Oggi sul mercato italiano per opere di ingegneria naturalistica, quali l'inerbimento, il consolidamento e il drenaggio di versanti, scarpate e sponde, si trovano solo miscele di sementi alloctone, quasi mai coltivate in Italia e senza un patrimonio genetico legato al territorio.

 

Esiste però un'alternativa locale ed ecofriendly: il fiorume, un miscuglio di semi di elevato pregio naturalistico prodotto dai prati naturali, il cui utilizzo assicura ai nuovi prati ottime capacità di adattamentoresistenza agli stress e contenimento delle specie invasive.

 

Fiorume appena raccolto da un prato donatore ad alta biodiversità

Fiorume appena raccolto da un prato donatore ad alta biodiversità
(Fonte foto: Andrea Ferrario, naturalista presso Studio F.A. Natura)

 

La filiera delle sementi autoctone in Italia è tuttora in via di sviluppo: sono ancora poche le realtà attive nel settore e i macchinari impiegabili sono tutti d'importazione. Solo a fronte di un recente aumento di interesse, in Lombardia e Pimonte, sono nati i primi progetti con l'obiettivo di avviare filiere locali di fiorume e sviluppare sistemi di raccolta "made in Italy".

 

Abbiamo parlato di queste esperienze e dei possibili sviluppi del settore con Andrea Ferrario, naturalista presso Studio F.A. Natura, e Ivan Vaghi, ingegnere e progettista meccanico presso Vaghi Engineering, entrambi coinvolti in progetti di filiera.

 

Fiorume, un'opportunità per gli agricoltori

La raccolta del fiorume può essere integrata - generando anche reddito aggiuntivo - al pascolo o alla fienagione in tutte le tipologie di prati stabili, meglio se legati a contesti in cui questi vengono utilizzati per la produzione destinata ad allevamenti minori, ad esempio per vacche in asciutta, equini e ovini. Questo, spiega Ferrario, "perché l'integrazione comporta un ritardo nei tempi di sfalcio di circa venti giorni, utili ad attendere la maturazione dei semi, e una riduzione della qualità del prodotto raccolto che lo rende meno appetibile per l'alimentazione di qualità dei bovini" sottolinea Ferrario, che aggiunge "l'impatto maggiore è dato dall'allettamento del foraggio in seguito al passaggio di mezzi di raccolta del fiorume, che può comportare riduzioni nelle rese della fienagione fino al 30%, tuttavia con falciatrici rotanti si riescono a minimizzare tali perdite".

 

La raccolta del fiorume, però, può essere fatta in aree marginali o poco produttive, valorizzandole. È in fase di studio la possibilità di operare in frutteti, oliveti o vigneti integrando la raccolta all'interno di altre filiere produttive.

 

Una filiera "corta"

La filiera produttiva parte con la selezione dei prati donatori. Le informazioni botanico floristiche, la ricchezza di specie autoctone nel prato e la fascia altimetrica sono utilizzate per valutare il prezzo del fiorume, che può variare tra 15 e 35 euro per chilogrammo.

 

"Il riconoscimento del prezzo del fiorume è sempre stato un problema in Italia. All'inizio, solo la provincia di Trento riconosceva il fiorume come materiale per inerbimenti e, solo nel 2019, la Lombardia lo ha inserito nel prezzario forestale" racconta Ferrario.

 

La filiera del fiorume si attiva solo in seguito a una specifica richiesta

La filiera del fiorume si attiva solo in seguito a una specifica richiesta
(Fonte foto: Alessandra Luzzaro, Università degli Studi dell'Insubria)

(Clicca sull’immagine per ingrandirla)

 

Nei prati sono individuate le specie guida, utilizzate per definire le tempistiche di raccolta. "In media da 1 ettaro si ottengono circa 60 chilogrammi di fiorume, con elevate oscillazioni tra 15 e 130 chilogrammi in base al tipo di prato (irriguo, magro o concimato, montano o di pianura)" spiega Ferrario.

Conclusa la raccolta, è necessario essiccare e confezionare il fiorume la cui germinabilità si conserva per un minimo di tre anni.

 

Raccolta meccanizzata 

La raccolta può essere realizzata con tre tipi di macchine che interagiscono, per contatto o indirettamente, con l'apice degli steli. Il tipo di macchina e l'abilità dell'operatore nel regolarla possono avere importanti effetti su qualità e rese.

 

Il primo tipo è quello delle macchine "a spalla" destinate alla raccolta in aree impervie, dove sono presenti specie di pregio. Queste macchine a flagelli raccolgono i semi con rese molto basse.

 

Un altro tipo sono gli aspiratori: qui i semi vengono movimentati da un flusso d'aria, tuttavia l'interazione debole generata implica un'efficienza ridotta.

 

L'ultimo tipo - nonché il più utilizzato - è quello dalle spazzolatrici, macchine trainate dotate di una spazzola rotante che interagisce fisicamente con le piante. "La spazzola può essere regolata in altezza in funzione della vegetazione e si adatta ad ogni tipo di terreno" spiega Vaghi.

Questa, inoltre, crea un flusso d'aria che aspira anche i semi minuti, assicurando un'elevata ricchezza in specie nel prodotto.

 

Le caratteristiche costruttive permettono alla macchina spazzolatrice di operare con elevate efficienze di raccolta

Le caratteristiche costruttive permettono alla macchina spazzolatrice

di operare con elevate efficienze di raccolta

(Fonte Foto: Nsw, l'Ente governativo del New South Wales, Australia)

 

L'esperienza italiana

"La prima macchina utilizzata, nei progetti da noi seguiti, è stata acquistata in Gran Bretagna, dove è impiegata in vegetazioni arbustive e nelle brughiere" racconta Ferrario, ma - come aggiunge Vaghi - "durante l'uso abbiamo riscontrato alcune criticità, come il metodo di scarico. Il modello britannico non è studiato per scaricare facilmente e, di conseguenza, lo scarico ha avuto un forte impatto sui tempi totali di lavoro".

 

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Lo scarico della macchina britannica prevede il ribaltamento del fiorume in sacchi
(Fonte foto: A. Ferrario)

 

Per i progetti successivi è stato impiegato un modello canadese. "Questa macchina rispecchia maggiormente le nostre esigenze - spiega Ferrario - ma vi sono aspetti migliorabili, come l'aggancio alla trattrice. Infatti, è stato necessario modificare il telaio - pensato per essere trainato con un quad - in modo da poterlo agganciare ad un trattore di piccole dimensioni".

 

"Inoltre, le macchine estere non sono predisposte per un sollevamento efficiente" aggiunge Vaghi, che sottolinea l'importanza per le macchine di essere facilmente sollevabili per poter essere caricate su carri o camion. "La frammentazione degli appezzamenti italiani fa della trasportabilità un aspetto fondamentale", aggiunge l'esperto.

 

La macchina canadese permette il controllo di altezza e velocità della spazzola

La macchina canadese permette il controllo di altezza e velocità della spazzola
(Fonte foto: Andrea Ferrario)

 

Il prototipo "made in Italy"

Il primo prototipo italiano, progettato e realizzato in Lombardia grazie al Feasr, nasce dalle richieste delle aziende, che in precedenza avevano utilizzato i modelli importati e che ne conoscevano pregi e difetti.

"Alla luce di quanto sperimentato e delle richieste, abbiamo deciso di sviluppare una macchina ispirandoci al modello canadese, ma offrendo un elevato grado di personalizzazione, in particolare per quanto riguarda il motore, le dimensioni, il sistema di aggancio e i materiali" spiega Vaghi.

 

Il prototipo al lavoro, il fiorume viene raccolto in un cassone posteriore con fondo apribile

Il prototipo al lavoro, il fiorume viene raccolto in un cassone posteriore con fondo apribile
(Fonte foto: Andrea Ferrario)

 

Per meglio adattarsi alla realtà italiana, dove la diffusione e l'impiego di trattori specializzati è molto elevata, il prototipo può essere, a differenza dei modelli esteri, trainato facilmente da un trattore di bassa potenza: sono sufficienti 30 cavalli.

 

Il prototipo di spazzolatrice può essere trainato da un trattore specializzato

Il prototipo di spazzolatrice può essere trainato da un trattore specializzato
(Fonte foto: Andrea Ferrario)

 

La larghezza massima raggiungibile è di circa 3 metri, dimensioni superiori si tradurrebbero in macchine troppo pesanti da trasportare e utilizzare. Grazie alla modularità del prototipo è possibile ridurre le larghezze di lavoro fino a 70-80 centimetri.

 

L'altezza di lavoro è regolabile da 10-15 centimetri fino a un massimo di 1 metro e mezzo. "Non abbiamo mai operato con queste altezze, ma alla macchina è richiesto di arrivarci comunque per facilitarne lo scarico" commenta Vaghi.

 

Vista anteriore della spazzolatrice durante la fase di raccolta

Vista anteriore della spazzolatrice durante la fase di raccolta
(Fonte foto: Andrea Ferrario)

 

La struttura rigida, ma al contempo leggera, rende il prototipo facilmente sollevabile e trasportabile. Il fiorume viene raccolto in un cassone posteriore con fondo apribile. "Ci si è orientati verso la possibilità di fare macchine dove la flessibilità e la facilità d'uso in campo fossero la chiave. L'obiettivo è di ridurre i tempi morti e rendere le fasi attive preponderanti" spiega Vaghi.

 

Preparazione della macchina al caricamento e trasporto

Preparazione della macchina al caricamento e trasporto
(Fonte foto: Andrea Ferrario)

 

Uno sguardo al futuro

"Un possibile sviluppo - illustra Vaghi - è la possibilità di abbinare posteriormente una barra falciante per la fienagione". Questo permetterebbe di raccogliere il fiorume e sfalciare in un unico passaggio abbattendo così i costi operativi. "Tuttavia, - come spiega Ferrario - occorre trovare delle zone che siano predisposte all'attività e favorire un cambio di mentalità da parte degli agricoltori", generalmente poco interessati alla produzione di fiorume perché non ne conoscono a fondo i benefici.

 

Anche le nuove tecnologie offrono possibilità di innovazione: l'utilizzo di sistemi Gps per mappare le caratteristiche dei terreni, se abbinata all'uso di una barra falciante, ottimizza le rese riducendo il numero di passaggi, il calpestìo e i tempi di lavoro.

 

Un settore in espansione

Solo recentemente, a fronte di una maggior presa di coscienza dei benefici dell'impiego del fiorume e di una maggior sensibilizzazione su tematiche di sostenibilità e impatto ambientale, si è sviluppata sul mercato una richiesta dal basso di fiorume per opere pubbliche e private, e - come spiega Ferrario - "la produzione attuale non riesce a sopperire a questa domanda"

"Se in Europa esiste un modello di business mirato (ad esempio in Germania e Austria), in Italia ci troviamo in una fase primordiale, manca ancora la parte di puro business dove l'agricoltore vede una possibilità di ritorno economico" spiega Vaghi.

 

La realtà italiana favorisce la creazione di piccoli consorzi dove macchine, consulenze e conoscenze possono essere condivise e dove il consorzio si interfaccia da un lato con gli operatori e dall'altro con enti e mercato.

 

"Acquistare macchine dall'estero è sicuramente più immediato, ma abbiamo un fortissimo impatto di tasse costi di trasporto" racconta Ferrario, che aggiunge, "in Italia i fondi di innovazione, come i Psr, permettono di lavorare su prototipi e di ottenere prodotti validi per il mercato".

L'obiettivo da raggiungere è offrire non solo macchine "stand alone", ma - come spiega Vaghi - "un servizio a 360 gradi di pre e post vendita, mirato a ottimizzare i macchinari per le esigenze dei clienti".

 

"Il fiorume in quanto settore di nicchia, non credo avrà sviluppi di massa specialmente in Italia, però la ritengo un'attività intelligente e fondamentale per preservare la flora autoctona" conclude Vaghi.

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