Pare che l'Unione Europea abbia misteriosamente deciso che il cambiamento sia possibile solo attraverso il trauma. Ci avvieremo allora alla transizione climatica ed ecologica forse dopo inverni ghiacciati e inopinati tagli energetici operati (si dice) addirittura attraverso blocchi da remoto dei contatori elettrici.

 

La transizione agricola la vogliamo altresì fare attraverso strategie draconiane di breve periodo, che rischiano di lasciare macerie piuttosto che costruire ponti per un futuro più sostenibile.

 

Chi scrive, nel bene o nel male, ritiene di non poter esser tacciato di simpatie anti ambientaliste ma crede fermamente che assieme alla sostenibilità economica bisogna anche pensare alla sostenibilità economica e sociale. Senza una visione di insieme si cade nella demagogia, nel pressapochismo o ancora, come oggi si dice, nel populismo. Tagliare improvvisamente l'uso dei fitofarmaci del 50% (in Italia addirittura del 62%) vorrebbe dire mettere in crisi migliaia di aziende agricole.

 

Tanto per fare un esempio: in Trentino fonti autorevoli stimano una possibile riduzione della produzione di mele pari a circa 100mila tonnellate - dividete ora la riduzione di reddito per le 5mila aziende frutticole trentine e vi farete un'idea di come ad essere castigate saranno in particolare le aziende più piccole (che magari, come spesso accade sotto le Alpi, sono di assoluta eccellenza).

Aggiungiamo poi che a un ovvio aumento di prezzo del prodotto nazionale dovuto alla diminuzione dell'offerta corrisponderebbe l'arrivo extra Ue di mele dalle incerte caratteristiche qualitative (e anche ambientali, off course). Siamo più che sicuri che la via segnata sia quella della sostenibilità ambientale, dell'agricoltura pulita e della rigenerazione: ma bisogna arrivarci per gradi e attraverso strategie ben coordinate, non distruggendo d'emblée la (piccola) agricoltura.