Durante il Ventesimo secolo l'allevamento intensivo ha sostituito largamente l'allevamento di animali allo stato brado, ma la tendenza si sta invertendo.

In Spagna, l'allevamento di pecore, cavalli e suini in zone boschive è ancora largamente praticato con il nome di "dehesa". Nel caso specifico dei suini, la fase di ingrasso prima della macellazione avviene in boschi di roveri, sughere o faggi, nei quali i suini si nutrono prevalentemente delle ghiande cadute a terra. Tale dieta conferisce alla carne un sapore molto apprezzato dai consumatori, per cui il jamón de bellota (prosciutto di ghiande) è diventato una specialità per il mercato dell'alta gastronomia, esportato nel mondo intero a prezzi che vanno dai 40 fino ai 100 euro/chilogrammi.

La dehesa spagnola viene praticata in terreni estremamente poveri dove difficilmente sarebbe stato possibile coltivare. Si estende su una vasta area coperta da boschi naturali, antropizzati lentamente durante secoli fino a creare un ecosistema artificiale nel quale si sfrutta praticamente tutto: le ghiande e l'erba per la nutrizione degli animali, la legna risultante dalle potature e dall'asportazione degli alberi morti, e in tempi moderni anche gli aspetti ludici del bosco, quali turismo, birdwatching e caccia minore.

Nell'ottica moderna di sostenibilità delle produzioni agricole l'allevamento estensivo in aree agroforestali si propone come una tecnica che consente di privilegiare più la qualità che la quantità.


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Nel presente articolo proponiamo ai nostri lettori un riassunto dei risultati del progetto di ricerca Agforward condotto dall'Agenzia Regionale Veneto Agricoltura nelle aziende agricole Sasse Rami a Ceregnano (Ro) e Villiago a Sedico (Bl). Entrambi i siti applicano il metodo organico. Nell'azienda Sasse Rami viene condotto l'intero ciclo di riproduzione, svezzamento ed ingrasso durante tutto l'anno; nell'azienda Villiago è possibile solo l'ingrasso da marzo a dicembre, per via del più rigido clima montano.

Gli scopi del progetto sono quattro:

  • comprendere meglio il contesto e la consistenza della pratica agroforestale in Europa;
  • identificare, sviluppare e testare sul campo le innovazioni per aumentare i benefici e la fattibilità dei sistemi agroforestali in Europea;
  • valutare sistemi e pratiche agroforestali innovativi a scala di parcella, azienda agricola e paesaggio;
  • promuovere l'adozione di sistemi agroforestali appropriati in Europa mediante politiche di sviluppo e divulgazione.


Il paradigma "cibo più biomassa energetica" nell'economia circolare

Le monoculture, i grandi allevamenti intensivi e le catene produttive verticali sono le caratteristiche dell'agricoltura "moderna" che hanno permesso l'aumento della produttività e la riduzione dei costi. Verissimo nel caso delle aziende che sono in grado di controllare l'intera filiera, ma i piccoli produttori non sempre hanno beneficiato del "progresso".

Gli effetti negativi di decadi di allevamento intensivo in alcuni territori sono palesi: eutrofizzazione delle acque superficiali e sotterranee, aumento del consumo di agrofarmaci con il conseguente aumento della resistenza dei patogeni nei confronti degli stessi, riduzione della biodiversità, degradazione ed erosione dei suoli, impatti ambientali negativi dei grandi allevamenti - odori ed emissioni climalteranti -, benessere animale ridotto o nullo, aumento del rischio di epizoozie e resistenza agli antibiotici.

Fortunatamente per noi, l'Italia è un Paese a clima temperato, dove l'allevamento in sistemi agroforestali è in grado di assicurare redditività comparabili con quelle dei sistemi intensivi.

I vantaggi della suinicoltura agroforestale sono:

  • Minore mortalità dei suinetti, in particolare nei mesi estivi, perché le scrofe beneficiano dell'ombreggiatura degli alberi.
  • Costo di installazione e gestione più basso: non servono né stalle né vasche per liquami, basta una recinzione elettrificata per contenere gli animali nell'appezzamento loro destinato, e dei semplici ripari di legno o vetroresina.
  • Miglioramento dei suoli. Le foglie secche ed il cippato delle operazioni di potatura e pulizia vengono utilizzati come lettiera, reincorporando carbonio e nutrienti al terreno alla fine del ciclo di allevamento.
  • La bassa densità di bestiame riduce il rischio di malattie ed il consumo di antibiotici o altri farmaci.
  • Nei casi in cui i suini sono lasciati liberi di pascolare nel campo previamente coltivato con cereali, risparmio sul costo di raccolto.
  • Nell'allevamento in castagneti o boschi di querce e faggi, risparmio di una frazione dei mangimi.
  • Eliminazione dei trattamenti fitosanitari dei pioppi. I maiali scavano col muso rimuovendo la terra e attirando gli uccelli, che a loro volta mangiano larve ed insetti. Ciò consente di ottenere legno di qualità e quantità comparabile a quella dei pioppeti tradizionali, ma con produzione puramente biologica.
  • Cattura dei nitrati e maggiore produttività di biomassa, senza ricorrere a fertilizzanti chimici.
  • Minore impatto ambientale dell'attività: riduzione sostanziale delle emissioni odorigene e di gas a effetto serra.
  • Attività solitamente "a chilometro zero", con ridotte emissioni imputabili ai trasporti di materie prime e prodotti finiti.


Come tutte le attività umane, anche la suinicoltura agroforestale pone alcuni problemi gestionali, la cui soluzione comporta costi:

  • Protezione della biodiversità. In alcune zone dove vivono cinghiali liberi è necessario installare una doppia recinzione per evitare l'ibridizzazione e la propagazione di malattie fra le specie.
  • Protezione degli alberi. I maiali amano grattarsi contro gli alberi, scavare col muso per mangiarne le radici e masticare la corteccia, provocando gravi danni (Foto 1) che talvolta portano alla morte delle giovani piante. I suini sono molto intelligenti e riescono a raggirare alcuni dei sistemi di protezione degli alberi esistenti in commercio, quali spirali e scatole di plastica avvolte attorno ai tronchi. Il miglior sistema di protezione dei giovani alberi consiste nell'avvolgere il tronco con una rete di filo d'acciaio, alta circa 70 centimetri, a modo di gabbia.
  • Minore densità, diversa logica commerciale. L'allevamento agroforestale sopporta sette-dieci scrofe gravide o in lattazione per ettaro, oppure 13-17 maschi da ingrasso per ettaro (allevamento organico) o 20-25 capi/ettaro (allevamento convenzionale). Poiché la quantità di carne prodotta a fine ciclo sarà decisamente minore rispetto a quella di un allevamento intensivo, la redditività deve per forza provenire da un maggiore valore aggiunto del prodotto.
  • Possibili perdite per furti, cacciatori o predatori.
  • Maggiore complessità gestionale:
     • è più difficile condurre i controlli veterinari;
     • aumenta il rischio di parassitosi intestinali per il contatto degli animali con la terra;
     • possibile maggiore carico burocratico (in Veneto esiste una limitazione al numero di capi, controlli più frequenti sugli adempimenti ai Disciplinari di Produzione Organica);
     • bisogna programmare la rotazione dei terreni spostando periodicamente gli animali quando il tappetto erboso è ormai esaurito;
     • i suini tendono a scegliere un punto dell'appezzamento per la defecazione, per cui la distribuzione dei nutrienti non è uniforme;
     • durante l'inverno bisogna monitorare spesso gli abbeveratoi perché se si ghiacciano gli animali posso soffrire la sete.

 

Danni ad un giovane pioppo causati dai suini
Foto 1: Danni ad un giovane pioppo causati dai suini
(Fonte foto: Bondesan, 1)

 

Uno studio parallelo condotto in Danimarca (2) ha identificato come influiscono la posizione relativa fra gli alberi, il ricovero e la mangiatoia sulle abitudini di deiezione dei suini (Foto 2). In questo modo è possibile concentrare la deposizione dei nutrienti nella zona alberata oppure favorire una distribuzione più omogenea sull'intera parcella. In zone vulnerabili o a rischio di infiltrazioni in falda, la terza configurazione consente di beneficiare dell'effetto fitodepuratore della fascia alberata, benché questo sia limitato. Nella sperimentazione con pioppi e salici, solo il 20% dell'azoto organico è stato assorbito dagli alberi. Lo studio ha inoltre riscontrato che le scrofe gradiscono trascorrere fino al 40% del tempo nella zona alberata. In tutti i casi, l'urinazione e defecazione nelle vicinanze della mangiatoia è stata quasi nulla, e molto ridotta nelle vicinanze del riparo.

Lo studio non riporta esplicitamente quale sia stata l'influenza dell'allevamento sulla produzione di biomassa. Sembra implicito che l'attività di allevamento non influisca significativamente sulla resa in biomassa del pioppeto.

 

Influenza sulle abitudini di urinazione e defecazione degli animali delle posizioni relative fra riparo, mangiatoia e alberi
Foto 2: Influenza sulle abitudini di urinazione e defecazione degli animali delle posizioni relative fra riparo, mangiatoia e alberi
(Clicca sull'immagine per ingrandirla)


Maggiori margini per l'allevatore, ma bisogna cambiare la strategia commerciale

Un'indagine di mercato (3) condotta su un campione di 387 consumatori, associati a nove gruppi commerciali che praticano il commercio giusto, cioè l'acquisto al di fuori dei circuiti della Grande Distribuzione Organizzata, ha rivelato che:

  • Il 74% dei consumatori ignorava i benefici della produzione agroforestale.
  • Il 67% era interessato alla capacità degli alberi di catturare e immobilizzare i nitrati.
  • Il 47% era interessato alla capacità degli alberi di catturare e immobilizzare la CO2 atmosferica.
  • Il 37% era più interessato al maggiore benessere degli animali tenuti liberi.
  • In tutti i casi, il consumatore riteneva migliori i prodotti da agroforestazione ottenuti con pratiche da agricoltura organica.
  • Coloro che avevano assaggiato i prodotti artigianali con carni da allevamenti agroforestali li ritenevano migliori rispetto ai prodotti industriali commercializzati nei supermercati.
  • Il 68% considerava che la qualità delle carni dipendesse dalla razza di suino e dall'alimentazione, mentre il 28% riteneva che fosse il risultato dell'allevamento in un ambiente "naturale" dovuto alla presenza di alberi.
  • Sul totale degli intervistati, il 54% riteneva che il prezzo di un salume da allevamento agroforestale dovrebbe essere uguale a quello dei prodotti industriali, il 34% sarebbe disposto a pagare il 10-15% in più, e il restante 12% accetterebbe di pagare il 20-25% in più.
  • Esiste una correlazione diretta fra il livello di istruzione e la fascia di reddito del consumatore, ed il maggiore prezzo che quest'ultimo è disposto a pagare per un prodotto più sostenibile e rispettoso del benessere animale.


Conclusioni

Benché l'indagine in questione sia stata condotta su un campione demografico ristretto e non rappresentativo della realtà nazionale - solo alcune aree del Veneto - è ragionevole ipotizzare che nel resto dell'Italia la situazione sia simile.

L'allevamento in sistemi agroforestali può diventare più redditizio di quello intensivo a condizione che:

  • L'allevatore sia anche il produttore dei salumi.
  • L'allevatore si concentri maggiormente sulla produzione di specialità tipiche, che difficilmente si trovano nei negozi.
  • La vendita avvenga direttamente al consumatore finale, sia esso un privato o un ristoratore, o, al limite, attraverso un gruppo di acquisti locale. Ciò implica che l'allevatore debba creare i propri canali di vendita, anche ricorrendo alla vendita online.
  • La maggiore redditività non può derivare solo da un prezzo maggiore rispetto a quello della grande distribuzione perché il consumatore non sempre se lo può permettere. Di conseguenza, il margine economico va ottimizzato considerando tutte le variabili: minori costi di capitale, risparmio di input agronomici, risparmio sul costo dei mangimi (qualora la specie forestale produca ghiande o altri frutti, o i maiali siano liberi di pascolare in campi coltivati ad hoc), eliminazione degli intermediari, valore aggiunto (ad esempio, da ristorazione agrituristica sul posto) ed infine, entrate addizionali generate dalla produzione di legna o dai crediti di carbonio, laddove sia applicabile quest'ultima opzione.

 

La presenza dei suini, qualora si prendano le adeguate misure di protezione degli alberi, non sembra influire sulla produzione di biomassa. L'effetto di fitodepurazione è limitato, almeno nelle colture di pioppo e salice. La presenza degli alberi è più importante in termini di benessere animale che di protezione ambientale.


Bibliografia
(1) Bondesan, V.; System Report: Agroforestry for Free Range Pig Production in Veneto Region, Italy. 2016.
(2) Anne Grete Kongsted, Heidi Mai-Lis Andersen and John E. Hermansen, Contribution to Deliverable 5.14: Lessons learned from innovations related to agroforestry for livestock, 2017.
(3) Bondesan V., Sartori A., Ricardi F., and Burgess P.J.; Consumer perceptions and behaviours regarding traditional pork products from agroforestry pigs in Veneto region (north-east Italy); 12thEuropean IFSA Symposium, Harper Adams University (UK), 2016.

Responsabile del progetto per ulteriori informazioni: Valerio Bondesan - valerio.bondesan@venetoagricoltura.org.