Il miglio (Panicum miliaceum L.) è una pianta erbacea il cui metabolismo C4, comune alle graminacee, gli conferisce la capacità di crescere bene in climi caldi e secchi. Si ritiene che venga coltivata in Europa da almeno 3mila anni, è poco esigente in materia di suoli, ma non tollera né i ristagni d'acqua e né le temperature troppo basse. È dunque adatta alla coltura estiva sui terreni marginali semiaridi mediterranei, dove la temperatura sia compresa fra 10 e 40°C.

Il miglio comune Panicum miliaceum (foto di apertura dell'articolo) viene spesso confuso con il panico o "miglio degli uccelli" (Setaria italica, Foto 1). In realtà la Setaria è un'altra specie di miglio, molto simile al miglio comune - di fatto è il basionimo di Panicum miliaceum - che però inizia a crescere con 5°C, quindi è adatta per la coltivazione in montagna e si trova su tutto il territorio nazionale. Setaria italica rende 0,9-1,8 tonnellate/ettaro di granella e 2,5 tonnellate/ettaro di paglia. Se coltivata come foraggio rende 15-20 tonnellate/ettaro di biomassa fresca o 3,5 tonnellate/ettaro di fieno (Rif. [i]).
 
Miglio degli uccelli
Foto 1: Miglio degli uccelli (Setaria italica)
(Fonte foto: Markus Hagenlocher, Feedipedia)

Prove condotte nel Sud degli Usa (Rif. [ii]) su tre campagne consecutive di Panicum miliaceum hanno messo in evidenza la correlazione fra densità di semina, apporto di azoto ed irrigazione con la produttività di granella e biomassa. La produttività media minima (senza irrigazione né concimazione, densità 250 semi/m2) è stata di 1,9 tonnellate/ettaro di biomassa aerea e 757 chilogrammi/ettaro di granella; e la massima (1250 semi/m2, con irrigazione e 150 chilogrammi N/ettaro) è stata di 12 tonnellate/ettaro di biomassa aerea e 4 tonnellate/ettaro di granella.

Le caratteristiche nutrizionali della granella del miglio sono molto simili a quelle della quinoa, ma per motivi di marketing il miglio viene percepito dai consumatori come "becchime per canarini" anziché come "superfood" (Rif. [iii]).
 
In Italia il miglio viene coltivato fondamentalmente per l'alimentazione di volatili e come foraggera, ma la sua granella è un ottimo candidato per la produzione sostenibile di bioetanolo di prima generazione. Uno studio sulla fermentescibilità del miglio (Rif. [iv]) ha dimostrato efficienze comprese fra 82% e 90%, le più alte corrispondono alle cultivar cerose. A modo di comparazione, le cultivar di mais specificamente sviluppate per la produzione di etanolo raggiungono il 97% di efficienza di fermentazione, ma le cultivar da granella per alimentazione umana o animale possono avere efficienze di fermentazione di appena il 70%.

Il miglio è in ogni caso più sostenibile del mais per la produzione di bioetanolo di prima generazione, perché:
  • richiede meno fertilizzanti (100 chilogrammi/ettaro di N e 100 chilogrammi/ettaro di P e K);
  • richiede meno lavorazioni del terreno;
  • il suo ciclo di crescita è di solo sessanta-cento giorni;
  • riesce a produrre con solo 500 millimetri di apporto idrico e tollera la siccità (Rif. [v]);
  • la qualità nutrizionale delle trebbie di fermentazione è migliore: 27-33% di proteina contro 17-23% delle trebbie di mais. La coltivazione del miglio consente dunque la produzione simultanea di biocarburante e mangime proteico, eliminando il classico dilemma ideologico food Vs energy;
  • la maturazione del miglio e del panico non avviene in modo uniforme, per cui si perde una parte del raccolto di granella, ma in compenso la fauna avicola beneficia di una fonte di cibo nutriente e facilmente accessibile, con ripercussioni positive sul mantenimento della biodiversità;
  • il miglio conserva meglio l'umidità del terreno, rendendo possibile la coltivazione no-tillage di frumento vernino in successione (Rif. [ii] citato prima).

Il miglio fresco si può insilare per essere utilizzato come foraggio o come biomassa da digestione anaerobica. La resa in biomassa fresca del miglio dipende da fattori quali la cultivar, la salinità del terreno, e la presenza di microfunghi simbionti capaci di migliorare la capacità di assorbimento dei nutrienti delle radici. Un'esperienza condotta in Sicilia su terreno vulcanico ha raggiunto la massima produzione di biomassa con la cultivar Unikum: 0,9 tonnellate/ettaro senza irrigazione, 11,7 tonnellate/ettaro con irrigazione con acqua dolce, che si riducono del 14% se l'irrigazione viene effettuata con acqua salmastra (Rif .[vi]). La massima umidità al raccolto, pari a 89%, venne riscontrata nella tesi irrigata con acqua dolce.

La letteratura scientifica sul potenziale metanigeno (Bmp) dell’insilato di miglio è quasi nulla. Uno studio condotto in Estonia (Rif. [vii]) riporta che il miglio ha reso il massimo Bmp fra tutte le biomasse testate, 323 Nm3/tonnellate SV, ma non è chiaro se il test sia stato realizzato con insilato o con la pianta fresca e neanche quale fosse la natura dell'inoculo anaerobico. Il protocollo utilizzato assomiglia a quello della norma tedesca VDI 4630 per apparecchiature barometriche, senza agitazione (si veda Focus critico sulla norma VDI 4630, I Parte e II Parte). Non è neanche chiaro se il ricercatore abbia tenuto conto dell'errore indotto dalla determinazione dei solidi volatili.
 
È dunque probabile che il Bmp riportato dalla suddetta ricerca sia sovrastimato, per cui l'argomento andrebbe approfondito.

La paglia di miglio si caratterizza per contenere: 94,5% di sostanza secca (SS), 3,7% (SS) di proteina, 42,6% (SS) di fibra cruda, 80,6% (SS) di Ndf (Fibra detergente neutro), 48,3% (SS) Adf (Fibra detergente acido), 6,9% (SS) lignina, 1,2% (SS) lipidi; 10,4% (SS) di ceneri (dati dal progetto Feedipedia della Fao). Il suo Potere calorifico inferiore (Pci) è pari a 17,7 MJ/chilogrammi. Il contenuto di ceneri è un po' alto, ma con l'aggiunta di additivi la paglia di miglio può essere una biomassa accettabile per la produzione di pellet erbacei (si veda I pellet di biomasse erbacee). Il suo tenore di cellulosa, calcolato come l'Adf meno la lignina, è pari a 41,4% (SS). Di conseguenza, la paglia di miglio è un substrato adatto per la produzione di etanolo di seconda generazione, avendo una qualità intermedia fra quelle dell'Arundo donax - che ha solo 31% di cellulosa (Rif. [viii]) - e del Miscanthus x giganteus - che ha 41-55% di cellulosa (Rif. [ix]).

Il Bmp teorico della paglia di miglio, calcolato in base alla sua composizione chimica (Metodo Baserga, noto anche come Metodo Weende o pFOM), è pari a:

BMP = 415 Ncm3/g x 0,737 cellulosa ed emicellulosa + 496 Ncm3/g x 0,037 proteina + 1014 Ncm3/g x 0,012 lipidi =  336 Ncm3/g SS = 400 Ncm3/g SV = 317 Ncm3/g t.q.

Come nel caso della ricerca in Estonia, tale valore deve essere considerato come puramente indicativo e ottimistico, perché non tiene conto di fattori quali: l'attività idrolitica specifica del digestato, la granulometria del campione, la temperatura di digestione, ecc.
 


Conclusioni

Le due specie di miglio più coltivate al mondo sono Panicum miliaceum e Setaria italica. Entrambe si caratterizzano per la crescita molto veloce durante il periodo estivo, la tolleranza ai terreni poveri, anche salini, la tolleranza alla siccità e la capacità di produrre granella e paglia, oppure fieno o insilato, con scarsi input agronomici.

Ciò consente di utilizzare i terreni marginali semiaridi per la produzione simultanea di alimenti e bioenergia, con diverse combinazioni possibili
  • bioetanolo dalla granella + proteine dalle trebbie + pellet dalla paglia;
  • granella per alimentazione + pellet di paglia;
  • granella per alimentazione + bioetanolo dalla paglia;
  • granella per alimentazione + digestione anaerobica della paglia, eventualmente dopo il suo utilizzo come lettiera;
  • insilato per alimentazione di ruminanti e digestione anaerobica degli eventuali eccedenti.

Benché il miglio sia il sesto cereale più coltivato al mondo, ancora esiste un ampio margine per il suo miglioramento genetico, in particolare per ottimizzare il suo duplice utilizzo alimentare-energetico.


Bibliografia

[i] Record from Protabase. Brink, M. & Belay, G. (Editors). Prota (Plant resources of tropical Africa), University of Wageningen, Netherlands.
[ii] I. Turgut , A. Duman , G. W. Wietgrefe & E. Acikgoz (2006) Effect of seeding rate and nitrogen fertilization on proso millet under dryland and irrigated conditions, Journal of Plant Nutrition, 29:12, 2119-2129, DOI:10.1080/01904160600972605.
[iii] Saurav Das, Rituraj Khound, Meenakshi Santraand Dipak K. Santra; Beyond bird feed: Proso millet for human health and environment, Agriculture 2019,9, 64; doi:10.3390/agriculture9030064.
[iv] Devin J. Rose, Dipak K. Santra, Proso millet (Panicum miliaceum L.) fermentation for fuel ethanol production, Industrial crops and products, volume 43, 2013, pages 602-605, ISSN 0926-6690. 
[v] Habiyaremye C, Matanguihan JB, D'Alpoim Guedes J, et al. Proso millet (Panicum miliaceum L.) and its potential for cultivation in the Pacific Northwest, U.S.: A Review. Front Plant Sci. 2017;7:1961. Published 2017 Jan 9. doi:10.3389/fpls.2016.01961.
[vi] Caruso, C.; Maucieri, C.; Berruti, A.; Borin, M.; Barbera, A.C.; Responses of different Panicum miliaceum L. genotypes to saline and water stress in a marginal Mediterranean environment. Agronomy 2018, 8, 8.
[vii] Luna del Risco, M.A.; Biochemical methane potential of Estonian substrates and evaluation of some inhibitors of anaerobic digestion, 2011, pagina 39 e citazione di un paper a pagina 84.
[viii] Claudia Fernanda Lemons e Silva, Manoel Artigas Schirmer, Roberto Nobuyuki Maeda, Carolina Araújo Barcelos, Nei Pereira, Potential of giant reed (Arundo donax L.) for second generation ethanol production, Electronic Journal of Biotechnology, volume 18, Issue 1, 2015, pages 10-15, ISSN 0717-3458.
[ix] Brosse, N., Dufour, A., Meng, X., Sun, Q. and Ragauskas, A. (2012), Miscanthus: a fast-growing crop for biofuels and chemicals production. Biofuels, Bioprod. Bioref., 6: 580-598. doi:10.1002/bbb.1353.