Europa, anno 2013. Nell'ambito di un progetto per la valutazione dell'esposizione dei consumatori alle sostanze xenobiotiche sono stati analizzati 80.967 campioni di ortofrutta e prodotti agricoli in genere. Ben 685 gli agrofarmaci cercati. La maggior parte dei campioni, ovvero 55.253 campioni, pari al 68,2%, deriva da Paesi della Ue e da due associazioni di libero scambio europee. Altri 22.400 campioni, cioè il 27,7%, sono stati ricavati da prodotti importati da Paesi Extra Ue. Infine, su 3.314 campioni, pari al 4,1%, non è stata segnalata l'origine.

Nonostante l'eterogeneità dei campioni, di cui una parte manco si sa esattamente da dove viene, i dati restano comunque incoraggianti, visto che indipendentemente dall'aera di origine i riscontri analitici dimostrano che il cibo che circola in Europa è sostanzialmente sicuro per i consumatori.

Il 97,4% dei campioni si è infatti mostrato entro i limiti di legge, con un leggero aumento rispetto al 2012, quando ci si fermò al 97,1%. L'1,5% dei campioni ha invece ecceduto i limiti di Legge. La somma dei due numeri arriva però a 98,9%. All'appello manca quindi un 1,1% che non si capisce bene come vada considerato.
A parte però queste discrepanze fra percentuali, il 54,6% dei campioni non avrebbe mostrato all'analisi alcun residuo rilevabile. Scendendo ulteriormente nel dettaglio, quelli provenienti dai paesi Ue e collegati, segnano il 57,6%, mentre i Paesi terzi si fermano al 46,2%. Per di più mostrando il 5,7% superiore ai limiti di Legge.

In sintesi, il cibo che circola nella Ue appare quasi completamente in linea con i criteri normativi, cosa che si conferma anche nel sub-insieme dedicato al biologico, con il 15,5% di campioni con residui rilevabili e lo 0,8% di irregolarità, per lo più correlabili a molecole autorizzate nel biologico. Pochissime le analisi con molecole non ammesse.

Ancor meglio il Baby Food, con il 92,7% di campioni che sono risultati privi di residui rilevabili e solo lo 0,7% avrebbe superato i limiti di Legge. Inoltre, anche la maggior parte dei campioni di prodotti di origine animale si è mostrata privi di residui misurabili, ovvero l'88% degli 8.257 campioni analizzati.

Anche dal punto di vista della multiresidualità gli scenari appaiono incoraggianti. Oltre al già citato 54,6% di campioni privi di residui, vi è infatti il 18% con una sola molecola e il 27,3% con più molecole. Di questi, il 10,3% mostra due sostanze attive, il 6,4% tre, il 4,2% quattro, il 2,6% cinque e l'1,5% sei. sopra i sei residui è stato trovato meno del 2% dei campioni.
Ragionando con gli attuali criteri di certe Gdo, le quali non accettano forniture con più di quattro diverse molecole contemporaneamente, il 93,5% dei campioni risulterebbe ammesso. Della serie, la montagna avrebbe partorito il solito topolino.

Un capitolo a parte del report è stato poi dedicato alle sostanze utilizzate in veterinaria, come ormoni e antibiotici, ma anche ai metalli pesanti.
Sotto lo 0,5% di irregolarità sono risultati anticoccidici, antibiotici, steroidi, sostanze tiroidee, mentre i metalli pesanti si sono riscontrati sopra il limite in ragione del 3%, dimostrando che a volte le contaminazioni ambientali sono fors'anche più presenti di quanto si pensi. Lo dimostra anche il capitolo del report dedicato all'arsenico, il quale sarebbe presente in moltissimi alimenti e rappresenterebbe una sostanza alla quale saremmo bene o male tutti esposti, specialmente i bambini.
Ma qui, più che di agricoltura si deve parlare di altre attività umane, come pure di Natura, visto che l'arsenico è un contaminante presente comunemente nelle acque e nei terreni. Perché la natura, quando lo ha "inventato", non si deve essere interrogata molto su come lo avremmo catalogato noi umani qualche miliardo di anni dopo…

Scarica il report dell'Efsa in lingua inglese