I sistemi agroforestali comprendono tutti i sistemi di utilizzo del suolo o le forme di gestione del suolo in cui le colture perenni legnose vengono disposte nel terreno alternativamente con colture agricole (sistemi silvoarabili) o allevamenti animali (sistemi silvopastorali), o entrambe le opzioni simultaneamente (sistemi agrosilvopastorali).

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L'agroforestazione sfrutta la complementarità tra alberi e colture, ottimizzando le risorse disponibili e diversificando l'attività agricola. L'appezzamento agroforestale rimane produttivo per i seminativi convenzionali e genera entrate continue da più funzioni, ad esempio: apicoltura, legna, pellet, carbonella, piccoli frutti, funghi, agriturismo. Il parametro di valutazione di tali sistemi è noto come Ler, Land Equivalent Ratio = Rapporto di Equivalenza della Superficie Agricola. Studi condotti in Germania (1) indicano che 1 ettaro di terreno coltivato col metodo agroforestale rende le stesse quantità di prodotti agricoli e forestali di un appezzamento di 1,2-1,4 ettari (Foto 1).

 

Comparazione grafica fra le rese di singole colture e le stesse in un sistema agroforestale

Foto 1: Comparazione grafica fra le rese di singole colture e le stesse in un sistema agroforestale

(Fonte foto: Eisimsidele Isnino, traduzione e adattamento grafico dell'autore)

 

I benefici dell'agroforestazione sono molteplici, ma il loro calcolo è più complesso rispetto ai semplici modelli di analisi del ritorno d'investimento delle monocolture perché alcuni di tali benefici non sono direttamente monetizzabili.

 

Ecco alcuni esempi:

  • Miglioramento degli ecosistemi: stoccaggio del carbonio, prevenzione della deforestazione, conservazione della biodiversità, cattura dei nutrienti dilavati dalle piogge e controllo dell'erosione. Sarà monetizzabile quando ci saranno regole chiare per la carbonicoltura (I contributi Pac 2022 per la carbonicoltura e le analisi della Fao sulla mancanza di politiche incentivanti (2)).
  • Aumento di resilienza: i sistemi agroforestali sono in grado di resistere a eventi come inondazioni (maggiore permeabilità del terreno), siccità (gli alberi "pompano acqua" dagli strati profondi) e cambiamenti climatici (effetto ombreggiatura). Detti eventi non vengono mai considerati nei business plan convenzionali, ma quando accadono le perdite che si verificano nei sistemi agroforestali sono minori rispetto all'agricoltura convenzionale.
  • Multifunzionalità: le aziende agricole agroforestali possono diventare meno suscettibili alle variazioni dei prezzi delle colture principali poiché il legname ed i prodotti secondari generano una parte significativa del loro reddito.
  • Miglioramento complessivo della produttività: la combinazione di alberi, colture ed eventualmente anche bestiame, aumenta il tenore di carbonio organico nel suolo e dunque migliora lo stoccaggio dell'acqua (Digestato solido come ammendante: benefici rispetto al compost e al bokashi). La disponibilità dei nutrienti è maggiore nei sistemi agroforestali per due motivi: gli alberi portano verso la superficie i nutrienti dagli strati di terreno più profondi o, nel caso di alberi azotofissatori, mediante la conversione della lettiera fogliare in fertilizzante per le colture.
  • Controllo dei parassiti e miglioramento dell'impollinazione, quindi maggiore produttività degli alberi da frutta.

 

Le colture agricole convenzionali generano reddito nell'arco di una stagione. I progetti agroforestali invece richiedono un po' di tempo prima che gli alberi maturino e forniscano le funzioni e i benefici descritti sopra, e nel frattempo il reddito dei seminativi è leggermente più basso. Poiché gli alberi diventano redditizi in quanto producono valori netti attuali positivi nel tempo, il punto di pareggio per alcuni sistemi agroforestali può verificarsi solo dopo un certo numero di anni. Ciò implica un minore interesse ad investire nell'agroforestazione.

 

È noto che nei seminativi l'apporto biologico di azoto al terreno si può ottenere mediante l'avvicendamento di cereali e ortive con una lunga lista di piante leguminose: soia, fagiolo, lupino, cece, pisello, erba medica, trifoglio, arachide, eccetera. Nei filari forestali o da frutta non è possibile praticare l'avvicendamento perché i turni sono dell'ordine di anni o decenni. È però possibile intercalare arbusti e alberi azotofissatori come specie accompagnatorie di quelle principali, alla maniera delle siepi campestri.

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Solitamente, le funzioni di queste specie, oltre alla fissazione dell'azoto, si limitano alla produzione di legna da ardere, cippato, pellet o carbonella e in pochi casi sono anche mellifere o officinali. La lista delle forestali e arbustive azotofissatrici - cioè appartenenti alla famiglia delle Fabacee - presenti nel territorio nazionale è molto lunga, ma tante specie sono limitate ad un areale ristretto o non vengono coltivate. Con qualche eccezione autoctona, le Fabacee più frequenti in ambito agricolo vivaistico sono perlopiù specie introdotte a scopo ornamentale.

 

La seguente lista non ha la pretesa di essere esaustiva. Il suo scopo è fornire una guida orientativa sulle possibili specie accompagnatorie azotofissatrici perenni che si possono intercalare fra gli alberi da frutta o da alto fusto, con una indicazione di massima del loro scopo produttivo (mellifera, legna da ardere, piccoli frutti o altri usi officinali).

  • Robinia (Robinia pseudoacacia). È la specie più studiata. Produce molta biomassa ed è mellifera, ma può diventare invasiva se non ceduata regolarmente.
  • Cornetta  o Dondolino (Emerus majus), dati colturali e utilizzi. Questo arbusto raramente supera i 90 centimetri di altezza, per cui non ombreggia troppo le colture adiacenti e si abbina bene alle specie forestali di medio o alto fusto. Per contro, la produzione di biomassa è irrilevante e l'abbondante fioritura, pur essendo molto decorativa, non è mellifera. I semi, simili ai fagioli, sono commestibili e le foglie hanno qualche proprietà medicinale, ma non viene utilizzata in erboristeria (3). Un suo possibile scopo potrebbe essere l'utilizzo dei semi nell'alimentazione animale.
  • Mimosa (Acacia dealbata). Condivide molte delle caratteristiche della robinia, forse con minore potenziale mellifero. La vendita dei fiori potrebbe costituire un guadagno marginale accessorio. Questo albero ha una comprovata capacità allelopatica, per cui impedisce la crescita di piante vicine e può risultare invasivo se non ceduato regolarmente. In Portogallo è diventato un problema e si è riscontrato che il miglior modo di combatterlo è sfruttarlo per la produzione di legna da ardere e pellet. La produzione di legna si aggira attorno a 70 tonnellate/ettaro per turni di quindici, venti anni (4).
  • Acacia (Acacia saligna). Erroneamente chiamata "mimosa" per la somiglianza del fiore, resiste bene ad ambienti aridi e salini. Nell'areale mediterraneo può produrre da 1,5 a 10 m3/ettaro di legna da ardere, con turni di ceduazione compresi fra cinque e dieci anni (5). Può essere invasiva se con ceduata regolarmente.
  • Ontani (Alnus glutinosa, A. incana e A. cordata). Sono in grado di fissare l'azoto malgrado non appartengano alla famiglia delle Fabacee.
  • Goumi del Giappone, Olivagno umbellato, Eleagno ombrelliforme, Albero dei coralli (Elaeagnus umbellata). I frutti sono commestibili e ricchi di vitamina C, ma poco conosciuti nel mercato italiano, quindi si tratta di un prodotto di nicchia. Se non potata e contenuta è potenzialmente invasiva.
  • Olivagno, Olivo di Boemia (Elaeagnus angustifolia). Parente stretto del precedente, è stato introdotto come ornamentale nel Quindicesimo Secolo, diventato alloctona casuale. Ha alcuni utilizzi officinali e culinari, ma non è molto diffusa. Possibile utilizzo per consolidare terreni sabbiosi, oppure faunistico venatorio perché i suoi frutti sono apprezzati dalla selvaggina.
  • Maggiociondolo (Laburnum anagyroides). Il legno è molto duro e pesante, al punto che veniva chiamato "falso ebano" ed utilizzato per lavori al tornio. Semi, foglie, corteccia e legno sono molto velenosi.
  • Falso indaco (Amorpha fruticosa). Al pari della robinia, può diventare invasiva.
  • Gaggia arborea, Acacia di Costantinopoli, Albero di Seta (Albizia julibrissin Durazz.). Albero a rapida crescita, alto 10-12 metri, poco longevo (dieci, venti anni). Il suo legno è duro, usato sia come legna da ardere che per lavori di falegnameria. Fiori, foglie e corteccia hanno inoltre alcuni usi medicinali. I suoi semi contengono il 10,5% di olio (simile all'olio di girasole), utilizzabile sia a scopo alimentare che per produzione di biodiesel, creme solari o saponi. I semi contengono anche enzimi proteolitici che consentono di cagliare il latte senza conferire sapore amaro al formaggio. La produzione di biomassa fogliare, da utilizzare come foraggio, può raggiungere 10 tonnellate SS/ettro.anno con quattro tagli all'anno, e 37 tonnellate/ettaro di biomassa/ettaro.anno con potature annuali (6). Questa pianta avrebbe anche una buona capacità di immobilizzare il piombo ed il cromo in siti inquinati con fanghi (7).
  • Ginestra (Spartium junceum). Arbusto alto 0,5-2 metri, utilizzato un tempo per la produzione di filati simili a quelli della canapa e del lino. Può essere invasiva se non gestita correttamente. Pianta mellifera e di valore ornamentale/floristico, foglie e frutti sono tossici.
  • Albero di Giuda (Cercis siliquastrum). Piccolo alberello ornamentale (8-10 metri), mellifero, poco longevo (vive mediamente venti anni), dal legno duro e compatto.
  • Glicine tuberoso, trogno (Apios americana Medik.). Rampicante perenne alto fino ad 80 centimetri, produce tubercoli simili alle patate, fino a 3 chilogrammi/pianta. Malgrado i vantaggi sulla patata - è perenne, i suoi tubercoli contengono tre volte più proteine, i fiori hanno una certa capacità mellifera e fissa l'azoto - la sua coltivazione non è mai stata diffusa come quella della patata.
  • Carrubo (Ceratonia siliqua L.). Albero in genere piccolo perché a crescita lenta, ma può raggiungere i 15 metri in condizioni favorevoli e dimensioni monumentali nell'arco di secoli. È una pianta mellifera malgrado l'odore dei fiori sia poco gradevole. I suoi semi hanno svariate applicazioni nelle industrie alimentare, cosmetica e farmaceutica. L'Italia era uno dei principali Paesi produttori fino agli Anni Sessanta.
  • Spino di Giuda (Gleditsia triacanthos L.). Albero alloctono naturalizzato, alto fino a 25 metri, si può confondere con la robinia. Produce dei baccelli bruni contenenti semi commestibili, molto graditi alla fauna, atti per alimentazione di pollame. Legname duro, atto come combustibile.
  • Liquirizia comune (Glycyrrhiza glabra L.). Pianta perenne legnosa, rizomatosa, alta 40-100 centimetri, utilizzata in erboristeria e industria dolciaria.
  • Erba medica arborea (Medicago arborea L.). Arbusto perenne alto 1-4 metri, resistente al caldo e alla siccità, indicato per contenere l'erosione di suoli sabbiosi. Le foglie sono un ottimo foraggio.
  • Ononide spinosa, Bonaga, Arrestabue, Bulinaca (Ononis spinosa L.). Arbusto spinoso alto fino ad 80 centimetri, mellifero.
  • Glicine comune (Wisteria sinensis (Sims) DC.). Arbustiva rampicante legnosa, i suoi fusti possono raggiungere fino a 20 metri in altezza o sviluppo orizzontale a seconda del supporto. Mellifera, i fiori sono molto apprezzati in alta cucina.

 

Bibliografia

(1) Seserman DM, Veste M., Freese D, Swieter A, Langhof M; Benefits of Agroforestry System fora Land Equivalent Ratio - Case Studies in Brandenburg and Lower Saxony, Germany; 4th.European Agroforestry Conference-Agroforestry as Sustainable Land Use, (Euraf).

(2) Fao, Agroforestry Working paper n. 1.

(3) Arietti, N.; Flora medica ed erboristica del territorio bresciano, Supplemento ai Commentari dell'Ateneo di Brescia - per l'anno 1965.

(4) Nunes, Leonel J. R., Catarina I. R. Meireles, Carlos J. Pinto Gomes, and Nuno M. C. Almeida Ribeiro. 2022. "Acacia dealbata Link. Aboveground Biomass Assessment: Sustainability of Control and Eradication Actions to Reduce Rural Fires Risk" Fire 5, no. 1: 7.

(5) National Research Council 1980. Firewood Crops: Shrub and Tree Species for Energy Production. Washington, DC: The National Academies Press.

(6) I. Nehdi, Characteristics, chemical composition and utilisation of Albizia julibrissin seed oil, Industrial Crops and Products, Volume 33, Issue 1, 2011, Pages 30-34, ISSN 0926-6690.

(7) Prasann Kumar Albizia Julibrissin: Potential Phytomining Plant fora Hazardous Waste Sites, Sci. Revs. Chem. Commun.: 2(4), 2012, 606-609, ISSN 2277-2669.