Secondo il Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima 2030 l'Italia dovrà realizzare nei prossimi nove anni 32 GW di nuovo fotovoltaico (ad oggi siamo a 20,9 GW installati). Per raggiungere questo obiettivo il Governo ha stanziato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) un totale di 2,6 miliardi di euro, di cui 1,1 miliardi saranno destinati all'agrivoltaico, mentre 1,5 miliardi saranno utilizzati per installare sopra i tetti degli edifici agricoli impianti fotovoltaici.

Per agrivoltaico si intende la convivenza sullo stesso terreno di colture agricole e pannelli fotovoltaici, che vengono installati a diversi metri di altezza. Questo permette di produrre energia elettrica e consente comunque lo svolgimento delle attività agricole.


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Il primo impianto agrivoltaico è stato realizzato nel 1981 in Francia, a Montpellier, e nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi progetti, che tuttavia non hanno mai "scalato". È solo negli ultimi tempi che questo sistema di produzione ibrido ha suscitato l'interesse di politica, investitori e aziende agricole.

Se un sistema agrivoltaico viene progettato in maniera corretta esso permette di produrre energia elettrica e offre ombra e riparo dalle intemperie alla coltura sottostante, che in questo modo si avvantaggia della presenza dei pannelli. Come spiegato bene da Alessandra Scognamiglio, ricercatrice dell'Enea, si deve creare una sinergia tra i due sistemi produttivi e non una convivenza forzata.


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Sicilia testa di ponte

A causa della sua posizione a basse latitudini, la Sicilia è una delle regioni italiane in cui si concentrano i maggiori investimenti nel campo del fotovoltaico e dell'agrivoltaico. Un esempio interessante è il progetto sviluppato da Falck Renewables nel territorio di Scicli, nel Ragusano.

La società ha avviato un progetto che si estenderà su 22 ettari di cui 17 vedranno l'abbinamento tra pannelli fotovoltaici e coltura agricola, mentre altri 5 saranno destinati esclusivamente alla piantumazione di alberi di varietà locali. Un investimento complessivo di quasi 7 milioni di euro, che avrà una potenza di 9,7 Mw e produrrà circa 20 Gwh, pari al fabbisogno di 5mila famiglie.

L'accettazione sociale di questi progetti non è sempre positiva in quanto spesso gli abitanti delle aree interessate vedono nei pannelli fotovoltaici un elemento di disturbo del contesto paesaggistico, mentre tanti agricoltori, seppure allettati dagli interessanti guadagni, temono che la produzione di energia soppianti la finalità agricola dei terreni.

Nel caso di progetto ragusano, Falck Renewables ha sottolineato come i terreni acquisiti fossero ormai abbandonati da vent'anni e per coinvolgere la cittadinanza ha lanciato un progetto di lending crowdfunding, permettendo agli abitanti del luogo di investire nel nuovo impianto agrivoltaico assicurando un ritorno sull'investimento.


Agrivoltaico sì, agrivoltaico no

L'avversione di alcune associazioni di categoria nei confronti dell'agrivoltaico caratterizza tutto lo Stivale, visto che petizioni e ricorsi si rincorrono dal Veneto alla Sicilia. Si tratta tuttavia di ostilità nei confronti del fotovoltaico a terra, che occupando fisicamente la superficie dei campi esclude qualsiasi altro utilizzo.

In Abruzzo ad esempio Coldiretti Giovani Impresa ha lanciato una petizione contro il fotovoltaico a terra e ha chiesto che invece sia promosso quello su tetti di abitazioni e strutture agricole.

L'istallazione di pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici è un'altra questione ancora. In questo caso non vi è alcun consumo di suolo, anche se gli investimenti sono meno remunerativi in quanto i pannelli fotovoltaici vengono installati su superfici frammentate e sono prevalentemente fissi, non in grado quindi di seguire il movimento del sole per ottimizzarne l'assorbimento.

Un esempio molto interessante è quello che riguarda la prima Comunità Energetica d'Italia, nata in provincia di Ragusa, e che coinvolge quattro aziende agricole attive nel comparto del florovivaismo. Una di esse, grazie al supporto di Enel X e della Banca Agricola Popolare di Ragusa, installerà sui tetti delle strutture aziendali un impianto da 200 kilowatt. Potenza che però viene assorbita dall'azienda solo per un 23%. Il resto verrà consumato dalle altre aziende agricole della zona, ad esempio per quanto riguarda l'illuminazione, il funzionamento di alcuni macchinari e le celle frigorifere in cui vengono conservati i fiori.

Un progetto rivoluzionario perché l'energia non viene immessa in rete, ma viene consumata in loco evitando la dispersione e aumentando l'efficienza del sistema. Inoltre il progetto è modulare, nel senso che alla comunità energetica si possono aggiungere altre aziende, che a loro volta potranno installare dei pannelli fotovoltaici e così incrementare la potenza della comunità. A loro volta gli imprenditori agricoli, avendo a disposizione energia elettrica a buon mercato (grazie anche a sussidi statali), potranno investire in attrezzature elettriche contribuendo alla decarbonizzazione del settore primario.


Sostenibilità e burocrazia

L'Italia ha bisogno di più energia proveniente da fonti rinnovabili e il fotovoltaico, sui tetti delle aziende agricole o sospeso sopra le colture, può rappresentare un'interessante opportunità. I fondi ci sono, ma un ostacolo è rappresentato dalla burocrazia. Come sottolineato bene da Andrea Ghiselli, amministratore delegato di EF Solare, che su Il Sole 24 Ore ha spigato come in Spagna per vedersi approvato un progetto ci vogliono 18-24 mesi, mentre in Italia il tempo raddoppia. In questo modo gli impianti nascono già vecchi e l'incertezza scoraggia i nuovi investimenti.

Serve dunque un cambio di passo, prima di tutto a livello di amministrazioni locali, che spesso tirano la pratica per le lunghe per la paura di contestazioni sul territorio. Un piano nazionale sembra esserci, come anche i fondi, stanziati attraverso il Pnrr. Ora serve che si trovi un equilibrio tra il fotovoltaico sui tetti e quello a terra, magari da realizzare in aree marginali. Durante un Question Time alla Camera il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli ha parlato di 3,5 milioni di ettari di terreni agricoli abbandonati. E ha sottolineato come il Mipaaf sostenga prioritariamente gli impianti sopra gli edifici.