Nella metà dei casi viene usato 2-3 volte all'anno, con un quarto degli intervistati che afferma di usarlo più di quattro volte in 12 mesi. Questo anche perché la somma dei giudizi sulla sua efficacia suggerisce come essa sia percepita "ottima" (57%) oppure "buona" (32%). E ciò che funziona, ça va sans dire, si tende a utilizzarlo più volentieri.

A distanza di un paio di settimane dal lancio, il sondaggio di AgroNotizie su glifosate emette ora i propri verdetti. E le risposte sono tali per cui anche a livello mediatico e politico sarebbe bene si cambiasse atteggiamento sul prezioso diserbante, abbandonando quello forcaiolo e allarmista per sposare finalmente quello più consono, cioè quello tecnico, scientifico ed economico.

Ma scendiamo nei dettagli.


A utilizzarlo, glifosate, sarebbero soprattutto gli agricoltori che si dedicano alle colture estensive, dato che il 51% di questi lo impiegherebbe come diserbo di pre-semina. Anche fra i frutti-viticoltori la percentuale che adopera glifosate per tenere puliti i sottofila è intorno al 41%. Del resto, il suo rapporto qualità/prezzo viene giudicato positivamente dai tre quarti degli intervistati, avendo il 37% di questi risposto o "buono" oppure "ottimo". Ad essi vanno poi aggiunti coloro che lo reputano comunque "soddisfacente", in ragione del 22%. Solo il 4% ha quindi da brontolare, ma sarebbe strano se così non fosse.

Entrando nelle valutazioni di tipo agronomico/aziendale, i giudizi confermano le prime impressioni. All'idea di dover abbandonare glifosate e di doversi affidare a pratiche alternative, il 25% degli intervistati ha considerato fra il 10 e il 20% il peggioramento del proprio bilancio aziendale. Ben il 42% è arrivato ad affermare che la sua contabilità peggiorerebbe di più del 20%. Anche in questo caso, il 5% afferma che non influirebbe affatto. Ma è anche logico: molte aziende praticano agricoltura biologica. E magari la praticano sul serio, non per finta.
La sostenibilità economica della sostituzione dell'erbicida viene quindi considerata molto bassa, dato che il 56% lo considera "difficilmente sostituibile" e il 25% lo ritiene addirittura insostituibile sul fronte dei costi.

Analizzando poi gli aspetti puramente tecnici, glifosate viene reputato al momento "insostituibile" dal 21%  degli intervistati, mentre lo si vede come "difficilmente sostituibile" nel 59% dei casi. In pratica, otto operatori su dieci teme di trovarsi nelle cosiddette "braghe di tela" se gli venisse tolto il prezioso erbicida.

Sono stati poi analizzati temi molto specifici, come per esempio quello delle minime lavorazioni e della semina su sodo. Qui il risultato rasenta il plebiscito, dato che glifosate viene reputato "pesantemente influente" (62%) o "influente" (27%) nell'89% dei casi.

Un'opinione è stata quindi espressa pure sui disciplinari di produzione integrata. In tal senso, il 45% degli intervistati ritiene che il bando di glifosate impatterebbe i disciplinari in modo "alto", mentre il 35% ritiene tale impatto "discreto". Meditino quindi anche i redattori dei suddetti disciplinari, prima di creare condizioni mediatiche e politiche per cui il bando diventi più facile per i normativi europei.
E se hanno qualcosa da dire la dicano subito, magari pensando agli agricoltori - che dovrebbe essere la loro unica mission - e non alla loro immagine presso l'opinione pubblica. Cioè quella che mangia tre volte al giorno anche grazie a glifosate.

E proprio sulla politica il giudizio pare tutto tranne che positivo, visto che il 57% del campione reputa di essere stato "molto danneggiato" dalle posizioni ministeriali italiane, affiancato da un 28% che tale danno lo reputa "abbastanza" grave. Ben si capisce, però, che a un politico ciò interessi poco, perché se anche fosse stato il 100% del campione a rispondere in tal modo, si sa benissimo che ai fini elettorali gli agricoltori contano ormai come il due di picche quando la briscola è a fiori: molto più redditizio far contenti i cittadini dai languori ecologisti, dato che il loro bacino di voti è enormemente più ampio.

Sei intervistati su dieci, peraltro, esprimono un giudizio tutt'altro che lusinghiero pure sulle associazioni di categoria, visto che la loro posizione sul tema è stata reputata "deludente" nel 39% dei casi e "scarsa" nel 22%. Brutta cosa, in effetti, visto che la perdita di glifosate viene vista come dannosa anche per la competitività agricola italiana, ovvero uno dei cavalli di battaglia più utilizzati proprio dal mondo associativo agricolo quando esso venga posto in favore di telecamera. La competitività futura dell'Italia senza glifosate viene infatti considerata "molto inferiore" nel 44% dei casi, ai quali si affianca il 35% degli operatori che la ritiene comunque "inferiore" rispetto alla condizione attuale. Anche in questo caso, perciò, circa 8 su 10 dimostrano di temere i noti proclami del ministro Maurizio Martina di avere un Italia glifosate-free entro il 2020.

Che le associazioni, tutte, ci facciano quindi una bella chiacchierata col ministro, perché non è molto coerente tuonare contro le importazioni dall'estero di materie prime - oppure stracciarsi le vesti perché all'estero riescono a proporre prezzi più competitivi di quelli italiani - e poi essere complici di un bando che non potrebbe fare altro che aggravare ulteriormente questa condizione. In soldoni, invece di bloccare demagogicamente i camion stranieri al Brennero, che si blocchino le scelte politiche scellerate qui nel Belpaese.

Un Belpaese agricolo che ha risposto infatti pressoché unanimemente all'ultima domanda del sondaggio: "Se fossi tu a votare per il rinnovo, come voteresti?". L'89% ha votato a favore. E in un Paese razionale e lungimirante, tanto dovrebbe bastare.