"Con l'applicazione in campo dei principi dell'agricoltura di precisione abbiamo avuto un aumento della produzione di frumento del 5-6% e una riduzione dei costi legati agli input produttivi del 7-12%". Non ha dubbi Eros Gualandi della cooperativa agricola Il Raccolto, il precision farming è la via obbligata per chi vuole aumentare i margini di redditività. Con i prezzi riconosciuti oggi ai cerealicoltori bisogna ridurre i costi, aumentare le produzioni e soprattutto puntare sulla qualità.

Ma da dove incominciare? Gualandi individua tre stadi di approccio all'agricoltura di precisione: il miglioramento delle collimazioni, l'automazione della variabilizzazione e la tracciabilità.

Step uno: miglioramento delle collimazioni
Seminare due volte lo stessa area è controproducente. Così come fertilizzare, diserbare o trattare con gli agrofarmaci. Attraverso l'uso di trattori con guida automatica e ad attrezzature a rateo variabile è possibile eliminare questo inconveniente. Il trattore a guida Gps è infatti in grado di muoversi autonomamente all'interno del campo evitando le sovrapposizioni con una precisione centimetrica.

Ma come fare quando la forma del campo è irregolare? "Abbiamo una irroratrice dotata di valvole a livello dei singoli ugelli", spiega Gualandi. "Se la barra passa anche solo parzialmente su una zona già trattata il computer di bordo è in grado di chiudere l'erogazione da uno o più ugelli per evitare i trattamenti doppi".

Lo stesso vale anche per la fertilizzazione e la semina. Lo spandiconcime e la seminatrice a rateo variabile sono in grado di depositare sul terreno fertilizzante e seme in maniera variabile, allargando o riducendo la portata a seconda delle informazioni fornite dal trattore.


Con questi accorgimenti si ha una diminuzione dei costi produttivi, in quanto si eliminano gli sprechi e si riduce il tempo che si passa sul mezzo. Ma si ha anche una produzione più alta e di migliore qualità poiché si ha una distribuzione più omogenea del seme e non si trattano due volte le stesse piante con agrofarmaci o erbicidi.

Step due: automazione della variabilizzazione
Il secondo livello riguarda invece la modulazione degli interventi in campo sulle reali esigenze della pianta. Il terreno di un campo non è infatti omogeneo ma la sua tessitura, così come la componente organica, varia di zona in zona. Ci sono così aree più o meno fertili. E' possibile conoscere la fertilità del suolo indirettamente attraverso il monitoraggio delle produzioni.
Esistono sul mercato mietitrebbie in grado di pesare la granella raccolta, metro dopo metro. I dati vengono registrati e riportati su una mappa, detta di produzione, che indica dove il campo produce di più e dove invece meno.

"Dal 2001 misuriamo le produzioni dei nostri campi e siamo dunque in grado di concimare il terreno in maniera variabile", spiega Gualandi. "Creiamo delle mappe di prescrizione, basandoci su quelle di produzione, che caricate sul trattore indicano allo spandiconcime quanto fertilizzante depositare sul terreno metro dopo metro".


In questo modo si evita di dare troppo concime ad aree che non necessitano di aiuto e di trascurare quelle zone che invece non sono in grado di sostenere la crescita del frumento in maniera adeguata.

La variabilità del campo non può però essere approcciata solamente in maniera storico-statistica. Ogni annata è differente e bisogna monitorare attentamente la coltura per poter ottenere il massimo.
Sul mercato ci sono vari strumenti per misurare il vigore vegetale del frumento. Si stanno utilizzando delle speciali telecamere che montate su droni, ultraleggeri o sui satelliti monitorano i campi indicando le zone in cui le piante stanno meglio e quelle dove invece sono sotto stress.

"Noi preferiamo avere un approccio diretto. I nostri trattori montano in testa una telecamera multispettrale che monitora il vigore del cereale mentre procede nel campo. Le informazioni vengono elaborate e trasmesse in tempo reale allo spandiconcime a rimorchio che dosa il fertilizzante sulle reali necessità della pianta".

Nella cooperativa Il Raccolto dunque i fertilizzanti vengono dati per metà basandosi sulle rese storiche e per metà sulle esigenze della pianta. L'obiettivo è quello di ridurre gli sprechi e al contempo tagliare l'intervento sulle reali esigenze del frumento. Il risultato? Minori costi e una produzione del campo più omogenea.

"Tagliare la fertilizzazione sulle reali esigenze della pianta permette di avere una qualità migliore della granella", spiega ad AgroNotizie Raffaele Casa, professore del dipartimento di Scienze agrarie e forestali dell'Università della Tuscia.
"Ma non è detto che la regola sia sempre di fornire più azoto alle aree di minor vigore, può anche essere il contrario. Tutto dipende dallo stadio fenologico della pianta e dagli obiettivi dell'agricoltore".

Per chi volesse approfondire quanto detto fino ad ora, su AgroNotizie abbiamo già parlato delle tecniche di agricoltura di precisione in diversi articoli (vite, riso). In particolare le informazioni contenute in quello dedicato al mais sono valide anche per il frumento. Ci sono però alcune importanti differenze.

Prima di tutto per quanto riguarda la semina. Se in maiscoltura la precisione con cui il seme viene collocato nel terreno è fondamentale, nel caso del frumento è trascurabile. Il grano è infatti una pianta che accestisce ed è in grado di coprire il suolo meglio di quanto non faccia il mais. Inoltre il frumento è una coltura che non ha bisogno di irrigazione, a differenza della maiscoltura, dove un apporto idrico adeguato è fondamentale per avere produzioni di qualità.

Nel frumento bisogna però prestare molta attenzione alla qualità e soprattutto alla sanità della granella. Negli ultimi anni infatti, complici i cambiamenti climatici, la presenza di micotossine nelle derrate è diventata un elemento di preoccupazione per gli agricoltori e i trasformatori. La qualità e la tracciabilità diventano dunque fondamentali.

Step tre: tracciabilità delle produzioni
Le moderne mietitrebbie permettono di misurare la qualità della granella al momento della trebbiatura e di geolocalizzare il dato. In questo modo si può garantire anche la tracciabilità del prodotto. Queste sono informazioni che poi, sul mercato, si traducono in un plus di prezzo, soprattutto quando le derrate vengono vendute a soggetti della filiera agroalimentare che fanno della qualità il loro punto di forza.

Se le tecnologie viste fino ad ora garantiscono una qualità tecnologica della granella ottimale, come ci si può assicurare anche una produzione sana? "Le spighe colpite dalla fusariosi hanno una temperatura maggiore rispetto a quelle libere dal fungo", spiega ad AgroNotizie Carlo Bisaglia, ricercatore del Crea.
"E' dunque possibile utilizzare una telecamera ad infrarossi, magari montata su un drone, per misurare le differenze di temperatura del campo e individuare le zone in cui il fusarium sta attaccando le piante. In questo modo è possibile intervenire prontamente con gli agrofarmaci e in maniera mirata solo alle zone colpite".


Anche nell'approccio al diserbo i droni possono andare in soccorso dell'agricoltore. "Esistono degli algoritmi che elaborano le immagini dei campi scattate dall'alto per identificare le zone ad alta densità di infestanti", racconta ad AgroNotizie Roberto Oberti, professore all'Università statale di Milano. "In questo modo è possibile andare a trattare solo quelle aree del campo risparmiando un trattamento inutile al resto della coltura".

Ma un aiuto può arrivare anche dai satelliti. "Noi utilizziamo le mappe di vigore generate dalle foto scattate dai satelliti per individuare le aree di campo sotto stress", spiega ad AgroNotizie Simone Sebastiano dell'azienda agricola Maccarese.
"A questo punto è possibile fare un sopralluogo per constatare di persona lo stato della coltura. Attraverso una applicazione segno su una mappa le zone interessate specificando il tipo di attacco: fungino, parassitario, di infestanti e così via. In questo modo poi si può intervenire in maniera mirata".

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