I prossimi saranno gli anni delle Comunità Energetiche: ne siamo sicuri.

 

Secondo uno studio del Politecnico di Milano, le Comunità Energetiche (Ce) in Italia nel giro di 5 anni saranno 40mila, coinvolgendo oltre un milione di famiglie e 10mila imprese: noi in realtà speriamo che il successo sia ancora maggiore. Se veramente vogliamo la transizione ecologica, se veramente vogliamo puntare a una maggiore sovranità energetica, le Comunità Energetiche sono un passo fondamentale - e l'agricoltura qui potrà svolgere un ruolo chiave.

 

Il Pnrr ha in pancia un paio di miliardi di euro per favorire la autoproduzione e l'autoconsumo collettivo: facendo i conti della serva l'investimento consentirebbe di produrre 2.500 Gigawatt/h annui.

 

All'enorme beneficio ecologico si sommerebbe anche quello economico e, non ultimo, quello sociale.

Ci spieghiamo meglio: l'associato a una Ce è allo stesso tempo consumatore e produttore (la crasi è prosumer). Il socio può essere una persona fisica, una Pmi o un ente territoriale (un Comune o un ente del terzo settore o religioso, per esempio). L'obiettivo è l'autoconsumo nella comunità, non diretto al profitto ma al beneficio economico, sociale e ambientale di tutti.

 

Ecco che allora che la rete elettrica non diventa più unidirezionale (dal produttore al consumatore) ma bidirezionale e lo "scambio" di energia (computato con i così detti "smart meters") diventa un elemento fondamentale. Alla base delle Ce vi è una decisione a livello europeo (la direttiva 2018/2001, la cosiddetta Red II). In Italia la regolamentazione del soggetto giuridico Ce sta per ora seguendo uno schema transitorio in attesa dei provvedimenti che l'Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (Arera) dovrà adottare per attuare il Decreto di Recepimento della Red II (D.L. 199/2021). Con il nuovo provvedimento i punti di connessione saranno le cabine elettriche primarie, cabine che alimentano, ognuna, decine di migliaia di utenti e che, soprattutto nelle aree rurali, possono comprendere anche diversi Comuni.

 

Si preparino allora i produttori agricoli interessati: un futuro da prosumer li aspetta.