"Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra!", queste le parole del grande Gino Strada. Detto questo ci tocca, con triste pragmatismo, vedere quali sono i riflessi dell'attuale conflitto sulla economia agricola e agroalimentare.

Prima di tutto notiamo che le due Nazioni belligeranti sono divenute nei recenti anni delle vere potenze agricole; dalla situazione semplicemente disastrosa dell'epoca sovietica, in cui le Repubbliche spesso lambivano la carestia ed erano totalmente dipendenti dalle importazioni alimentari di base, alla positività nella bilancia dell'export agroalimentare.

Il 2020 è stato l'anno in cui la Russia per la prima volta nella sua storia è risultata netto esportatore di prodotti agricoli ed agroalimentari, esportando 79 milioni di tonnellate per 30,9 miliardi di dollari contro un'importazione pari a 29,7 milioni di dollari (dati AgroExport Center, Ministero dell'Agricoltura della Russia).

È brutto dirlo ora ma le molle per lo sviluppo dell'agricoltura russa sono state le sanzioni occidentali con il conseguente embargo dell'import dalla Ue, Usa e Canada nel 2014 (a seguito della invasione della Crimea).
Tanto per fare un esempio: prima dell'embargo la Russia importava l'80% del suo fabbisogno di mele particolarmente dalla Polonia (primo produttore continentale per quantità); oggi, con una produzione di 200mila tonnellate, la Russia è praticamente autosufficiente. In forte aumento anche la produzione di ortaggi (di pieno campo e di serra) e di patate. Se ci vogliamo fidare di quanto dichiarato recentemente da Artem Korvin, il viceministro russo dell'Agricoltura, la produzione di ortaggi nel 2025 dovrebbe raggiungere i 6,8 milioni di tonnellate (+25% sul 2020) e quella di patate i 7,6 milioni di tonnellate (+12% sul 2020) (Fonte: Moscow Times e mcx.gov.ru).

Dove veramente la Russia eccelle è però la produzione di cereali. Qui è oramai saldamente in testa alla classifica dei paesi esportatori: per il grano nel 2020 37,3 milioni di tonnellate davanti agli Usa e al Canada (entrambi 26,1 milioni di tonnellate) - ma al quinto posto (poco dopo la Francia) ecco che compare l'Ucraina, con 18,1 milioni di tonnellate di prodotto esportato. In pratica Russia e Ucraina assieme rappresentano il 28% dell'intero commercio di grano mondiale.

La situazione si inverte nel caso del mais: qui è l'Ucraina nella top five degli esportatori mondiale con il 16% del totale globale. Il primo partner agroalimentare della Russia è, neanche a dirlo, la Cina (13% esportazioni) seguita dalla Turchia (10%) - e proprio dalla Turchia partono anche buona parte di quegli agrumi, frutta e ortaggi che una volta partivano dall'Unione Europea.
Ricordiamo che quelle mele polacche, quelle arance spagnole e quelle clementine italiane non trovando più uno sbocco a Est si dovranno poi riposizionare sul mercato interno, causando ingolfamenti di mercato e repentini abbassamenti di prezzo.

Temiamo che per i cereali come anche per tanti altri prodotti il perdurare del conflitto e delle ostilità comporterà una sempre maggiore volatilità del mercato agroalimentare. La pace conviene sempre: noi siamo anche pacifisti.