Un terremoto dalla forza devastante minaccia un distretto produttivo davvero tutto italiano che rischia il salto nel vuoto

Stiamo parlando della normativa europea sulle emissioni dei gas inquinanti in atmosfera che minaccia il comparto dei trattori specializzati. La fase IV di adeguamento dei motori è infatti imminente, seguita a stretto giro dalla successiva fase V.

Uno studio affidato dalla Commissione Europea alla società inglese indipendente Trl aveva stabilito la fattibilità dell'adeguamento alla fase IV degli "stretti", pena la perdita in taluni casi di alcune funzionalità.
Durante l'ultimo incontro indetto per la stampa di settore da FederUnacoma in seno al Sima 2015, Massimo Goldoni, presidente della Federazione nazionale costruttori macchine per l'agricoltura, aveva chiaramente espresso netta opposizione alle conclusioni tratte dallo studio stesso - qui gli articoli di approfondimento: 22 gennaio 2015 - 16 febbraio 2015 - 27 febbraio 2015.

"Stiamo creando un fronte politico comune che si mobiliti compatto, cui far seguire azioni concrete per ottenere dall'Europa una proroga della fase IV al 2020 e al 2023 per la successiva fase V" era stata la chiosa del presidente Goldoni.

Al via la battaglia di difesa dei trattori stretti
E' di martedì 7 aprile il comunicato diramato da FederUnacoma che facendo seguito alla promessa di dare battaglia a quanti si stanno impegnando per portare alla rovina un intero comparto produttivo nazionale, da voce all'allarme che importanti aziende e distretti produttivi italiani stanno vivendo in questi mesi.

"Per l’industria italiana dei trattori la ripresa economica rischia di bloccarsi sul nascere - si legge nel comunicato che annuncia le iniziative in sede comunitaria per ottenere una deroga da parte di Assotrattoril’Associazione che in seno a FederUnacoma - Confindustria, rappresenta le aziende produttrici tra cui Agritalia, Antonio Carraro, Gruppo Bcs, Goldoni, Landini, McCormick, per citarne alcuni.
Costi insostenibili e benefici ambientali nulli sono alla base di un provvedimento che minaccia l’occupazione, la tenuta stessa delle nostre imprese e rischia di mettere fuori mercato un comparto della meccanica che costituisce da sempre una delle eccellenze del made in Italy". 

Se, infatti, la norma può funzionare per i volumi che caratterizzano l'automotive, calata su un mercato estremamente peculiare quale quello dei trattori specializzati per i vigneti e i frutteti, può essere devastante.

Il giro di affari del comparto di trattori interessato dalla normativa supera i 2 miliardi di euro, pari a un quarto del volume complessivo generato dalla meccanica agricola e occupa, compreso l'indotto, circa 10 mila addetti sugli oltre 100 mila dell'intero settore.

"Per applicare i nuovi dispositivi, che la Fase IV della normativa prevede debbano essere messi in commercio dal 1 ottobre 2017, i trattori debbono essere riprogettati dal punto di vista motoristico e modificati nelle carrozzerie e nelle dimensioni, risultando penalizzati in quanto a manovrabilità e operatività - spiega Assotrattori.
Il costo per la trasformazione delle macchine non può infatti essere ammortizzato dal mercato relativamente piccolo dei trattori stretti - in totale 20 mila macchine l’anno commercializzate in Europa - che non consente economie di scala.
Il solo costo dei dispositivi post trattamento dei gas di scarico comporta un aumento consistente del prezzo finale delle macchine, rendendole inaccessibili per gli acquirenti e condannandole a rimanere invendute
".

Il "costo" del know how
L'applicazione della normativa senza le adeguate correzioni, secondo la previsione portata dal FederUnacoma - Assotrattori, produrrebbe danni irreparabili in termini economici e occupazionali per i distretti industriali vocati alla produzione di trattori ma anche attrezzature agricole abbinate e componentistica di settore caratterizzati da estrema specializzazione.

"Le fabbriche localizzate nei distretti quali Milano, Padova, Reggio Emilia, Modena che hanno molto investito in ricerca per affermare la propria leadership a livello internazionale - spiega il comunicato -, sarebbero messe in grave crisi da una normativa che si presenta inappropriata per la meccanica agricola".

Avanti tutta in sede europea
Una prima proroga, concessa dalla Commissione nel 2011 che aveva tra le altre disposizioni rinviato di tre anni tutte le scadenze per l’adeguamento alle fasi IIIB e IV per i trattori T2, C2 e T4.2, ovvero gli “stretti”, conferendo inoltre mandato alla Commissione per studiare la fattibilità della fase IV - studio di cui oggi conosciamo bene l'esito - ha di fatto permesso, come chiarito da Assotrattori, di adeguare le macchine all’attuale fase IIIB.

"Una nuova deroga darebbe oggi maggiore prospettiva a un settore continuamente costretto a inseguire adeguamenti normativi e che, entro il 2020, sarà chiamato ad adempiere all'ulteriore “step” imposto dalla Fase V. 
Il giro di vite che queste normative sempre più vincolanti stanno dando al comparto dei trattori e di quelli “stretti” in particolare, produce un paradosso. Danneggia le imprese e nello stesso tempo, rendendo i trattori meno efficienti e più costosi, rallenta qualsiasi processo di rinnovo del parco macchine annullando qualsiasi possibilità di miglioramento in termini ambientali", chiarisce Assotrattori. 

Anche il Cema alza la voce
Non si esime da prendere una posizione anche il Cema, che in rappresentanza dei costruttori europei ha già a più riprese ribadito l'importanza fondamentale dell'ottenimento di una proroga al 2020 dell'applicazione della fase IV agli stretti.

Inoltre, in riferimento alla Direttiva 97/68/CE , il Cema sta portando avanti la richiesta anche per la fase V del così detto "like-for-like replacement engine". Ovvero, la possibilità di sostituire il motore presente con uno di nuova fattura che soddisfi le stesse caratteristiche in termini di emissioni di quello precedente, il tutto, laddove sussistano significative difficoltà tecniche all'applicazione di un motore di fase V.

Ciò in virtù del fatto che l'acquisto di veicoli non stradali rappresenta spesso un investimento a lungo termine, coinvolge capitali ingenti e risulta tecnicamente impossibile sostituire un motore precedente con uno nuovo di fase V.

"Pur trattandosi di una opportunità legata a un numero limitato di macchine - spiega il Cema - rappresenta comunque una importante chance per i costruttori agricoli e per i loro clienti".

Una risposta della Commissione, unitamente a quella legata alla richiesta di prorogare il periodo di transizione della fase V di altri sei mesi, dovrebbe giungere prima dell'estate.