Anche l'Ue potrebbe passare all'attacco, anzi, alla difesa. Parliamo di una brusca inversione di marcia sulle strategie della globalizzazione agricola che hanno caratterizzato la politica comunitaria gli scorsi decenni. La ragione potrebbe essere la protezione ambientale e quindi le strategie per rallentare il riscaldamento globale.

Lo scorso 17 novembre la Commissione Europea ha presentato una regolamentazione per interdire l'importazione di soia, carni bovine, olio di palma, legname, cacao e caffè quando la produzione di questi contribuisca alla deforestazione.
La Francia, che ha peraltro siglato pochi giorni fa un accordo quadro strategico con l'Italia, vorrebbe che la cosiddetta "deforestazione importata" diventasse una priorità comunitaria durante la propria presidenza dell'Unione Europea a partire dal primo gennaio 2022.
Inoltre, diversi paesi dell'Ue (sempre capeggiati dalla Francia) si oppongono alla ratifica dei trattati commerciali con i paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) adducendo sempre ragioni di carattere ambientale.

Tutte iniziative che sono state salutate con favore ovviamente dalle associazioni ambientaliste (che le hanno però giudicate non ancora sufficienti) ma anche dalle grandi catene della distribuzione al dettaglio continentali, come Carrefour, Auchan e Lidl che assieme a grandi gruppi industriali agroalimentari hanno firmato un manifesto contro la deforestazione legata alla coltivazione della soia. In effetti durante il Cop26 che si è tenuto a Glasgow è stato denunciato che, nel solo Brasile, la deforestazione è aumentata di ben il 22% nell'ultimo anno, arrivando a interessare 13mila km2: una tendenza molto evidente da quando è al potere il presidente Bolsonaro.

Che siano iniziative sinceramente "verdi" o più pragmaticamente protezionistiche poco interessa: gli agricoltori europei (forse) dovranno iniziare ad accendere le seminatrici.