Molti agricoltori preferirebbero semplicemente farli sparire dalla faccia della Terra, altri vorrebbero avere prodotti infallibili per debellarli in maniera efficace al momento del bisogno. Ma gli insetti non devono essere visti solo come un problema, perché possono rivelarsi anche un potente alleato in campo.
Ad indagare il contrastato rapporto tra insetti e uomo ci ha pensato l'Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) che ha pubblicato un lungo dossier sul tema.
"L'uomo e gli insetti sono alleati da tempo immemore: basti pensare alle api oppure al baco da seta", racconta ad AgroNotizie Andrea Sonnino, il ricercatore dell'Enea che ha curato il volume.

Sonnino, nella sua introduzione lei scrive che a volte gli agricoltori causano più danni che benefici alle colture tentando di debellare gli insetti, come mai?
"Prima di tutto perché un uso non corretto e smodato degli insetticidi ha un effetto negativo sulla natura e può portare ad avere sui prodotti alimentari dei residui di agrofarmaci importanti. E poi perché gli agrofarmaci, se non usati correttamente, possono selezionare insetti resistenti".

Ci può fare un esempio di insetto che ha sviluppato una resistenza agli insetticidi?
"Gli esempi sono innumerevoli. Basti pensare alla dorifora della patata, un coleottero che produce gravi danni alle colture e che per questo è stato il primo ad essere combattuto, ma che nel corso degli anni ha sviluppato varie resistenze ai prodotti chimici.
Con questo però non voglio dire che gli agrofarmaci non sono utili, piuttosto che devono essere utilizzati con perizia e solo quando sono necessari".


Quali sono i benefici all'agricoltura portati dagli insetti?
"Moltissimi, basti pensare all'impollinazione garantita da api, bombi e non solo, che in alcune colture è essenziale. Ma gli insetti sono responsabili anche del degrado della materia organica presente sul terreno che si trasforma in sostanza assimilabile dalle piante".

Oltre agli insetticidi quali strumenti ha l'agricoltore per proteggere le colture?
"La tipologia di lotta dipende molto dal tipo di insetto, dalla coltura e dalle condizioni ambientali. Ma negli ultimi anni si sta sviluppando molto la tecnica dell'insetto sterile".

Di che cosa si tratta?
"Alcuni insetti, in particolari i ditteri, hanno un apparato riproduttivo che consente un solo accoppiamento. Quando la femmina termina l'atto sessuale non può più ricevere un nuovo maschio della specie. Ecco dunque che si possono utilizzare maschi sterili per farli accoppiare con le femmine ed impedire così la riproduzione.
All'inizio si è usata la sterilizzazione con raggi gamma all'interno di biostabilimenti, ma oggi sono disponibili anche altre tecniche".


L'uso di maschi sterili funziona?
"Assolutamente sì. Sull'isola di Procida (Na) abbiamo debellato la mosca della frutta con questo metodo. Il problema è che non sono tecniche definitive, perché col tempo dalla terra ferma, attraverso i traghetti, sono arrivati nuovi esemplari.
In Messico usano questo metodo in maniera estensiva per tenere bassa la popolazione di un'altra specie di mosca della frutta. In cooperazione col Governo statunitense si producono in biofabbriche miliardi di esemplari per coprire tutto il Nord del paese".


Oltre all'uso dei raggi gamma quali altri metodi sono utilizzati per sterilizzare gli insetti prima di liberarli nell'ambiente?
"Attraverso l'ingegneria genetica si possono produrre maschi sterili, in ambito sanitario è stato fatto per combattere le popolazioni di zanzare portatrici della malaria. All'Enea stiamo invece studiano un parassita degli insetti, la Wolbachia, che rende i maschi incompatibili con le femmine".

Nella vostra pubblicazione parlate anche del diserbo con artropodi, di cosa si tratta?
"C'è la possibilità di sfruttare alcuni insetti per diserbare campi e frutteti. Si selezionano artropodi monofagi, che mangiano cioè una sola pianta, che vengono liberati in natura e divorano la malerba a cui sono associati senza però provocare danni alla coltura commerciale.
Nel controllo della diffusione dell'Ambrosia artemisiifolia è stato usato con successo un coleottero crisomelide, l'Ophraella communa LeSage".


L'Enea ha combattuto con successo la mosca olearia nella zona del Canino, come avete fatto?
"Negli anni '80 abbiamo sviluppato un sistema di controllo integrato, attivo tutt'oggi su migliaia di ettari, coinvolgendo le aziende agricole del territorio. Abbiamo messo a punto un sistema di monitoraggio, attraverso l'utilizzo di centraline meteo, trappole ai feromoni e analisi a campione delle olive, per determinare il livello di pressione della mosca sulle colture. In questo modo siamo in grado di intervenire solo quando la presenza di questo insetto rischia di creare un danno economico all'agricoltore".

Avete avuto successo?
"Gli olivicoltori sono stati entusiasti perché da allora ad oggi il sistema di controllo integrato ha permesso di salvaguardare i raccolti anche in annate in cui altre zone non hanno prodotto nulla. E inoltre è stato abbattuto l'uso di agrofarmaci: dai sette trattamenti che si facevano a calendario siamo arrivati come media a poco più di uno l'anno".