Poca l’acqua a disposizione, quindi coltiva cereali in rotazione con il girasole, Fabrizio Giansante di Marsciano, in provincia di Perugia. Oltre ai suoi 60 ettari, parte di proprietà e parte in affitto, opera anche come contoterzista in altre aziende della zona. Preoccupato per la sorte dei prodotti contenenti glifosate ha quindi scritto una lettera accorata, pregando la stampa di dare voce ai suoi timori. E diamo seguito al suo invito pubblicando quanto emerso da una breve intervista telefonica effettuata mentre, in mezzo ai campi, controllava lo stato delle sue colture.
 
La lotta appare dura anche per motivi forse poco noti ma non per questo meno importanti, come per esempio le incursioni di cinghiali e di colombi di città, divenuti ormai numerosissimi e capaci di fare danni ingenti. I primi devastando le colture già in atto, i secondi falcidiando i semi posti a dimora, specialmente quelli di girasole.
 
Contro tali avversità “zoologiche”, purtroppo, si può fare poco. Contro le avversità normative si spera invece di poter fare di più. Già, perché le voci di possibili bandi di glifosate preoccupano il signor Giansante anche più di cinghiali e colombi.
 
Per contenere i costi ha infatti sposato le tecniche di minime lavorazioni e glifosate gli serve per controllare in modo efficace le malerbe in autunno, dopo aver raccolto il girasole e prima di seminare il grano. Molto meno gasolio da bruciare quindi, con sommo vantaggio per il bilancio aziendale e per l’ambiente (anche la CO2 inquina…), ma anche costi ridotti in tema di diserbi.
 
Il trattamento con glifosate in presemina del grano condiziona infatti fortemente la flora infestante rendendo più facili i diserbi di post emergenza a fine inverno. Talvolta capita che questo non vengano neppure effettuati, perché le infestazioni sopravvissute a glifosate sono comunque così contenute da non superare la soglia di danno economico.
 
Si parla di risparmi superiori anche al 90% rispetto a programmi di diserbo convenzionali. Quindi, fra gasolio e diserbanti il risparmio diventa voce irrinunciabile quando si debbano tirare le somme economiche. Senza contare che talvolta i diserbanti utilizzati in alternativa a glifosate non sono poi meglio dal punto di vista tossicologico e ambientale.
 
E così, mentre la demagogia pseudo-ambientalista trova crescenti spazi nell’opinione pubblica, complice anche l’inefficacia delle istanze (molto timide) delle associazioni di categoria, Fabrizio Giansante guarda preoccupato le sue colture, fra un colombo che gli pilucca i semi da terra, un cinghiale che gli danneggia i campi di notte e, perché no, una classe politica che parla tanto di agricoltura quale settore strategico, di made in Italy, di tecnologie, ma poi non sa porre un freno alle istanze abolizioniste basate per lo più su allarmismi ingiustificati.
 
E Fabrizio Giansante è solo uno dei tanti. Uno che almeno ha avuto la voglia di prendere carta e penna e dire la sua, rompendo un silenzio generalizzato, quasi che essere agricoltori e utilizzare agrofarmaci fosse vergogna da tener nascosta quando è invece missione nobile e fondamentale. Per lo meno se si vuole tutti continuare a mangiare, e bene, tre volte al giorno.