Una delle obiezioni spesso argomentate dai “comitati” e da altri detrattori delle colture energetiche è il consumo d’acqua e d’energia, entrambi associati al pompaggio a scopi irrigui. Tale argomento contiene una parte di buon senso, ma prescinde da un importante fatto storico, non imputabile alle colture energetiche: la politica di elettrificazione rurale attuata dal Dopoguerra in tutti i paesi industrializzati, più funzionale alla centralizzazione e al conseguente monopolio della produzione di energia elettrica che allo sviluppo sostenibile.

Acqua ed energia
Le colture energetiche, come quelle alimentari, potrebbero effettivamente diventare più sostenibili se si ricorresse ad una tecnologia semplice, e ormai quasi dimenticata in Europa: i sistemi di pompaggio eolico.
I legislatori italiani, ed europei in generale, hanno finora ignorato l’enorme consumo energetico dovuto al settore agricolo, causato dal pompaggio d’acqua. Dall’entrata in vigore dell’attuale sistema di incentivi, alla produzione di energia elettrica, abbiamo assistito ad una corsa all’installazione di campi fotovoltaici e parchi eolici, spesso di grossa taglia, proprietà di gruppi di capitali o di multinazionali. Tali sistemi energetici sono puramente speculativi e poco sostenibili, in quanto costruiti con l’unico scopo di beneficiare degli incentivi statali, ignorando il principio di perfetto bilancio fra rispetto dell’ambiente, redditività economica ed equità sociale. Le fonti energetiche rinnovabili sono difficili da gestire, per l’Ente preposto al “dispacciamento”, in quanto non sempre l’energia disponibile coincide con la domanda e per giunta non è accumulabile. La potenza generata dai grandi parchi eolici e dai campi fotovoltaici è sempre aleatoria, in quanto soggetta a variabili meteorologiche. L’immissione aleatoria nella rete di grandi quantità di energia, prodotta da tali sistemi, sostanzialmente asincroni perché collegati alla rete a mezzo inverter, può causare talvolta disturbi e instabilità del sistema di trasmissione, quali ad esempio i fenomeni di modulazione di frequenza, i quali, in casi estremi, possono condurre a blackout generalizzati (si veda a proposito il progetto europeo Vsync).
Tali problemi sarebbero più facilmente gestibili se si semplificasse l’iter burocratico per l’installazione di impianti di generazione di energia esclusivamente per l’autoconsumo, dunque, evitando l’immissione aleatoria di energia in rete. Nella fattispecie, la gestione delle reti elettriche diventerebbe più semplice, e le spese a carico del consumatore sarebbero minori se il corpo normativo, a sostegno alle energie rinnovabili, includesse, il più presto possibile, degli incentivi anche per il risparmio e l’accumulo energetico, non solo in termini di kWh bensì di metri cubi di acqua per usi agricoli.

Lo stoccaggio d’acqua è la forma più semplice e sostenibile di immagazzinare energia, fatto facilmente riscontrabile in base ai dati dello studio dell’Istat - 6° Censimento generale dell’agricoltura, Utilizzo della risorsa idrica a fini irrigui in agricoltura (Istat, 2014, Tavola 3. ).
Secondo il menzionato studio, circa il 66% del totale dell’acqua utilizzata nell’agricoltura italiana proviene da fonti sotterranee, con un consumo medio di 3.451 m3/anno per ettaro irrigato e, pertanto, se si assume che la profondità media delle falde sia pari a 25 metri, il pompaggio per irrigare un singolo ettaro rappresenta un consumo energetico medio annuo pari a 235 kWh. Considerando che il totale della superficie irrigata è di circa 2,5 milioni di ettari, il consumo energetico totale, dovuto al pompaggio per l’irrigazione del 66% della suddetta superficie, risulta dell’ordine di 387.000 MWh annui.

Tale consistente quantità di energia potrebbe essere facilmente risparmiata grazie alla rivalutazione dell’energia eolica per il pompaggio, e inoltre la rete elettrica nazionale verrebbe sollevata dal corrispondente onere di gestione. In ultima istanza, la semplice tecnologia microeolica, per il pompaggio d’acqua a scopi agricoli, potrebbe contribuire a ridurre la bolletta elettrica di tutti i cittadini, in primis quella degli agricoltori, già penalizzati da rincari e volatilità dei prezzi dei loro prodotti.

Potrebbe sembrare incredibile, ma le pompe eoliche sono rimaste pressoché invariate sin dai tempi della conquista del Far West, pertanto alla proverbiale inventiva italiana rimane ancora un ampio spazio per sviluppare prodotti originali e quindi per conquistare mercati, sia nuovi che vecchi , ovvero rispettivamente in Europa, dove il potenziale è sottovalutato perché nel corso degli anni i tradizionali mulini a vento sono stati sostituiti da pompe Diesel o elettriche, o in America, Asia, Australia e Africa, dove i prodotti disponibili sono obsoleti e quindi presentano ampli margini di miglioramento.

Pompaggio microeolico o pompaggio fotovoltaico?
La corsa al gigantismo insostenibile, giustificata solo da una “economia di scala” e la mancanza di un’industria manifatturiera specifica, hanno convertito l’Italia in un mero importatore di turbine eoliche dalle piccole alle grandi taglie, e di pannelli fotovoltaici perlopiù provenienti dall’estremo Oriente. 
Tralasciando le considerazioni ideologiche sulla sovranità tecnologica nazionale, fondamentali per la sopravvivenza economica di un paese in tempi di crisi, è difficile immaginare lo sviluppo di una industria fotovoltaica basata su una filiera completamente italiana; per contro, la fabbricazione di piccole turbine eoliche, possibilmente progettate su misura, per i regimi dei venti specifici delle diverse Regioni italiane, rappresenta un’opportunità concreta di affari e di ripresa economica in un paese a forte vocazione metalmeccanica come il nostro, con possibili ricadute positive sull’occupazione. Sembra dunque evidente che, nonostante il pompaggio fotovoltaico sembri in prima istanza più semplice dal punto di vista impiantistico, il pompaggio microeolico risulta più conveniente dal punto di vista del “sistema Italia”.

Caso di studio: coltura di Arundo donax per digestione anaerobica con irrigazione eolica
Si consideri la coltivazione di un fenotipo di Arundo donax specifico per la digestione anaerobica in un terreno marginale situato un luogo generico del Meridione caratterizzato da 600 mm di precipitazioni medie annue. Con un tale livello di precipitazioni, l’Arundo donax è già in grado di produrre circa 45 tonnellate di biomassa secca per ettaro. La necessità idrica per ottenere rese di oltre 80 ton/ha di sostanza secca è pari 1.000 mm/anno, quindi sarà necessario apportare altri 400 mm, cioè, 4.000 m3/anno · ha. Assumendo una profondità di falda pari a 25 metri ed un rendimento medio di pompaggio pari al 80%, l’energia necessaria per irrigare un ettaro risulterà pari a 340 kWh/anno. In pratica con un classico mulino da 3 metri di diametro potremmo tranquillamente irrigare oltre 10 ettari, raddoppiando la produttività di biomassa senza un apporto energetico esterno dalla rete elettrica.