il rame. Diciamo che dopo quasi un secolo e mezzo di scontri durissimi abbiamo anche imparato a rispettarci. Un rapporto quasi cavalleresco. Ultimamente però ho visto un numero elevato di nuovi fungicidi entrare in scena. Citotropici, sistemici, di tutto un po’. Eppure, nonostante il vostro ingegno, io qualche spora o qualche ifa nelle patate sono sempre riuscita a infilarcela. Anzi, mentre alcune molecole ormai non funzionano manco più, io sono ancora qui, viva e vegeta. Se solo provaste a mollare per un attimo lo vedreste sì che cosa è ancora in grado di farvi questa vecchietta…
 
Ecco, lo dica magari a un altro milione di persone, quelle che firmano contro pesticidi od Ogm
Come? E chi sarebbero?
 
Le solite cose: petizioni, sondaggi… Le associazioni ambientaliste sono molto attive nel raggruppare masse importanti di persone per esercitare pressioni a livello politico.
Questa mi mancava. Cioè, Lei mi sta dicendo che invece di essere felici di potermi bloccare, state facendo di tutto per avvantaggiarmi? Da un milione di morti di carestia, a causa mia, ora mi dice che c’è un altro milione di persone che… No, dai, Lei sta scherzando!
 
No, Le assicuro che sono serissimo. Petizioni del genere sono ormai argomento quotidiano, contro la chimica agraria e contro le colture geneticamente modificate. Mai sentito parlare di ibridi resistenti alle malattie?
No. E spero proprio di non vederne mai in campo. Ma scherza? E io poi come faccio? Va bene che in qualche modo alla fine mi adatterei e vi costringerei a ripartire da capo, ma è un lavoraccio infame. Sa quanto tempo ci vuole perché una mutazione mi permetta di aggirare le vostre maledette resistenze?
 
Esatto. Per noi sarebbe una grande fortuna. Come pure sarebbe una disgrazia se quelle petizioni dovessero avere successo nelle decisioni europee.
Immagino. Ma ora mi scusi, devo proprio andare. Ah, un’ultima cosa: sa mica dove si firma per abolire pesticidi e Ogm? Una volta tanto che voi umani mi aprite le braccia, mica posso perdere l’occasione, non trova?
 
Gliene diamo atto.