Perdonateci il gioco di parole, ma l'occasione era troppo ghiotta per rinunciarvi: si tratta semplicemente della notizia dell'iscrizione degli oli di paraffina nell'allegato IV del Regolamento 396/2005, apposita sezione in cui vengono elencate le sostanze attive per le quali non è necessario prevedere limiti massimi di residuo nelle derrate alimentari di origine vegetale e animale in quanto considerate praticamente innocue per l'uomo quando assunte attraverso la dieta. Questo allegato (vedi appendice 1) contiene 88 prodotti tra cui microrganismi (es. Bacillus thuringiensis), feromoni, composti inorganici (ad esempio l'anidride carbonica – e ci mancherebbe – e il carbonato di calcio – e ci rimancherebbe), sostanze di origine naturale (ad esempio le gibberelline) e alcuni idrocarburi (oli minerali) contraddistinti da particolari numeri CAS (CAS 64742-46-7, CAS 72623-86-0, CAS 8042-47-5 e CAS 97862-82-3) e soprattutto di purezza farmaceutica.

La purezza conta
I più attenti avranno notato che tra gli idrocarburi si trova un'altissima percentuale di sostanze cancerogene e che un tempo (prima del 2004, anno cui risalgono le ultime “ordinanze residui” in cui da una parte venivano elencati i limiti massimi di residuo sulle derrate e dall'altra gli intervalli di carenza sulle colture) aveva come limite massimo di residuo “zero”, peraltro non tecnicamente misurabile. Cosa avrà mai trasformato uno “zero”, manco fosse dichlorvos1 o carbofuran2 – in “nessun limite”? Semplice: la purezza! In effetti la maggior parte degli effetti indesiderati degli oli minerali è legata proprio alla presenza di impurezze (due esempi per tutti: il benzene o l'1-3 butadiene) per le quali viene normalmente imposto un limite massimo. Nel caso degli oli minerali, essi hanno subito nel tempo una notevole evoluzione tecnologica: inizialmente il rispetto dei limiti massimi di residuo era “forzato” in quanto non potevano proprio essere distribuiti in vegetazione per i loro effetti fitotossici, mentre le attuali formulazioni possono essere tranquillamente utilizzate durante tutta la stagione. La necessità di ottenere l'approvazione europea ha poi spinto le industrie a mettere a disposizione degli agricoltori prodotti di purezza farmaceutica, che possono essere tranquillamente ingeriti e sono caratterizzati da un impatto trascurabile nei confronti dell'uomo, tanto che gli stati membri, la commissione e l'arcigna Efsa, sempre spietata nei confronti delle sostanze chimiche, si sono accordati nel non fissare alcun parametro tossicologico da rispettare (ADI – Acceptable Daily Intake, ARfD – Acute Reference Dose, AOEL – Acceptable Operator Exposure Level), rendendo quindi non necessario fissare alcun limite massimo di residui sulle derrate alimentari (parametri ADI e ArfD) e nessun mezzo di protezione individuale per gli operatori (parametro AOEL).

E la classificazione?
Sempre i più attenti avranno notato che tra le sostanze “innocue” sono elencate anche sostanze con classificazione di pericolosità non trascurabile (due esempi per tutti: l'acido acetico, che secondo la classificazione armonizzata CLP è corrosivo e infiammabile e lo ioduro di potassio, che alcuni produttori hanno classificato con la frase H372 - Provoca danni alla ghiandola tiroide in caso di esposizione prolungata o ripetuta – frase che rende necessario il simbolo GHS08 e altri con le più morigerate frasi sulla nocività per ingestione e per contatto dermale). Ovviamente dipende dal contesto: non c'è da meravigliarsi che un produttore abbia classificato un composto che libera iodio come potenziale interferente sulla ghiandola tiroide, ma quando si analizza il tutto nello scenario appropriato ci si accorge che il rischio è accettabile, anche se la conclusione Efsa sulla proposta di import tolerance del potassio tri-ioduro (un composto usato fuori dalla UE per il trattamento di banane, uve e meloni) evidenzia diverse questioni in sospeso che tuttavia non hanno fatto indietreggiare le autorità che hanno preso la decisione di “risk management” di consentire la libera importazione . Pressioni degli importatori di banane?

Differenti normative
L'esempio dei composti dello iodio (potassio ioduro e potassio tri-ioduro) ci offre l'occasione per evidenziare episodi che a una lettura superficiale possono apparire come paradossi, ma che invece andando più a fondo hanno una loro logica: abbiamo appena visto che nel 2009 ha approvato, non senza dubbi, l'inserimento della sostanza potassio tri-ioduro nell'allegato IV del Regolamento residui, che elenca le sostanze per le quali gli Mrl non sono necessari. L'approvazione è avvenuta all'unanimità. Alla fine del 2013 un differente sottogruppo dello stesso comitato ha invece bocciato all'unanimità la domanda di approvazione del potassio ioduro come prodotto fitosanitario, prendendo alla lettera l'analisi tecnica dell'Efsa che non lasciava molto spazio all'immaginazione. A parte il fatto che i composti sono diversi ma entrambi funzionano liberando iodio, il paradosso è solo apparente in quanto la documentazione presentata a supporto del prodotto bocciato era molto carente, con lacune incolmabili sia nella parte tossicologica che in quella ambientale.

L'onere della prova
Secondo la normativa europea attuale, da alcuni giudicata troppo permissiva e da altri troppo restrittiva, un prodotto fitosanitario deve risultare sufficientemente efficace e non presentare rischi inaccettabili per l'uomo e l'ambiente. Per dimostrare efficacia e sicurezza ambientale occorre investire notevoli risorse e molti prodotti sono stati revocati non perché manifestamente troppo rischiosi per l'uomo e l'ambiente ma semplicemente perché non sufficientemente remunerativi da giustificare i costi necessari alla realizzazione del dossier. Tra l'altro questo tipo di investimenti sono intrinsecamente rischiosi: se l'uso di un principio attivo risulta troppo pericoloso perché la sua tossicità è eccessiva, eventuali ulteriori studi non possono che confermare la sua inaccettabilità e il prodotto viene proibito ugualmente (e giustamente, aggiungiamo noi). Come uscirne? La frase magica è “weight of evidence” (peso dell'evidenza): in molte situazioni talune sostanze risultano sicure oltre ogni ragionevole dubbio in quanto la loro storia di utilizzo non è caratterizzata da segnalazioni di effetti indesiderati, per cui non si chiede l'effettuazione degli studi per dimostrare l'evidenza, appunto. Utilizzato negli Stati Uniti (nei database dell'FDA molte sostanze vengono descritte come “GRAS” - generally recognized as safe - usando un approccio “woe” - weight of evidence), in Europa comincia a fare capolino in fitoiatria nel processo di autorizzazione delle sostanze di base, tra le quali non figurano ancora prodotti capaci di fare la differenza come la fanno ancora i prodotti chimici. E' un inizio, però.

Conclusione
Non tutto è come sembra, la scienza aiuta molto ma l'ultima parola è sempre della politica: molte sostanze non proprio “specchiate” vengono salvate per il loro interesse socio-economico in attesa di alternative altrettanto efficaci e/o economiche, l'importante è che il processo sia trasparente, e su questo c'è ancora da lavorare.

Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi
  1. Regolamento (UE) 2015/1608 della Commissione del 24 settembre 2015 Che modifica l'allegato IV del Regolamento (CE) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i livelli massimi di residui di acido caprico, olio di paraffina (CAS 64742-46-7), olio di paraffina (CAS 72623-86-0), olio di paraffina (CAS 8042-47-5), olio di paraffina (CAS 97862-82-3), zolfo calcico e urea in o su determinati prodotti
  2. Direttiva 2009/117/CE del 25 Giugno 2009 Modifica la direttiva 91/414/CEE con l'iscrizione dell'olio di paraffina n. CAS 8042-47-5 come sostanza attiva
  3. DECRETO 29 Dicembre 2009 Inclusione dell'olio di paraffina n. CAS 8042-47-5 come sostanza attiva nell'allegato I del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, in attuazione della direttiva 2009/117/CE del Consiglio.
  4. Direttiva 2009/116/CE del 25 Giugno 2009 Modifica la direttiva 91/414/CEE con l'iscrizione degli oli di paraffina n. CAS 64742-46-7, n. CAS 97862-82-3 come sostanze attive
  5. Decreto 29 dicembre 2009 Inclusione degli oli di paraffina n. CAS 64742-46-7, n. CAS 72623-86-0 e n. CAS 97862-82-3 come sostanze attive nell'allegato I del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, in attuazione della diretiva 2009/116/CE del Consiglio.
  6. Efsa. "Conclusion on the Peer Review of the Pesticide Risk Assessment of the Active Substance Potassium Iodide". Efsa Journal, Conclusion, 11, n. 6:2923 (19 giugno 2013): 46. doi:10.2903/j.Efsa.2013.2923.
  7. Regolamento di esecuzione (UE) n. 116/2014 della Commissione del 6 febbraio 2014 Concernente la non approvazione della sostanza attiva ioduro di potassio conformemente al Regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari
  8. Paper. "Reasoned Opinion of Efsa: Inclusion of Potassium Tri-Iodide in Annex IV of Regulation (EC) No 396/2005". Efsa Journal, Reasoned Opinion, n. Efsa-Q-2008–2724 (4 marzo 2009): 77. doi:10.2903/j.Efsa.2009.241r.


APPENDICE 1. Allegato IV del Regolamento 396/2005 (aggiornamento Ottobre 2015)
  1. 1,4-DIAMINOBUTANE (AKA PUTRESCINE)
  2. ACETIC ACID
  3. ALUMINIUM SILICATE (AKA KAOLIN)
  4. AMMONIUM ACETATE
  5. AMPELOMYCES QUISQUALIS STRAIN AQ10
  6. AUREOBASIDIUM PULLULANS STRAIN DSM 14940
  7. BACILLUS FIRMUS I - 1582
  8. BACILLUS SUBTILIS (STRAIN QST 713)
  9. BENZOIC ACID
  10. CALCIUM CARBONATE
  11. CAPRIC ACID
  12. CARBON DIOXIDE
  13. CHITOSAN HYDROCHLORIDE
  14. CONIOTHYRIUM MINITANS STRAIN CON/M/91-08
  15. EQUISETUM ARVENSE L.
  16. ETHYLENE
  17. EXTRACT FROM TEA TREE
  18. FATTY ACID / LAURIC ACID
  19. FATTY ACIDS C7-C20
  20. FATTY ACIDS: DECANOIC ACID
  21. FATTY ACIDS: FATTY ACID METHYL ESTER
  22. FATTY ACIDS: HEPTANOIC ACID
  23. FATTY ACIDS: OCTANOIC ACID
  24. FATTY ACIDS: OLEIC ACID INCL ETHYLOLEATE
  25. FATTY ACIDS: PELARGONIC ACID
  26. FATTY ALCOHOLS/ALIPHATIC ALCOHOLS
  27. FERRIC PHOSPHATE (IRON (III) PHOSPHATE)
  28. FERRIC SULPHATE
  29. FERRIC SULPHATE (IRON (III) SULPHATE)
  30. FERROUS SULPHATE
  31. FERROUS SULPHATE (IRON (II) SULPHATE)
  32. FOLIC ACID
  33. GARLIC EXTRACT
  34. GERANIOL
  35. GIBBERELLIC ACID (GA3)
  36. GIBBERELLIN
  37. GILOCLADUIM CATENULATUM STRAIN (J1446)
  38. HELICOVERPA ARMIGERA NUCLEOPOLYHEDROVIRUS
  39. KIESELGHUR (AKA DIATOMACEOUS EARTH)
  40. L-ASCORBIC ACID
  41. LACTIC ACID
  42. LAMINARIN
  43. LECANICILLIUM MUSCARIUM STRAIN VE6
  44. LIME SULPHUR
  45. LIMESTONE
  46. MALTODEXTRIN
  47. METHYL NONYL KETONE
  48. ORANGE OIL
  49. PAECILOMYCES FUMOSOROSEUS APOPKA (97)
  50. PAECILOMYCES FUMOSOROSEUS STRAIN FE 9901
  51. PARAFFIN OIL (CAS 64742-46-7)
  52. PARAFFIN OIL (CAS 72623-86-0)
  53. PARAFFIN OIL (CAS 8042-47-5)
  54. PARAFFIN OIL (CAS 97862-82-3)
  55. PEPPER
  56. PHLEBIOPSIS GIGANTEA
  57. PLANT OILS / CLOVE OIL EUGENOL
  58. PLANT OILS_CITRONELLA OIL
  59. PLANT OILS/RAPESEED OIL
  60. PLANT OILS/SPEARMINT OIL
  61. POTASSIUM HYDROGEN CARBONATE
  62. POTASSIUM IODIDE
  63. POTASSIUM THIOCYANATE
  64. POTASSIUM TRI-IODIDE
  65. PSEUDOMONAS CHLORORAPHIS MA 342
  66. QUARTZ SAND
  67. REPELLANTS: BLOOD MEAL
  68. REPELLANTS: FISH OIL
  69. REPELLANTS: SHEEP FAT
  70. REPELLANTS: TALL OIL
  71. S-ABSCISIC ACID
  72. SEAWEED EXTRACTS
  73. SODIUM ALUMINIUM SILICATE
  74. SPODOPTERA EXIGUA NUCLEAR POLYHEDROSIS V
  75. SPODOPTERA LITTORALIS NUCLEOPOLYHEDROVIR
  76. SUCROSE
  77. SULPHUR
  78. SULPHURIC ACID
  79. THYMOL
  80. TRICHODERMA ASPERELLUM STRAINS ICC012, T
  81. TRICHODERMA ASPERELLUM, STRAIN T34
  82. TRICHODERMA ATROVIRIDE STRAIN I-1237
  83. TRICHODERMA ATROVIRIDE STRAINS IMI 20604
  84. TRICHODERMA GAMSII STRAIN ICC080
  85. TRICHODERMA HARZIANUM STRAINS T-22 & ITE
  86. TRICHODERMA POLYSPORUM IMI-206039
  87. TRIMETHYLAMINE HYDROCHLORIDE
  88. UREA
1Sostanza attiva che nella banca dati della UE ha il valore più basso di ADI (Acceptable Daily Intake): 0.00008 mg/kg bw/day
2Sostanza attiva che nella banca dati della UE ha il valore più basso di ARfD (Acute Reference Dose): 0.00015 mg/kg bw