L'Agenzia per la coesione territoriale ha pubblicato la bozza del piano strategico Bit - Bioeconomy in Italy, con lo scopo di ricevere eventuali proposte di miglioramento prima della sua presentazione alla Commissione europea.
Il documento, di oltre 60 pagine, è scaricabile in pdf, sia in inglese che in italiano, a questo indirizzo.

In sintesi, la Strategia sviluppata dall'Agenzia, si centra sulla bioeconomia, ovvero la produzione sostenibile di risorse biologiche rinnovabili e la conversione di tali risorse e dei flussi di rifiuti/scarti in prodotti industriali con valore aggiunto, quali alimenti, mangimi, prodotti a base biologica, bioenergia.
La Strategia si articola in sinergia con la Strategia nazionale italiana per lo sviluppo sostenibile ed i relativi principi, volti a garantire la "riconciliazione" tra sostenibilità ambientale e crescita economica.

Le priorità identificate nel documento sono le seguenti:
  • Passare dai "settori" ai "sistemi".
  • Creare "valore a partire dalla biodiversità locale e dalla circolarità".
  • Passare dall'"economia" all'"economia sostenibile".
  • Passare dall'"idea" alla "realtà".
  • Promuovere la bioeconomia nell'area del Mediterraneo.

L'obiettivo della strategia proposta è aumentare l'attuale produzione della bioeconomia italiana (circa 250 miliardi di euro/anno) ed il livello di occupazione (circa 1,7 milioni) del 20% entro il 2030.
 
Tante buone intenzioni ma molte contraddizioni
Fare un riassunto delle 64 pagine del documento in inglese è fuori dallo scopo di questa colonna. Limitandoci al tema delle bioenergie e, in linee generali, possiamo dire che dalla Strategia Bit emergono principi di buon senso (propri del concetto di economia circolare) come ricavare ogni sorta di prodotto da rifiuti e sottoprodotti agricoli, forestali e marini.

La situazione normativa attuale, però, è in netto contrasto con tali buoni propositi. Supponiamo ad esempio di voler ricavare polifenoli per uso medicale dai rifiuti organici municipali o agroalimentari, come sembrerebbe suggerire il seguente paragrafo della Strategia Bit"… in particular, the agro-food industry by-products, waste and effluents might be cheap and abundant sources of biobased chemicals and materials along with substrates for tailored biotechnological productions which, in turn, can allow preparing value added biobased fine chemicals, materials and biofuels".

A parte le ridondanze stilistiche che rendono poco comprensibile il paragrafo, è dunque lecito chiedersi come intende la Agenzia per la coesione superare le barriere burocratiche imposte dalle cervellotiche interpretazioni che delle direttive sui reflui e sui rifiuti ne fanno il ministero dell'Ambiente e quello dell'Agricoltura (si vedano in proposito i nostri articoli: Fanghi in agricoltura; Il punto della situazione sul Decreto Effluenti).
Se il semplice espandimento in campagna dei reflui trattati è vietato come pure la loro utilizzazione per produrre biogas perché non sono inclusi nella tabella del Decreto Effluenti, allora non si capisce come sarebbe lecito andare a produrre "bioprodotti chimici fini" "e substrati per produzioni biotecnologiche su misura".

Lasciano un po' perplessi i seguenti paragrafi a pagina 24, nella sezione dedicata ai rifiuti biologici: "Biowaste comes both from the primary vegetal production (those arising in-field e.g. cereal straw, sugar cane tops and leaves) (about 10 Million T/y), and livestock production (about 130 Million T/y) along with the byproducts and waste from the primary food biomass processing and food making e.g. husks, hulls, shells, bagasse, etc. (about 15 Million T/y)".

Non si capisce dove i funzionari dell'Agenzia per la coesione pensino di trovare canna da zucchero e bagassa in Italia, di conseguenza sorge domandarsi se i numeri quotati nel testo siano affidabili.

"Finally, the organic fraction of municipal waste collected in the country is above 5.7 Million T/y, this representing about 43% of the overall produced municipal organic waste after 2014. Such waste streams are currently only partially and poorly valorized and mainly disposed in landfills with relevant external costs and negative environmental impacts".

Dalla normativa vigente è vietato utilizzare i rifiuti municipali negli impianti di biogas o biomasse privati, per cui le uniche possibilità che ci ha lasciato il legislatore italiano, in netta contraddizione con le direttive europee, sono i seguenti sistemi di trattamento: incenerimento, compostaggio o conferimento in discarica.
La digestione anaerobica della Forsu, benché sia ampiamente dimostrata la sua maggiore ecocompatibilità rispetto al compostaggio, rimane virtualmente proiBita in quanto il digestato di un rifiuto è considerato a sua volta un rifiuto e quindi non si può espandere in campagna come fertilizzante.

I lettori e lettrici che vorranno dare i loro contributi, troveranno le istruzioni di partecipazione a questo indirizzo.
Il questionario, da compilare in inglese ed inoltrare via email all'indirizzo consultazione.bioeconomia@agenziacoesione.gov.it, si può scaricare da questo link.
 
Ultime riflessioni: poiché l'Inghilterra non è più nell'Ue e l'Agenzia per la coesione territoriale la paghiamo con le nostre tasse, per quale motivo a casa nostra dobbiamo comunicare in inglese con un ente italiano, che tra l'altro pubblica i testi in un inglese piuttosto sgrammaticato?
E gli italiani che non abbiano avuto la possibilità di studiare inglese, allora non possono esercitare il loro diritto alla libera opinione?
A cosa serve dunque il questionario in italiano incluso nel sito? A voi le ardue risposte.