Lancio Ansa del 13 aprile: “Xylella fastidiosa, abbattuti 104 ulivi Nel Salento, erano al di fuori dell’area maggiormente a rischio”. Rilancia poi Leccenews24.it, leggendo il cui articolo si può capire quanto siano state prese seriamente la diffusione della piaga e le misure per il suo contenimento, soprattutto quando si tratti di abbattimenti atti a scongiurarne l’ulteriore diffusione.
Prosegue quindi l’ecatombe degli ulivi pugliesi, la quale pare ben lungi da una soluzione concreta. Una profonda crisi sta peraltro impattando il Mondo del vivaismo locale, a causa della lunga serie di obblighi e divieti sulla movimentazione delle piante che avrebbe inciso pesantemente sulla redditività delle imprese del settore.
 
Nel frattempo, mentre scienza, tecnica e politica cercano soluzioni, prosegue la diffusione di articoli e commenti che con gli agenti eziologici dell’epidemia pare abbiano poco a che fare, accusando più che altro la chimica agraria quando non addirittura vagheggiando pressioni delle solite lobby del biotech e della chimica. Queste, infatti, s’ipotizza vogliano eliminare l’olivicoltura salentina per soppiantarla con le proprie colture gm asservite alla chimica. Verità scottanti finalmente rivelate? Trama di un film? Postumi di una sbronza? Ai lettori l’ardua sentenza.
Ma andiamo per ordine.
 
Il fenomeno del disseccamento degli ulivi è balzato alla ribalta grazie ai soliti titoli in cui si parlava di “batteri killer” e similari. Certamente, la Xylella fastidiosa, microrganismo “cugino” di quello Xanthomonas che affligge agrumi e ortaggi, ha destato la preoccupazione persino dell’Efsa, la quale ne ha tratteggiato un profilo epidemiologico invero preoccupante. Secondo l’Efsa proprio la Xylella sarebbe la causa dell’epidemia e verrebbe veicolata da insetti come cicaline e “sputacchine”. Di parere contrario l’accademia dei Gergofili , la quale ritiene la Xylella compartecipe di un quadro d’insieme ancora da chiarire. In effetti, sarebbe stato osservato come alcuni funghi tracheomicotici del genere Phaeoacremonium, ovvero quelli meglio conosciuti come “complesso del Mal dell'esca" della vite, siano stati trovati nelle parti disseccate delle piante. In tal caso, il vettore per la loro diffusione sarebbe un lepidottero, ovvero la Zeuzera pyrina.
 
In un quadro così “fluido” di autorevoli opinioni, non stupisce quindi che siano proliferate anche quelle che nulla hanno a che fare con patogeni e vettori. Può quindi capitare di leggere articoli come quello a firma Tonio Leuci , il quale su Leccecronaca.it esordisce palesando forti sospetti contro le multinazionali, “in primis la MONSANTO” (da scriversi rigorosamente in maiuscolo). Queste, secondo Leuci, avrebbero causato l’indebolimento delle piante con “pesticidi” e diserbanti, distruggendo la biodiversità. Ovvia quindi l’apertura successiva ai patogeni in un ambiente profondamente compromesso.
In sostanza, le vere responsabili del disastro sarebbero come al solito la chimica agraria e l’industria che la vende. Convinto che le parassitosi siano solo transitorie e del tutto naturali, Leuci è infatti persuaso che il problema degli ulivi si risolverebbe agendo sugli ecosistemi, ripristinando parassiti e predatori autoctoni. Un approccio tutto sommato condivisibile nell’impianto generale, ma sul quale ci si dovrebbe interrogare circa il reale stato di “snaturalizzazione” dell’ambiente causato dall’olivicoltura salentina, la quale comporta sicuramente un impatto ambientale inferiore rispetto ad altre colture arboree che vengono coltivate in Italia.
Ancora, secondo Leuci vi sarebbe perfino di più. Come lui stesso afferma, “In Puglia ora, sul ‘mal affaire Xylella’ pendono pesanti gli spettri della speculazione del mercato della biomasse, delle multinazionali della agro-chimica industriale, persino, degli OGM per produzione di biocarburanti, come quelli di mille speculazioni consuma suolo”. Finalmente una buona notizia per il biotech, verrebbe da dire, perché nessuno era fino a oggi a conoscenza della possibilità di coltivare in Italia organismi geneticamente modificati al posto degli ulivi abbattuti.
 
Alle affermazioni di Leuci su Leccecronaca.it fanno eco quelle di Giuseppe Altieri su Leccenews24.it.
Anche secondo l’ormai noto “agroecologo”, strenuo sostenitore del biologico e sempre molto prolifico d’interventi contro chimica e biotech, sarebbe l’uso dei pesticidi ad avere squilibrato gli oliveti. Nell’articolo si dubita perfino dell’esistenza del batterio in sé, il quale viene definito “sconosciuto” e “microbo non ancora identificato”. Qualche visionario sembra invece crederci, dato che Altieri prosegue sostenendo che “C’è chi sostiene che esista”.
Strani tipi questi patologi: basta che un battere venga scoperto negli agrumi californiani nel 1892 (la nota “Pierce desease” veicolata dalla cicalina Graphocephala atropunctata) e subito ci cascano, includendolo fra i patogeni che attaccano le piante coltivate. Vi è però da chiedersi se anche gli agrumeti americani di fine 800 siano stati squilibrati dal massiccio uso degli agrochimici di sintesi, visto che all’epoca la chimica agraria era ai suoi albori e Monsanto fu fondata solo nel 1901. Un dubbio sul quale perderanno sicuramente il sonno in molti.
 
Sia come sia, solo il tempo permetterà di attribuire a ogni concausa le proprie responsabilità. Di queste ne ha una parte anche la chimica? Molto presto per affermarlo. Sicuramente, al dibattito servirebbe una minore litigiosità, una maggiore chiarezza d’idee, un confronto più costruttivo fra ricercatori e una più efficace pianificazione delle azioni atte alla risoluzione dei problemi su scala comprensoriale.
Lasciando magari a uso esclusivo degli amanti dei complotti internazionali le trame occulte delle solite multinazionali.