Il mercato dei droni agricoli è appena agli albori, ma è già cambiato molto da quando i primi velivoli senza pilota sono stati utilizzati per monitorare i campi. Se inizialmente infatti gli Uav richiedevano complicati settaggi prima di prendere il volo e le immagini che scattavano dovevano essere messe insieme (la mosaicatura) per assumere significato, oggi i droni fanno tutto da soli.

Il cambio di paradigma è notevole. Se prima bisognava avere buone conoscenze di volo e di fotogrammetria, oggi bastano pochi passi per far alzare in volo un drone e fargli monitorare un campo. Il risultato ottenuto è tipicamente una mappa di vigore, in cui saranno evidenziate le aree in stress. Mentre per la realizzazione di mappe di prescrizione è richiesta ancora una certa competenza da parte dell'operatore.
 

Droni agricoli, Dji e Parrot in prima linea

Naturalmente a offrire le soluzioni più interessanti in questo ambito sono i due colossi del settore: Dji e Parrot. La multinazionale cinese offre principalmente due soluzioni: P4 Multispectral e Agras MG-1/T16. Il primo è il 'vecchio' drone della Dji, il Phantom 4, dotato di una camera multispettrale in grado cioè di raccogliere le diverse lunghezze d'onda della luce.

Un drone 'chiavi in mano' per l'appunto, che sorvolando il campo raccoglie dati che poi vengono elaborati direttamente dal software di Dji per fornire all'agricoltore le mappe. E per i più esigenti è disponibile anche una antenna Rtk per eseguire sorvoli con precisione centimetrica.


Agras MG-1 e Agras T16 sono invece due droni non presenti sul mercato italiano poiché adibiti all'irrorazione delle colture. Pratica che in Italia viene considerata illegale dal vecchio e dal nuovo Pan. Una tecnica che tuttavia in Cina, ma soprattutto in Giappone, è praticata ormai da anni.


Anche la francese Parrot si è buttata nel settore con due soluzioni estremamente interessanti. Ha infatti lanciato Bluegrass e Ag 360 SenseFly. Il primo è un quadricottero che monta una camera multispettrale Sequoia e grazie al software di volo integrato è in grado di mappare i campi in maniera autonoma, inviando le immagini in tempo reale sul tablet dell'agricoltore oppure scaricandole sul pc per analisi e utilizzi ulteriori.


Ag 360 SenseFly è invece un drone ad ala fissa utile per chi deve monitorare grandi estensioni in poco tempo. Il drone può infatti mappare 200 ettari a volo realizzando mappe di vigore che tuttavia sono meno precise di quelle prodotte da Bluegrass. Se dunque il primo è utile per colture di valore elevato, il secondo è ideale per campi di mais o frumento.


La carica delle startup

Ma nel settore sono molte anche le startup o le piccole aziende che stanno cercando di ritagliarsi uno spazio. Un esempio è la statunitense PrecisionHawk, che si propone come una vera e propria società di consulenza per le grandi aziende agricole mettendo assieme il meglio delle tecnologie offerte dal mercato con il know-how sviluppato internamente. Dal monitoraggio degli animali in Australia alle vigne in California fino al mais in Ucraina, questa azienda offre supporto ad ogni farmer.

American Robotics, con sede a Boston, ha portato all'estremo il concetto di 'chiavi in mano'. Ha infatti messo a punto un drone che prende il volo ad orari prestabiliti, mappa i campi, scarica le immagini e si ricarica in maniera completamente autonoma.


Oltre a sviluppare le camere multispettrali (montate anche da Dji), la statunitense Sentera ha messo a punto anche dei droni facili da utilizzare per il monitoraggio dei campi. Un'altra azienda, sempre Usa, che si è ritagliata con successo uno spazio nel settore è AgEagle, che ha raggiunto anche l'obiettivo di quotarsi alla borsa di New York.

Ci sono poi realtà emergenti come Aerobotics, una startup sudafricana che fornisce agli agricoltori soluzioni di difesa delle colture arboree e dei vigneti attraverso l'intelligenza artificiale. Oppure Skycision, anche questa attiva nel monitoraggio dei campi.

D'altronde quello dei droni dedicati all'agricoltura è un mercato emergente destinato a valere svariati miliardi di dollari a livello globale. Ad oggi infatti il settore cuba circa 1,2 miliardi di dollari, ma è previsto che crescerà fino a 2 miliardi il prossimo anno e che raggiungerà la cifra record di 5 miliardi nel 2024.

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