Il digital farming si è guadagnato uno spazio privilegiato durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2022, l'evento che ogni anno raccoglie a Londra e a San Francisco startup, big corp, ricercatori, investitori e policy makers. Gli strumenti digitali sono infatti in grado di contribuire a risolvere le sfide che deve affrontare l'umanità: produrre più cibo usando meno risorse, fronteggiando al contempo i cambiamenti climatici.

 

Le grandi aziende dell'agribusiness, da Bayer a BASF, da Corteva a Syngenta, stanno dunque investendo per affiancare alla vendita dei propri prodotti (sementi e agrofarmaci), anche servizi digitali. L'idea condivisa è che in futuro il prodotto fisico e quello digitale andranno di pari passo e permetteranno all'agricoltore di ottimizzare la produzione, generando una impronta ambientale sempre minore.

 

Durante il World Agri-Tech Innovation Summit, di cui AgroNotizie è mediapartner, abbiamo avuto modo di incontrare la leadership globale delle principali aziende dell'agribusiness per fare il punto della situazione. Ogni Gruppo ha infatti sviluppato una propria offerta digital: Bayer con Climate FieldView, BASF con Xarvio, Corteva con Granular Link e Syngenta con Cropwise.

 

Genetica e digitale, accoppiata vincente

Jeremy Williams, head of Climate LLC and Digital Farming di Bayer, ci ha fornito un esempio interessante di questo nuovo paradigma. Smart Corn System è un nuovo approccio alla coltivazione del mais che prevede da parte dell'azienda non solo la fornitura di sementi di nuova generazione, ma anche di agrofarmaci e di assistenza digitale.

 

La ricerca Bayer ha infatti messo a punto una nuova tipologia di ibrido di mais, cosiddetto "a taglia bassa". Piante di statura limitata che sono molto più efficienti a livello produttivo e che al contempo sono meno soggette all'allettamento. Una piccola rivoluzione che viene supportata da agrofarmaci e strumenti digitali dedicati, forniti dalla piattaforma Climate FieldView. L'agricoltore sarà così assistito nella definizione della corretta densità di semina oppure nella scelta dell'ibrido più adatto alle condizioni di campo.

 

Anche Corteva ha sviluppato una propria soluzione digitale pensata per supportare gli agricoltori. Come ci ha spiegato Flavio Cozzoli, Emea Digital Ag leader di Corteva, il prossimo anno anche in Italia dovrebbe arrivare Granular Link, una piattaforma di digital farming sviluppata per il mercato europeo. Una soluzione che offrirà una suite di servizi, parzialmente o totalmente gratuiti, per quegli agricoltori che si affideranno ai prodotti Corteva.

 

L'agricoltore che acquista le sementi Pioneer potrà ad esempio avere accesso a mappe di monitoraggio della coltura per individuare stress di varia natura. Ma potrà anche tenere sotto controllo l'evapotraspirazione e creare mappe per l'applicazione a rateo variabile degli input produttivi. L'idea è quella di assistere l'agricoltore dalla semina fino alla raccolta.

 

Open innovation, nessuno può fare tutto da solo

Quello che accomuna tutte le aziende dell'agribusiness è l'approccio di open innovation. In altre parole le applicazioni non sono (solo) sviluppate internamente, ma fanno tesoro di collaborazioni esterne con startup e aziende. Nonché di acquisizioni, come quella recente che ha visto BASF rilevare Hort@, uno dei principali player in Italia per quanto riguarda lo sviluppo di Dss, Decision Support Systems.

 

La filosofia di open innovation è ben rappresentata da AgroStart, una piattaforma nata in Brasile nel 2016 che ha come obiettivo quello di facilitare la collaborazione tra BASF e le startup. Come ci ha spiegato Tom Rausch, Global lead di AgroStart, nel 2023 probabilmente questa piattaforma arriverà anche in Italia.

 

In questa ottica di collaborazione BASF offre alle startup mentorship, fondi, accesso al mercato e dataset utili allo sviluppo di prodotti e servizi. Alle startup viene richiesto solo di essere coinvolte al 100%. L'obiettivo è quello di creare alleanze win win per accelerare l'innovazione e sviluppare nuove soluzioni che poi lavoreranno in sinergia con la piattaforma Xarvio.

 

L'open innovation è una nuova cultura aziendale che parte dal presupposto che le grandi aziende strutturate spesso mancano della dinamicità e velocità tipiche delle startup, che per loro natura sono realtà altamente innovative, versatili, pronte a sviluppare nuove tecnologie. Realtà che però al contempo mancano di strutture e capitali, ma anche di accesso al mercato e di capacità di business.

 

Parola d'ordine: soluzioni chiavi in mano

L'obiettivo di ogni Gruppo è quello di offrire all'agricoltore un servizio a 360 gradi: sementi innovative e agrofarmaci sempre più sostenibili, il tutto potenziato dal digitale. Syngenta è ad esempio sul mercato con una sua suite di servizi, raccolta sotto il brand Cropwise, che permette all'agricoltore di avere una gestione 4.0 dei propri campi. Come ci ha spiegato Conor Marsh, Digital Innovation & Strategic Partnerships lead di Syngenta, la piattaforma si compone di differenti applicativi.

 

In Italia ad esempio è disponibile eMat, un Dss che consente di incrociare i profili residuali degli agrofarmaci adottati in vigneto con le legislazioni sui limiti massimi di residui fissati nel vino in vigore nei diversi Paesi del mondo. In questo modo il viticoltore ha una idea di dove potrà esportare le proprie bottiglie.

 

Ma il digitale passa anche dall'hardware. Iconica è la partnership di Syngenta con Trapview, startup slovena che ha sviluppato una trappola smart che permette di monitorare le catture da remoto. La superficie collosa viene infatti fotografata e la foto inviata in cloud per essere visionata dal tecnico o dall'agricoltore. Inoltre, grazie all'intelligenza artificiale il sistema procede ad un riconoscimento automatico delle catture. Una ulteriore fonte di dati che permette di avere una gestione ancora più smart e sostenibile del campo.

 

Climate change e nuove forme di reddito

Altro fronte su cui il digitale può fare la differenza è la lotta ai cambiamenti climatici. I suoli agricoli possono essere infatti il luogo perfetto dove sequestrare l'anidride carbonica, il principale gas ad effetto serra. Pratiche come la minima lavorazione o la semina su sodo permettono infatti il mantenimento nel terreno di elevate quantità di carbonio.

 

Ma come convincere gli agricoltori ad adottare tali pratiche? Tutte le aziende stanno lavorando a modelli digitali in grado di stimare la CO2 sequestrata nel suolo. Una soluzione che, certificando la quantità di carbonio sottratta dall'atmosfera, permetterebbe agli agricoltori di vendere i carbon credit a quelle aziende che vogliono compensare le proprie emissioni.

 

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Bayer ha già un programma pilota su questo fronte che ha come perno proprio la piattaforma Climate FieldView. Mentre Corteva ha stretto una partnership con Indigo, oggi la principale piattaforma che negli Usa fa da intermediario tra le aziende agricole che producono carbon credit e le società che vogliono fare offset.

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