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Quando poco più di un anno fa da Bruxelles, nel corso dell'Agricultural Outlook 2030 della Commissione Europea, la professoressa Imke de Boer dell'Università di Wageningen fece riferimento all'impresa agricola del futuro, aggiunse un pezzo a quello che poteva considerarsi un modello multifunzionale costituito dai terreni, dalla zootecnia e dalle fonti rinnovabili (biogas/biometano, fotovoltaico, eventualmente eolico): l'acquacoltura, con l'allevamento dei pesci considerato come una soluzione per riutilizzare materie prime seconde, riutilizzi e scarti dell'attività agricola.

Eravamo di fronte ad un nuovo sistema di economia circolare, più potente, amplificato, in grado di dare una nuova forma all'agricoltura attraverso l'acquacoltura, branca che peraltro secondo la Fao avrebbe avuto in questi e nei prossimi anni prospettive di sviluppo particolarmente felici.

Quell'evoluzione, secondo la professoressa de Boer, avrebbe aperto le porte ad un nuovo "potere collettivo", costituito dal "rapporto definito tra gli agricoltori e i consumatori". Una lettura accademica, se vogliamo, di quanto già sta accadendo a livello di consumi e di mercato. È ormai ampiamente noto che i consumatori si legano a un brand, ma nella misura in cui rispecchia alcuni valori che definiscono ormai come identitari: il chilometro zero, la condizionalità sociale e il rispetto dei diritti dei lavoratori, la sostenibilità ambientale, la provenienza delle materie prime, eccetera. Qualora tali valori venissero disattesi o addirittura "traditi", allora non vi sarebbe marchio in grado di tenere e il consumatore si muoverebbe verso un'altra direzione.

In Francia, è emerso nitidamente all'ultimo Vinexpo Wine Paris (la notizia è stata riportata da WineNews) che intorno ai marchi si stanno creando delle vere e proprie "community", una sorta di comunità fondate sulla condivisione dei valori e degli stili di vita, un atteggiamento esploso o fortemente accelerato dopo il distanziamento sociale imposto dalla pandemia.


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L'economia circolare come forma economico produttiva in grado di trasmettere valori positivi può rappresentare e, anzi, già lo fa, uno dei valori ricercati dai consumatori e dalle comunità e non mancano i casi in cui il ricorso all'economia circolare si riflette anche direttamente sui distretti rurali. Un caso - siamo nel cuore della Francia, ancora - è quello di quel distretto di zootecnia bovina da carne che negli anni scorsi ha dotato le stalle di impianti fotovoltaici per la produzione di energia pulita, il cui surplus è stato destinato a riscaldare scuole e asili, con effetti positivi sui Paesi, i cui cittadini erano poi ben felici di ricambiare acquistando la carne prodotta dagli allevamenti del territorio.

L'economia circolare fa bene ed è verissimo il detto che il primo guadagno è la non spesa, una rivisitazione in chiave economica di quella che era la filosofia calcistica del "Paron" Rocco, l'allenatore del Milan europeo degli anni Sessanta: "Prima regola, non prendere gol".

Oggi l'economia circolare è sempre più nelle corde degli agricoltori. Intanto perché hanno capito che dove si può risparmiare o, addirittura, guadagnare qualcosa, è meglio che spenderne. E poi perché sta avanzando una sostenibilità ambientale, sociale ed economica che passa anche dalla circular economy.


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Recentemente è stato Marco Speziali, imprenditore agromeccanico e presidente di Confai Mantova, a calcolare il risparmio che un agricoltore avrebbe ottenuto sostituendo con il digestato organico i concimi chimici, oggi alle prese con un rincaro folle dei prezzi. Il risparmio sarebbe ben superiore ai 200 euro all'ettaro, utilizzando tecniche di spandimento in modalità Agricoltura 4.0, unita alla semina con minima lavorazione. Senza contare il minore impatto sulle emissioni, non dovendo trasportare di fatto il fertilizzante chimico dallo stabilimento di produzione (all'estero) fino all'azienda agricola.

Casi virtuosi di economia circolare, finanziati grazie alle misure del Programma di Sviluppo Rurale, ce ne sono parecchi anche in Italia. Ne ha parlato con Barbara Righini Enrico Maranesi, responsabile dell'Azienda Agricola Sorelle Salera di Castelvisconti (Cremona), realtà ad indirizzo zootecnico che da oltre dieci anni produce energia elettrica attraverso il biogas, con l'utilizzo di digestato liquido e solido nei campi. Con l'energia termica, invece, riscalda l'acqua delle vasche nelle quali cresce l'alga spirulina, con cicli produttivi costanti nel corso dell'anno e l'ottimizzazione di una risorsa (l'energia termica, appunto), che altrimenti sarebbe andata sprecata. Per il futuro fari puntati sul biometano, per un'evoluzione ancora più green dell'Azienda Agricola e dell'economia circolare.


Guarda la videointervista a Enrico Maranesi.
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Il boom dell'energia sta spingendo molti allevatori a pensare di installare pannelli fotovoltaici sui tetti delle proprie stalle. Grazie ai sostegni della Politica Agricola Comune e alle misure del Pnrr dedicate all'agrovoltaico, l'investimento per le imprese non sarebbe particolarmente oneroso. Coldiretti Mantova si è divertita a fare un calcolo, emblematico per una provincia in cui l'agricoltura è un settore rilevante per l'economia del territorio.

"Se l'intera copertura di tutte le strutture agricole in provincia di Mantova, pari a 10,2 milioni di metri quadrati, fosse utilizzata per la produzione di energia elettrica grazie a pannelli fotovoltaici policristallini, sarebbe possibile produrre 1,2 milioni di Kwp, ottenendo così da un lato l'autonomia energetica per oltre 30mila utenze familiari e dall'altro il risparmio di 459 tonnellate di CO2" afferma Coldiretti Mantova. "L'investimento medio complessivo per raggiungere la produzione di 1,2 Kwp (la cosiddetta 'potenza nominale o potenza di picco') si aggirerebbe per le imprese agricole su un valore di poco superiore a 1,9 milioni di euro, le quali potrebbero beneficiare di un potenziale contributo del 65% a fondo perduto come da avviso pubblico del Mipaaf dedicato alla costituzione del 'Parco Agrisolare' all'interno del Pnrr'".

È essenziale, quando si parla di economia circolare e di investimenti, non muoversi a caso, ma seguendo una direzione ben ponderata, magari con l'aiuto di qualche consulente. "Per attuare efficacemente modelli di economia circolare in azienda servono figure specializzate, in quanto è necessario un cambiamento di visione da parte dell'imprenditore, del produttore e dell'agricoltore, i quali devono vedere i propri rifiuti come una risorsa", specifica Francesca Cappellaro, ricercatrice di Enea.

E proprio Enea, racconta Chiara Nobili, che coordina il gruppo di lavoro sull'Agrifood, ha attiva una piattaforma per l'economia circolare, che mette in contatto gli stakeholder e coniuga la domanda e l'offerta di materie prime seconde, materie prime cioè destinate a una nuova vita di riutilizzo. Perché essere verdi, anche in agricoltura, è un guadagno.

 

Ascolta l'intervento di Francesca Cappellaro e Chiara Nobili.
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