"Il vivaismo, soprattutto quello frutticolo, nei prossimi anni tenderà a svilupparsi in condizioni protette per poter rispondere ai requisiti di commercializzazione e di sanità delle produzioni. I vivaisti, infatti, devono fare i conti con nuovi stress biotici che rendono sempre più difficile la coltivazione in pieno campo." ha introdotto così Luigi Catalano, coordinatore della sezione vivaismo della Società Ortoflorofrutticola Italiana (Soi), il workshop intitolato "La micropropagazione, il microinnesto e l'innesto erbaceo nel processo della propagazione industriale del vivaismo italiano".
L'evento formativo, che ha visto la partecipazione di numerosi esperti ed esperte del settore vivaistico professionale, si è tenuto giovedì 22 giugno 2023 al Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino durante la 14° edizione delle Giornate Scientifiche della Soi.
"La micropropagazione e il microinnesto sono tecnologie che possono contribuire ad ottenere stock di portinnesti in maniera veloce e sicura, dimezzare i tempi di attecchimento dei due bionti e rispondere alle esigenze dei frutticoltori".
Innesto, innesto erbaceo e microinnesto erbaceo: tradizione e modernità in un'unica tecnologia
È doveroso prima fare un breve ripasso su che cosa si intende per innesto: è una pratica che permette di unire due piante, dette bionti, per ottenere un nuovo individuo senza l'utilizzo di seme. Nella parte inferiore, provvista di radici, e chiamato portinnesto (o ipobionte) viene aggiunta la marza che è una porzione di ramo provvista di gemme che costituisce la parte aerea.
L'innesto è una pratica secolare che comporta molteplici vantaggi al produttore. Può essere svolto su piante arboree ma anche orticole, in quest'ultimo caso si parla di innesto erbaceo.
L'innesto erbaceo, a differenza di quello legnoso, utilizza materiale vegetale ancora verde e tenero, di qualche millimetro di diametro, non ancora lignificato sia per la marza che per il portinnesto. Questa tipologia di unione viene usata in pomodoro, peperone e in diverse cucurbitacee per contrastare i principale patogeni tellurici.
Dall'innesto erbaceo si è poi sviluppato il microinnesto erbaceo in cui l'unione dei due bionti avviene con tessuti ancora verdi, ed entrambi sono prodotti da colture in vitro, ovvero micropropagati. Quindi a differenza dell'innesto erbaceo classico sia la marza (apice vegetativo o gemma) sia il portinnesto radicato vengono prodotti in laboratorio e innestati in una fase molto precoce, quando entrambi hanno un diametro di 1-3 millimetri.
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Risultati del censimento 2010-2022
In occasione del workshop la Soi ha presentato i risultati del censimento 2010-2020 dei laboratori commerciali di micropropagazione presenti in Italia. Con lo scopo di monitorare le modalità e l'andamento della produzione vivaistica nelle aziende coinvolte.
"Negli anni passati avevamo rilevato venticinque laboratori commerciali mentre quest'anno abbiamo affidato le schede a ventisei laboratori. Di questi ventisei hanno risposto in ventiquattro di cui tredici strutture hanno inviato il report ex novo. Per cui la tendenza ad aprire nuovi laboratori è piuttosto accentuata, in particolare negli ultimi due quinquenni" spiega Maurizio Micheli, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell'Università di Perugia.
Il censimento comprende diverse voci; qui riportiamo quelle di maggiore interesse.
Nella maggior parte dei vivai specializzati il numero di addetti al laboratorio è meno di 30, mentre poche strutture hanno un numero che va dai 30 ai 50 addetti. Per i posti cappa è stato registrato solo un laboratorio con 40 posti, due laboratori fra gli 11 e i 40 posti, mentre i restanti laboratori hanno meno di 10 posti cappa. Questi dati confermano che la dimensione generale delle aziende è di tipo medio piccola.
I substrati usati per la coltivazione in vitro delle piante sono di diversi tipi. Dal report il substrato base principale è il Murashige e Skoog (Ms), seguito poi dai substrati Driver and Kuniyuki (Dkw) e Ql come spiega Micheli: "I laboratori utilizzano diversi tipi di substrati in base a quello che devono produrre. Per esempio, alcune realtà aziendali si creano un substrato ad hoc solamente per ambientare una specifica coltura e non si rifanno ai materiali tradizionali che si trovano sul mercato".
Nel report della Soi 2010-2022 è emerso che il substrato più utilizzato è il Ms dai laboratori specializzati
(Fonte foto: AgroNotizie®)
Per le camere di crescita, cioè le camere climatiche usate appositamente per la crescita dei vegetali, viene utilizzata la luce supplementare. In particolare, le luci Led sono le più utilizzate e apprezzate.
Per lo stoccaggio del materiale vegetale non tutti i vivai necessitano di questa modalità post produzione. I vivai che invece utilizzano lo stoccaggio lo fanno in genere in condizioni di buio o bassa luminosità per evitare di diminuire la qualità del materiale vegetale.
Infine, per quanto riguarda l'acclimatazione, gran parte delle aziende che hanno risposto al report fanno adattare le piante nei loro spazi interni, per esempio in serra. Pochi vivai si affidano ad aziende esterne, consegnando al massimo solo metà delle piante per l'acclimatazione; mentre nessuno ha risposto che affida tutto il materiale vegetale ad aziende esterne.
Produzioni frutticole e orticole, qualche dato
Sono stati presentati anche i dati del censimento delle produzioni vivaistiche per il periodo 2010-2022.
"La produzione totale è aumentata notevolmente: nel 2010, quindi 12 anni fa, avevamo censito 29 milioni di piante micropropagate all'anno. Nel 2022 invece abbiamo registrato quasi 52 milioni di piante all'anno" spiega Maurizio Lambardi, segretario generale della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana.
L'aumento si è registrato soprattutto per i portinnesti frutticoli. Dal report è emerso anche un incremento nella costituzione dei nesti, cioè le varietà che vengono utilizzate nella pratica dell'innesto come parte superiore della pianta.
Vediamo nel dettaglio i dati di produzione dei portinnesti principali.
È arrivata a 4 milioni e mezzo di piante l'anno la produzione del portinnesto di pesco Gf 677, rimane stabile la produzione di albicocco Mirabolano 29C. Sono aumentate le produzioni di portinnesti di actinidia e di diverse varietà di ciliegio ottenute con il portinnesto Gisela.
Confronto sulla produzione di portinnesti frutticoli nel periodo dal 2010 al 2022
(Fonte foto: AgroNotizie®)
Non mancano di certo le novità. Infatti, sono stati introdotti recentemente portinnesti di pistacchio, agrumi, nocciolo, melograno, giuggiolo, passiflora e mirtillo siberiano che non erano presenti sul mercato 12 anni fa.
Inoltre, secondo i dati del censimento la produzione di piccoli frutti nel periodo dal 2010 al 2020 è raddoppiata: "Questo risultato non ci sorprende essendo che al settore dei piccoli frutti sta interessando molto la micropropagazione" sottolinea Lambardi.
Passando alle orticole in questo momento per la micropropagazione il carciofo è sicuramente la coltura più rappresentativa. Difatti in passato erano solamente due i laboratori che offrivano questa orticola; oggi invece sono aumentati a sei. La quantità di carciofo disponibile, perciò, si stima intorno alle 6 milioni di piante all'anno.
Il report ha evidenziato che le novità per questo settore sono la curcuma e lo zenzero, non disponibili nel periodo antecedente il 2010.
Infine, la produzione di piante annuali micropropagate è passata da 1 milione di piante all'anno a 2 milioni di piante all'anno: "Questi dati sono un chiaro segnale che la micropropagazione commerciale è un settore ancora vivo e produttivo" conclude Lambardi.
Vite e frutticole: il ruolo del microinnesto erbaceo per contrastare gli stress biotici
"Non esiste una tecnica di microinnesto migliore o peggiore, ma bisogna contestualizzarla in base alla specie a cui si sta facendo riferimento, alle strutture e alle competenze a disposizione." - evidenzia Roberto Cappelletti, dell'Azienda Vitroplant - "Da qualche anno come Azienda stiamo provando ad utilizzare la tecnica del microinnesto erbaceo, a giunzione obliqua nelle frutticole, per rispondere a precise richieste di mercato".
Combinando la tecnica della micropropagazione e del microinnesto erbaceo a giunzione obliqua si possono ottenere piante innestate di qualità superiore in quanto tutta la filiera produttiva avviene in ambiente protetto e il materiale vegetale utilizzato proviene da coltura in vitro.
I vantaggi nell'usare il microinnesto sono l'ottenimento di materiale innestato di qualità, il mantenimento delle caratteristiche genetiche desiderate, il rispetto degli standard fitosanitari obbligatori e una produzione industriale su larga scala.
"Un vivaio fornisce generalmente astoni a radice nuda di 1o 2 anni, gli svantaggi però non sono pochi: per ottenere queste piante il produttore deve operare in campo aperto e le piante ottenute sono di grandi dimensioni e i costi di trasporto sono elevati" continua Cappelletti.
Grazie però alle strutture vivaistiche protette e alle tecniche di innesto a gemma, come per esempio il chip budding, è diminuito molto il tempo utile di produzione degli astoni con piante a taglia più ridotta e permettendo una maggiore razionalizzazione della tecnica e delle strutture, con anche un contenimento delle spese di trasporto.
Il microinnesto erbaceo con specifici protocolli di utilizzo può essere applicato a diverse specie frutticole
(Fonte foto: AgroNotizie®)
Affinché il microinnesto erbaceo permetta di ottenere risultati razionali e industrializzabili è fondamentale mettere a punto precisi tempi di coltivazione di marza e portinnesto al fine di arrivare al giorno dell'innesto con diametri uguali così da permettere una perfetta connessione dei due bionti e una ridotta emissione di callo.
Per raggiungere questi obiettivi i vivai specializzati devono lavorare per la messa a punto di protocolli di microinnesto erbaceo specifici da usare per le diverse specie frutticole. Ne sono un esempio due casi studio portati dall'Azienda Vitroplant, sull'actinidia e sull'uva da tavola, presentati durante il workshop.
"La coltivazione dell'actinidia è messa a dura prova da diverse problematiche fitosanitarie, fra cui la morìa del kiwi, che hanno fatto aumentare in breve tempo la richiesta di piante innestate su Bounty 71".
Bounty 71 è un portinnesto che possiede caratteristiche morfo fisiologiche ben specifiche. L'Azienda, perciò, messo a punto un protocollo di produzione valido per ottenere piante innestate di qualità con caratteristiche agronomiche ben precise, prima fra tutte altezza del punto di innesto non inferiore a 10 cm. Inoltre è in grado di offrire sia piante per trapianto diretto in campo in vasi da 1,5 litri sia piante intermedie in alveolo per il mercato vivaistico.
Anche l'uva da tavola è minacciata da gravi problematiche fitosanitarie, prima fra tutte la flavescenza dorata: "Anche per la vite da uva da tavola il mercato esige piante ottenute da una filiera vivaistica produttiva di elevata qualità, condotta al 100% in ambiente protetto e utilizzando materiale vegetale sia di marza sia di portinnesto proveniente da coltura in vitro beneficiando delle caratteristiche superiori di rispondenza genetica e garanzie fitosanitarie. Inoltre il mercato sta apprezzando materiale in vaso, di notevole prontezza vegetativa per ridurre i tempi di entrata in produzione, uniformità e programmazione degli impianti”.
In conclusione, nel breve periodo il vivaio specializzato dovrà essere in grado di fornire al mercato e ai frutticoltori un'ampia gamma di prodotti di qualità vivaistica superiore sostenibili sia dal punto di vista ambientale che economico: tali risultati possono essere raggiunti combinando la micropropagazione con il microinnesto erbaceo a giunzione obliqua tecniche potenzialmente applicabili su tutte le specie frutticole.
Agrumicoltura, quando il microinnesto risana le piante
Negli agrumi il microinnesto è la tecnica di base per risanare il materiale da virus e fitoplasmi.
"In agrumicoltura il ruolo dei portainnesti è sempre stato fondamentale. L'arancio amaro è stato per molti anni l'ipobionte più utilizzato finché non è risultato altamente suscettibile al virus della tristezza degli agrumi. Da qui è nata la necessità di convertire tutti gli impianti con ibridi più tolleranti, derivanti dal miglioramento genetico, e che risultano essere molto interessanti sotto diversi aspetti" sottolinea Sara Poles, ricercatrice presso il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell'Università di Catania.
Poles ha presentato i risultati di un progetto di trasferimento tecnologico svolto dall'Università di Catania, in cui sono stati confrontati tre nuovi portinnesti tolleranti con portinnesti più tradizionali, con l'obiettivo di valutarne la flessibilità alla micropropagazione. Inoltre, è stata studiata anche la fattibilità del microinnesto erbaceo per questi tipi di portinnesti.
In agrumicoltura l'utilizzo della micropropagazione in vitro consente di ottenere un numero elevato di piante per la produzione di portinnesti rispetto alla tradizionale semina
(Fonte foto: AgroNotizie®)
I risultati della ricerca hanno evidenziato che si può ottenere un numero di piante 5 volte superiore alla classica semina già nel primo mese di produzione. Fino ad arrivare ad una produzione 10 volte superiore se il procedimento in laboratorio è scalare e controllato adeguatamente.
L'utilizzo della micropropagazione, quindi, è un processo relativamente breve, in cui si possono ottenere cloni di alta qualità fitosanitaria e produzioni elevate. L'azienda inoltre risolverebbe le problematiche fitosanitarie date dalla coltivazione in pieno campo delle piante madri, diminuendo anche i costi complessivi di coltivazione.
Le nuove varietà e cultivar di agrumi tolleranti si adattano molto bene alla micropropagazione, consentendone quindi una diffusione maggiore sul mercato.
Infine, i cloni di agrumi micropropagati hanno evidenziato un apparato radicale più sviluppato rispetto ai cloni coltivati tradizionalmente, con un accrescimento proporzionale anche del germoglio apicale.
Per lo studio sull'applicazione del microinnesto erbaceo Poles entra nel dettaglio: "Agli agrumi micropropagati abbiamo applicato un innesto a gemma per velocizzare la loro produzione e commercializzazione. Questa tipologia di innesto si è rilevata molto utile per evitare la formazione di marciumi causati da eventuali ferite aperte nei tessuti giovani, con una percentuale di attecchimento molto più elevata rispetto al solito innesto a marza".
In conclusione, anche il microinnesto erbaceo per il settore agrumicolo risulta essere una tecnica valida che apporta diversi benefici: risolve i problemi fitosanitari dovuti alla coltivazione delle piante madri, migliora la qualità del prodotto finale e abbassa i costi di gestione aziendali.
L'innesto erbaceo in orticoltura
Per le piante orticole, in particolare per alcune specie come pomodoro, peperone e cucurbitacee, si fa molto affidamento sull'innesto erbaceo per aumentare la tolleranza e/o la resistenza agli stress biotici.
Il pomodoro, per esempio, viene innestato a prescindere anche in assenza di avversità fitosanitarie. Questo perché viene richiesta dal mercato una resa elevata che si può raggiungere più facilmente con l'unione di due bionti.
Il numero e la qualità dei portinnesti risultano perciò caratteristiche fondamentali nel settore orticolo.
Gli aspetti chiave per la buona riuscita di un innesto erbaceo sono la scelta dei bionti da unire e la compatibilità di innesto. Per la compatibilità di innesto è buona norma che il nesto e il portinnesto presentino analoga tolleranza a uno stress biotico (ad esempio una virosi) per non ridurre la possibilità di attecchimento fra i due.
Grazie poi ad alcune innovazioni agronomiche oggi l'innesto erbaceo è diventato più performante consentendo un'espansione della tecnica nel settore orticolo.
I miglioramenti da fare su questa tecnica però sono ancora molti, come sottolinea Cherubino Leonardi, professore ordinario di Orticoltura e Floricoltura del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione, Ambiente dell'Università di Catania: "Gli aspetti chiave da migliorare sono tanti in base ai punti di vista da cui si guarda questo settore. Per i breeder, per esempio, andrebbe migliorata la produzione di seme; invece per i vivaisti bisognerebbe puntare sulle caratteristiche morfo fisiologiche delle orticole come il vigore, l'equilibrio vegeto-produttivo e l'uniformità della germinazione".
In termini di produzione inoltre è ancora molto difficile per i vivai stare al passo con la domanda del mercato a causa delle diverse difficoltà nella coltivazione del nesto e del portinnesto.
Quali saranno i futuri passi? Da un lato si richiede un perfezionamento della tecnica con protocolli sempre più specifici. Dall'altro si deve puntare a un'innovazione delle tecniche agronomiche per velocizzare e programmare correttamente la produzione, mantenere un basso impatto ambientale e consentire una corretta retribuzione ai produttori.
Brevetti: come muoversi?
È doveroso prima spiegare che cosa si intende per brevetto. Il brevetto è una soluzione tecnica non nota (fino a quando non viene brevettata) a un problema produttivo conosciuto; uno dei requisiti base per la sua presentazione è che deve essere un procedimento o un prodotto nuovo che implica un'attività inventiva e deve avere un'applicazione industriale.
"Un procedimento o un prodotto può essere nuovo, ma non per forza inventivo. Quindi l'azienda che si occupa di fare innesto erbaceo, microinnesto o micropropagazione deve presentare qualcosa che non sia ovvio per l'esperto che utilizza già queste tecniche citate. Inoltre, il brevetto deve essere applicabile su scala industriale e commerciale" specifica Federico Caruso, avvocato presso lo studio Sib Lex.
Quindi nel settore vivaistico la brevettazione di un nuovo tipo di innesto può avvenire solamente se non ci sono tecniche, procedimenti o prodotti già conosciuti nel settore per risolvere una specifica problematica, permettendo così un risultato completamente innovativo.
Requisiti minimi obbligatori per la presentazione di un brevetto
(Fonte foto: AgroNotizie®)
È bene sottolineare che più l'attività di ricerca su una tecnica agronomica è intensa, più alto potrebbe essere il numero di risultati innovativi (anche con minime differenze fra loro) e maggiore sarà la possibilità di brevettarli.
"Per il microinnesto erbaceo esistono 26 brevetti, di questi 11 sono stati estesi a livello europeo. - spiega Caruso - Consultandoli si trovano una serie di innovazioni che riguardano non tanto il microinnesto in generale ma bensì delle caratteristiche, dei passaggi tecnici o dei materiali che rendono la tecnica agronomica brevettabile, perché si acquisisce un risultato non ovvio per l'esperto".
In poche parole, non si brevetta la tecnica generale del microinnesto erbaceo ma bensì uno specifico passaggio per conseguire risultati differenti.
Per esempio, per la costituzione industriale di alcune piante arboree è stato brevettato un passaggio nella fase di ambientamento ex vitro: "In questo caso entrambi i bionti vengono costituiti in vitro, e la soluzione che è stata trovata per ridurre la macchinosità dell'innesto è stata brevettata dal laboratorio che l'ha scoperta. Con questo innovativo passaggio, durante il lavoro si riducono i tempi di produzione, si velocizza il processo e si ottiene un numero di piante più elevato".
In altri casi il brevetto può essere l'utilizzo di una sostanza o di un materiale utilizzati nell'ambito di uno studio, come per esempio l'uso dei marcatori molecolari nel processo di selezione di un nuovo fenotipo in una specie.
"Nell'ambito scientifico e di ricerca si può arrivare alla selezione di un nuovo materiale vegetale utilizzando anche solo un marcatore genetico. In poche parole, alla brevettazione di un singolo prodotto che si trova all'interno di un processo che permette però di ottenere un risultato completamente nuovo e di risolvere una problematica nota".
Cosa succede quando un brevetto viene concesso? Quando un procedimento o un prodotto viene brevettato le modalità per il suo utilizzo sono due.
L'utilizzo diretto, ovvero l'inventore del brevetto (o proprietà intellettuale) utilizza direttamente la modalità in laboratorio, sfruttandone tutti i benefici, oppure si può avere la concessione di licenza.
La concessione di licenza permette al creatore di rilasciare ad aziende esterne delle forme contrattuali di licenza, permettendogli così di usufruire del metodo brevettato, ma senza rischiare danni economici o violazioni della proprietà intellettuale.
Un ulteriore garanzia che fornisce il brevetto è quella di tutelare l'inventore da tutti i procedimenti e prodotti equivalenti che hanno la stessa funzione, lo stesso metodo e che comportano lo stesso risultato dei procedimenti brevettati in modo da evitare contraffazioni.
In conclusione, i procedimenti del microinnesto sono noti e consolidati da tempo; quindi, come macrotecnica in teoria non si potrebbe brevettare visto che non è considerata né nuova né innovativa. Ma la tecnica possiede molti passaggi che si possono brevettare; ricordiamo però che questo dipende da caso a caso e per ogni situazione andrebbero consultati gli esperti di riferimento.
Questo articolo è stato modificato in data venerdì 14 luglio 2023 nella parte riguardante il ruolo lavorativo dell'avvocato Federico Caruso
Questo articolo è stato modificato in data giovedì 20 luglio 2023 nella parte riguardante l'intervento di Roberto Cappelletti, e sulle dimensioni del materiale vegetale nel paragrafo riguardante l'innesto, l'innestro erbaceo e il microinnesto erbaceo, ci scusiamo con l'azienda e i lettori