Dopo l'anteprima di un paio di settimane fa continuiamo a parlare di crediti di carbonio in agricoltura: repetita iuvant, l'argomento è troppo importante.
Importante non solo per gli agricoltori ma per tutti i cittadini dell'Unione Europea.

I ministri dell'Agricoltura dell'Ue si sono riuniti lo scorso 7 e 8 febbraio: alla fine dell'anno è atteso un progetto legislativo Ue sull'agricoltura a bassa emissione carbonica. Inoltre, la Francia, Paese a cui spetta la presidenza europea in questo periodo, ha fatto della questione climatica la propria priorità. Non vogliamo però parlare dei vincoli che potranno essere posti alle pratiche agricole e di allevamenti per diminuire le emissioni di CO2.

Ci interessa molto il meccanismo secondo cui gli agricoltori potrebbero venire pagati per la gestione dei suoli. Chi ha un minimo di (buone) basi di scienze naturali sa bene che in natura il carbonio viene stoccato principalmente nel mare e nei suoli. La gestione dei suoli è quindi fondamentale per abbassare l'anidride carbonica nell'atmosfera. L'idea del ministro francese Julien Denormandie è di vedere l'emergenza climatica come un'opportunità per gli agricoltori.
Le pratiche per rendere i suoli dei "pozzi" di stoccaggio della CO2 sono ben note: non lasciare i suoli nudi e in mineralizzazione, coprire i terreni con colture intermediarie fra due coltivazioni, combattere l'erosione idraulica ed eolica, piantare siepi, etc. Nulla di trascendentale: a patto di avere un ritorno economico. Che da una parte può arrivare dalla Pac e dall'altra dalla vendita dei crediti di carbonio a chi vuole compensare l'inquinamento prodotto (industria, terziario…).

Si sappia che il mercato della compensazione volontaria da qui al 2030 avrà uno sviluppo pari a quindici volte la dimensione attuale e che oggi i titoli di origine agricola rappresentano meno dello 0,1% del mercato. Gli acquirenti dei titoli potrebbero quindi finanziare gli agricoltori che operando la transizione farebbero un gran servizio a tutta la comunità; si pensi solo agli effetti sul paesaggio agrario, patrimonio di tutti in quanto del bello tutti possono fruire.

È però da sviluppare un sistema europeo in cui i costi non risultino esosi e dove non guadagnino solo i certificatori. Da notare che in Austria o in Francia sono già attive delle transazioni basate sul sequestro del carbonio agricolo: in Francia la multinazionale del lusso LVMH o ancora Crédit Agricole partecipano a un sistema che ha già permesso di "cartolarizzare" 406mila tonnellate di carbonio.
Per capirci: un'azienda con una stalla da 160 capi ha tagliato 1.400 tonnellate equivalenti di carbonio per un valore di 40mila euro. Il gioco può valere la candela.