La tecnologia della gassificazione, apparentemente così semplice, è invece una delle più complesse tecnologie di conversione energetica della biomassa.
Purtroppo, la superficialità, o faciloneria, di chi pubblica e diffonde in internet informazioni - spesso di seconda mano e senza verificarne l’attendibilità delle fonti - hanno creato nell’immaginario collettivo la falsa idea che qualsiasi biomassa, o rifiuto, si possa “fare sparire”  facilmente mediante la gassificazione, addirittura con lauti guadagni.
A prova di ciò, basterebbe verificare quanti  gassificatori “fai da te” sono pubblicati in You Tube e quanti blog illustrano un’autovettura degli anni ‘40 con appresso un gassificatore fumante nel bagagliaio, per dimostrare la presunta semplicità del processo. In aggiunta, l’ignoranza di alcuni progettisti, e la spregiudicatezza di impresari inesperti in materia, hanno creato talvolta situazioni disastrose,  come quella dell’impianto di Sauris (UD) dove l’impianto di gassificazione della biomassa a scopo di teleriscaldamento ha costato all'erario pubblico quasi 1,4 milioni di euro, ed un processo per truffa la cui risoluzione molto probabilmente tarderà anni.

Ben venga dunque il progetto di norma dell’Uni intitolato: “Impianti produzione e utilizzo gas da gassificazione di biomassa combustibile”. Il progetto di norma è pubblicamente consultabile a questa pagina.
Fino al 14 settembre 2015 sarà possibile formulare osservazioni, commenti e suggerimenti, utilizzando l’apposito modulo online. Trascorso il periodo di pubblica consultazione, la commissione di esperti - incaricata della redazione - procederà all’emanazione della prima versione della norma. Le procedure interne dell’Uni prevedono che la prima versione della norma rimanga in vigore durante un periodo di “rodaggio” di due anni. In base ai risultati che si osserveranno, la norma potrebbe venire migliorata mediante una seconda edizione, oppure lasciata tale quale, oppure sostituita con una norma diversa ritenuta migliore, ad esempio un’eventuale norma EN oppure  ISO.

Pur essendo necessaria, a nostro modesto parere la norma non eviterà i disastri, come quello di Sauris e né la costruzione di ecomostri, come quelli denunciati dalla nota trasmissione Report già nel 2009.
Il motivo è semplice: l’applicazione di una norma tecnica non può avere la priorità sulla legislazione dello Stato, e quest’ultima è del tutto sbagliata, piena di lacune, ambiguità e contraddizioni, perché palesemente scritta da una casta politica che, sin dal famigerato “scienziati, vili meccanici” di Benedetto Croce ([1]), sistematicamente ha disprezzato e ignorato i fatti scientifici, credendo che le leggi della Fisica e della Chimica si potessero scavalcare con un decreto. Finché ci saranno incentivi alla gassificazione della pollina, del letame, o di qualsiasi altro substrato umido e ad alto contenuto di azoto, le “centrali a biomassa” continueranno a sollevare - a torto o a ragione - le polemiche dei “comitati” di cittadini.
Tralasciando gli errori grammaticali e l’ormai onnipresente gergo anglosassone,  utilizzato anche quando non serve,  possiamo commentare il contenuto e i punti deboli della bozza di norma sui gassificatori come segue:
  1. Scopo. La norma si limita ad enumerare una classificazione delle tipologie di gassificatori e le regole per la preparazione di offerte, ordinazioni, costruzione e collaudo degli impianti di gassificazione di biomassa per la produzione di energia termica o elettrica. Purtroppo la norma non entra nel merito su quali siano le più efficienti tipologie. 
  2. L’efficienza energetica (bilancio energetico) di un gassificatore viene analizzata solo in base al primo principio della termodinamica, per cui 1 kWh elettrico verrebbe considerato pari a 1 kWh termico. Il principale punto debole della gassificazione è precisamente l’autoconsumo elettrico, in quanto servono grosso modo 3 kWh termici per produrre 1 kWh elettrico, quindi spesso l’efficienza globale del processo risulta molto bassa. Sarebbe auspicabile che la versione definitiva della norma includa l’obbligo di includere nelle offerte il bilancio exergetico, cioè, applicando il Secondo Principio della Termodinamica, in quanto il processo potrà risultare sostenibile solo quando il bilancio exergetico sarà positivo. L’obbligo di presentare il bilancio exergetico contribuirebbe inoltre a facilitare al cliente la comparazione fra le tecnologie offerte dai vari fornitori per ogni tipo di biomassa.
  3. Il Pci (potere calorifico inferiore) della biomassa viene nominato diverse volte, ma non è chiaro se sia riferito alla biomassa “tale quale” o solo alla frazione secca. A nostro modesto parere, se si adottasse l’utilizzo del Pci della frazione secca -come valore di riferimento per i calcoli- si  premierebbe ingiustamente l’utilizzo di biomasse “sporche” (pollina, letame, ecc.). Malgrado gli interessi dell’industria degli impianti di gassificazione, tali biomasse sarebbero da penalizzare anziché da premiare, in quanto causano i maggiori problemi ambientali. Perfino nell’ipotesi che gli impianti rispettino i valori di emissioni definiti dalle attuali leggi in vigore, l’impatto ambientale della gassificazione della pollina o del letame potrebbe essere estremamente pesante, proprio perché le leggi considerano solo i limiti percentuali massimi di ogni inquinante ma non tengono conto del valore assoluto delle emissioni totalizzate nel tempo.
  4. Nella sezione relativa agli strumenti di misurazione non sono definiti: la classe d’errore massima ammissibile e né la propagazione degli errori di misura nei calcoli del rendimento.
  5. Il “limite di batteria” (particolarissimo modo adottato dall’Uni per dire semplicemente “limite d’applicazione della norma”) esclude l’analisi della sostenibilità della biomassa in origine, cioè la norma non entra nel merito se la biomassa provenga “da filiera corta” o sia importata da oltre oceano. Anche lo smaltimento dei rifiuti generati dal processo è stato escluso dall’ambito di applicazione. Entrambi gli aspetti logistici menzionati sono determinanti per il successo di un progetto, ma non è chiaro se gli stessi verranno trattati in future norme, o se piuttosto si tratta di una volontà d’ignorare appositamente gli aspetti più controversi della tecnologia di gassificazione della biomassa.
  6. Manca una definizione chiara su come debbano essere trattati gli effluenti gassosi e liquidi. Ad esempio, negli Usa è obbligatoria l’installazione di uno scrubber (torre di lavaggio dei gas di scarico) e del suo corrispondente sistema di trattamento dei liquidi utilizzati per il lavaggio. La bozza di norma Uni stabilisce solo che gli effluenti “devono essere smaltiti o riutilizzati secondo la legislazione vigente”.

Poiché la scadenza del termine per formulare osservazioni è molto vicina, invitiamo vivamente i nostri lettori e lettrici a visionare la bozza all’indirizzo web suindicato e a contribuire con i propri commenti alla redazione di un testo migliore.

[1] http://www.senato.it/3182?newsletter_item=1483&newsletter_numero=141