Ancora una volta la Ue adotta l’Italia come esempio (o ne copia le cattive abitudini, a seconda delle varie opinioni) revocando una sostanza attiva, l’Isoproturon, anche per la sua classificazione tossicologica, aspetto una volta considerato di secondo piano nel processo decisionale comunitario (ma non in Italia, specialmente per gli aspetti CMR1).

Non è ovviamente il provvedimento in sé che suscita il nostro interesse, sia perché risale al 1° giugno scorso e non vi sono registrazioni attive in Italia, ma perché ancora una volta la normale dialettica tra autorità e imprese finisce in tribunale.

Il ricorso presentato da uno dei notificanti contesta punto per punto le motivazioni alla base del mancato rinnovo e soprattutto afferma che per sostanze attive con problemi analoghi la Commissione non ha adottato lo stesso metro e non le ha revocate: “Quarto motivo, vertente su una violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento: mentre la Commissione ha adottato un approccio rigoroso rispetto all’Ipu (in base ad errori manifesti di valutazione e di procedura), essa non ha agito in tal modo in situazioni simili e decisioni anteriori riguardanti sostanze all’origine di analoghe preoccupazioni, il che costituisce una violazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione.”

Il potenziale dirompente dell’accusa viene ulteriormente accresciuto dal fatto che la proposta della commissione è stata approvata all’unanimità dai 28 stati membri della Ue, che in qualche modo si sarebbero resi “complici” dell’ingiustizia. Ma veniamo in dettaglio alle altre contestazioni.
  • Acque di falda: negli usi rappresentativi esaminati (diserbo dei cereali autunno-vernini) le simulazioni hanno evidenziato un’alta probabilità di sforamento della soglia di 0,1 µg/L da parte di un metabolita in tutti e 9 gli scenari FOCUS;
  • Rischio per uccelli, mammiferi e organismi acquatici: negli usi rappresentativi esaminati non è stato possibile individuare un rischio accettabile.
Secondo il ricorso, queste conclusioni “sono tuttavia inficiate da vizi formali e/o sostanziali e non tengono conto delle informazioni prodotte dalle ricorrenti.”
Infine la pietra dello scandalo, la classificazione.

La classificazione armonizzata dell’Isoproturon è Cancerogeno di categoria 2 (effetto evidenziato in alcuni studi su animali tuttavia non conclusivi) e molto tossico per gli organismi acquatici (effetti acuti e cronici). Durante la discussione è stato proposto di classificare la sostanza anche come tossica per la riproduzione di categoria 2 (effetto evidenziato in alcuni studi su animali tuttavia non conclusivi). Il ricorrente ha fatto notare che la classificazione delle sostanze pericolose nell’ambito del regolamento CLP è compito dell’Echa (Agenzia Europea per le Sostanze Chimice) e non dell’Efsa, cui sono affidati tanti altri incarichi ma non questo. La questione non è solo burocratica, ma sostanziale: la nuova classificazione è stata infatti attribuita sulla base della proposta dello stato relatore Germania, che poi l’Echa (in particolare il gruppo di lavoro preposto) ha rigettato, prevedendo l’aggiunta di una classificazione (tossicità verso organi bersaglio – sangue – per esposizione ripetuta) non invidiabile, ma completamente diversa rispetto a quella su cui l’Efsa e gli stati membri hanno ragionato. Se avessero aspettato le conclusioni dell’Echa (esattamente quello che si sta facendo per il glifosate), sarebbe cambiato qualcosa?
Non sappiamo come si evolverà la causa che potrebbe avere implicazioni devastanti su moltissime altre sostanze attive, magari più interessanti per l’italia, ma una cosa è certa: se ognuno si limitasse a eseguire i propri compiti, forse le cose andrebbero meglio.

Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi
1Cancerogenesi, Mutagenesi, Tossicità Riproduttiva