Rachel Carson non poteva mancare, ovviamente.
Nei servizi in cui si attaccano i mezzi tecnici per l’agricoltura l’autrice de “La Primavera silenziosa” viene riproposta ogni volta come se ciò che ha scritto nel 1962 avesse ancora una ragione d’essere, o come se le “profezie” contenute in quel libro si fossero davvero verificate. Più o meno, ciò equivale a tuonare contro i treni di oggi, perché le locomotive a carbone di cento anni fa inquinavano e facevano venire i tumori con le loro polveri nere. Un non-sense che lascia sempre più perplessi e basiti gli operatori del settore, quelli che si occupano non solo degli aspetti tecnici legati agli usi degli agrofarmaci, ma anche della valutazione del loro destino e comportamento ambientale.
 
L’articolo pubblicato su “La Stampa” il 27 ottobre 2014 raccoglie una serie di affermazioni più e più volte contestate, sia in altri articoli su Agronotizie, sia su ogni altro mezzo di informazione per il quale valgano le evidenze numeriche e non le profezie di catastrofi globali senza prove concrete a supporto.
 
Nel pezzo del giornale torinese si parte coll’incensare il Salone del Gusto, con la sua agricoltura “buona, pulita e giusta” (sic), saltando poi al convegno aretino “Agricoltura e salute: il caso pesticidi”, organizzato dall’Isde, acronimo di International Society of Doctors for the Environment. Tradotto in italiano: Associazione Medici per l'Ambiente.
Leggendo quanto riportato da La Stampa “emerge con forza” che “i pesticidi sono molto più pericolosi di quanto abbiamo creduto finora”. Ci si aspetterebbe quindi una sequenza di dati epidemiologici che stabiliscano al di là di ogni ragionevole dubbio uno o più legami fra molecole e tumori. Invece no.
Secondo Celestino Panizza, coordinatore del gruppo di lavoro ISDE “La gamma dei guasti ambientali e di salute pubblica che può essere addebitata ai pesticidi non è completamente nota e molto resta ancora da scoprire”. Però, dato che in Italia muoiono 182.500 persone di tumore ogni anno, qualche legame ci dovrà pur essere, per lo meno secondo chi vede legami anche dove non ve ne siano...
Cifre, queste, che vengono definite nell’articolo “da guerra mondiale”. Peccato che tradotto in percentuali il numero sopra riportato rappresenti lo 0,3% della popolazione italiana. Questa mostra complessivamente un numero di decessi annui che supera le 610 mila unità, pari a circa l’1% del totale. Visto che le aspettative di vita media sono di poco superiori a 80 anni, che ogni anno l’1% di persone muoia pare fatto naturale e legato al normale esaurimento del ciclo vitale umano. Nei decenni scorsi ce la si passava molto peggio, come mostrato dal grafico 1.


 Grafico 1: andamento di altezza media e speranza di vita della popolazione italiana dal 1861 al 2011. Come si vede, grazie al benessere generale misurabile anche attraverso gli andamenti dei consumi delle proteine animali, sono stati guadagnati 15 centimetri in altezza media e 48,5 anni in aspettative di vita. L'agrochimica ha avuto un ruolo importante in questo progresso, mai riconosciuto abbastanza
 
Scendendo poi nel dettaglio, si passa da un minimo di 0,82% registrato in Provincia di Bolzano al valore massimo dell'1,39% fatto registrare dai Liguri.
Un sonoro 70% di mortalità in più rispetto ai cugini di lingua tedesca.
Strani però i dati sulla mortalità forniti dall'Istat, perché l’agricoltura è di gran lunga più rappresentata in Alto Adige che in Liguria.
Ben lo si sa, di quanta agricoltura e agrofarmaci vi siano in Provincia di Bolzano, soprattutto dopo il noto referendum che a Malles avrebbe chiesto l’abolizione dell’uso degli agrofarmaci di sintesi. Un referendum di cui su Agronotizie si è già parlato, provocando le ovvie levate di scudi prive però - e come al solito - di argomentazioni oggettive.
Quindi, con buona pace del comitato referendario di Malles, non pare proprio vi sia alcuna correlazione fra uso di agrofarmaci e mortalità, visto che la loro Provincia, descritta quasi come una camera a gas di pesticidi, è invece quella dove si muore di meno in tutta Italia.

Si attende ora che qualche comitato ligure per la salute pubblica trovi il modo per dare comunque la colpa agli odiati "pesticidi", perché, come diceva Einstein: "Due cose sono infinite: l’Universo e la stupidità umana, ma riguardo l’Universo ho ancora dei dubbi".

L'ambiente è quindi pulito? No


Sicuramente, come affermano i Medici dell’Ambiente, una percentuale significativa di queste patologie appare legata all’inquinamento ambientale. E non si pensi solo alla Terra dei Fuochi, località nel Casertano ove la Camorra ha seppellito per anni ogni tipo di rifiuti tossici. Né agli insediamenti industriali pesanti, come l’acciaieria di Taranto. Ci sono anche casi più discreti, meno visibili. Come quando nel Lazio si scoprì la presenza di esaclorocicloesano, il famoso Lindano, il quale era stato seppellito illegalmente a bidoni da un’azienda che lo produceva. Da lì a contaminare terra, acqua, animali e persone il passo è stato breve. Oppure i Pcb occultati per anni a Brescia dalla Caffaro, società ormai fattasi di fumo. Non mancano i reperimenti, sempre nella Provincia bresciana, di scorie al Cromo seppellite sotto l’autostrada Milano-Venezia. Se poi si leggono i rapporti dell’Ispra sulle acque, si scopre che uno dei contaminanti con il picco acuto più alto è il diclorometano, un solvente che nell’ambiente non dovrebbe esserci proprio. Oppure dieldrin, un insetticida bandito da tempo la cui presenza puntiforme a valori significativi lascia pensare a casi di mera illegalità “smaltitoria” come quelli dei succitati Hch e Pcb.
 
Quindi, che nell’ambiente circolino molecole pericolose di origine illegale, o per lo meno “antica”, non è cosa nuova, né deve essere sottovalutata, ovviamente. La sensibilità ambientale si è sviluppata infatti solo recentemente, anche grazie all’opera della già citata Rachel Carson. Da qui a stabilire correlazioni causa-effetto fra “pesticidi” e tumori però ce ne corre. Altrimenti, ricordando i numeri sulla mortalità, si dovrebbe concludere che i "pesticidi" fanno addirittura bene alla salute, come dimostrano gli amici bolzanini.

Ma perché si insiste quindi a forzare un legame fra agrofarmaci e tumori? Perché di pubblicazioni che sosterrebbero queste tesi ne vengono in effetti sventolate tante.
Di solito, purtroppo, si prendono meri dati di laboratorio in cui i tumori si sono verificati nelle cavie a dosaggi da cavallo e poi, vedendo che certe molecole sono presenti anche nell’ambiente, si accusano quelle molecole di provocare cancri nella popolazione.
E ciò anche se i livelli di contaminazione ambientale stanno da mille a un milione di volte al di sotto delle dosi a cui i tumori si sono verificati nelle cavie.

E così si ritorna all’affermazione di Celestino Panizza: “La gamma dei guasti ambientali e di salute pubblica che può essere addebitata ai pesticidi non è completamente nota e molto resta ancora da scoprire”. E chi scrive nutre perfino molti dubbi sul termine "completamente", perché a mio modesto avviso si è dimostrato così poco sul binomio pesticidi-tumori da essere abissalmente lontani dal concetto di "completezza" del quadro cognitivo.
 
Ecco: quando magari i danni per la salute pubblica verranno non solo scoperti, ma anche misurati, li si potrà comparare con altri, come per esempio quelli causati da polveri sottili e benzene, fumo, alcol, radon domestico, stress e cattive abitudini alimentari. Allora, di agrofarmaci magari se ne potrà riparlare e se sarà il caso li si metterà sul banco degli imputati. Con qualche ragione, però.

Nel frattempo, accontentiamoci di leggere i risultati del monitoraggio della Asl 7, in Provincia di Treviso, dai quali emerge che la popolazione locale non mostra livelli di etilentiourea diversi da quelli di altre popolazioni che abitano ben lontano dalla viticoltura specializzata del Prosecco.
Perché a gettare croci si fa in fretta. A sostenere coi numeri le proprie accuse è molto più difficile.