Dopo quello dell'uomo, della vite e del frumento anche il genoma dell'olivo è stato mappato. Un team di ricercatori del Crea ha infatti sequenziato il patrimonio genetico della cultivar Leccino, tra le più diffuse in Italia.

Sequenziare il genoma significa che ora i ricercatori sanno quali geni compongono il Dna dell'olivo, anche se ancora di pochi è nota la funzione. Facendo un paragone è un po' come aver stampato il manuale di costruzione di una automobile. Sappiamo che lì sono contenute tutte le informazioni utili al suo funzionamento, anche se ancora non sappiamo con esattezza in quali parti del manuale sono contenute le informazioni sul motore, oppure sui freni o l'aria condizionata.

In termini più corretti: il genoma è l'insieme del patrimonio genetico di ogni organismo vivente e risiede nel Dna, una lunga sequenza composta da quattro molecole differenti che si alternano, i nucleotidi o basi. Le sequenze dei nucleotidi sono i geni, che contengono l'informazione completa e specifica per una certa proprietà.

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La mappatura del genoma dell'olivo

Mappare il genoma dell'olivo non è stato affatto semplice e i ricercatori del Crea, con il suo Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura, hanno lavorato per ben tre anni a sbrogliare la matassa genetica del Leccino. Il lavoro è avvenuto nell'ambito del progetto Olgenome, finanziato dal Mipaaf e inserito nel Piano olivicolo nazionale.

Una matassa intricata visto che è composta da 1,5 miliardi di basi, le "unità" con cui si misura il genoma di ogni essere vivente. Per fare un paragone, quello umano è un genoma un po' più complesso, con 2,3 miliardi di basi, mentre quello del pomodoro o del moscerino della frutta sono molto più circoscritti.

Dimensione del genoma

Ora che il genoma è stato trascritto un compito importante sarà identificare i geni che hanno un ruolo chiave in alcuni processi biologici, come ad esempio l'induzione fiorale, l'alternanza produttiva, la resistenza alla siccità o l'entrata in produzione dopo la fase giovanile.


Mappare il genoma dell'olivo, per quale scopo?

Come spiegato in un webinar che si è tenuto il 30 aprile scorso (qui sotto il video integrale), la trascrizione del genoma non è un punto di arrivo, ma il primo passo per migliorare la genetica dell'olivo. Fin nei tempi antichi gli agricoltori hanno incrociato le piante di olivo e selezionato quelle che rispondevano meglio alle esigenze delle società in cui vivevano.


Tutto il lavoro di selezione è stato frutto del caso, nel senso che chi incrociava due piante non sapeva che cosa avrebbe ottenuto. Attraverso l'incrocio si mischia il patrimonio genetico di due individui e se la pianta che si ottiene è migliorativa si coltiva, altrimenti si elimina.

Va da sé che questo è un processo lungo, costoso (in termini di tempo e risorse) e assolutamente imprevedibile. Negli ultimi venti anni la situazione è cambiata, perché con i marcatori molecolari è possibile rendere più razionali gli incroci. Ma la vera svolta è rappresentata dalle Tea, Tecnologie di evoluzione assistita.
 


Le Tea nel futuro dell'olivicoltura

Le Tea (o Nbt, New breeding techniques) non sono altro che delle nuove tecnologie (premio Nobel per la chimica 2020 a Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier) grazie alle quali i ricercatori sono in grado di silenziare singoli geni o di trasportare un gene tra due piante sessualmente compatibili. È possibile ricreare in laboratorio ciò che avviene in natura attraverso gli incroci, con la differenza che il processo viene fatto in maniera precisa, veloce ed economica.

Tornando al paragone dei manuali potremmo dire che le Tea rappresentano i comandi "cancella" e "copia incolla" di un programma di scrittura. Con "cancella" si eliminano (silenziano) geni che sono indesiderati, magari perché rendono una pianta suscettibile ad una malattia. Con "copia incolla" invece si può prendere una riga di testo e copiarla in un altro manuale. Si può cioè prendere un gene di una pianta di olivo, ad esempio cultivar Leccino (quella sequenziata) e incollarla nel genoma di un'altra cultivar, magari Frantoio.

Le due cultivar dell'esempio non sono state scelte a caso, perché prove di campo hanno dimostrato che Leccino è resistente (o tollerante, vedremo) alla Xylella fastidiosa e la sua resistenza al batterio è contenuta in uno o più geni. Grazie alle Tea i ricercatori sarebbero in grado, in linea di principio, di trasferire questi geni di resistenza da Leccino ad un'altra cultivar, come Frantoio, senza che questa perda le sue caratteristiche peculiari.

In questo processo avere il "manuale di funzionamento" dell'olivo, e cioè il suo genoma sequenziato, è essenziale.

Dal Dna alla tavola


Difendersi dai cambiamenti climatici

Abbiamo dunque visto come la difesa dell'olivo potrebbe avvantaggiarsi dalla trascrizione del genoma dell'olivo. Ma c'è molto altro. Se guardiamo all'andamento delle medie stagionali scopriamo che nel Sud Italia fa più caldo a causa dei cambiamenti climatici. Questo ha un effetto diretto sulla coltivazione dell'olivo.

Le proiezioni ci dicono ad esempio che è improbabile che in futuro si possa coltivare l'olivo in Sicilia senza avere adeguati impianti di irrigazione. Farà troppo caldo e pioverà troppo poco. E le cultivar oggi selezionate per quegli areali non andranno più bene e ne dovranno essere selezionate di nuove. E le Tea renderanno il lavoro di selezione più veloce, efficiente e rispettoso delle tipicità colturali.

Ma i cambiamenti climatici influiscono anche sulla qualità dell'olio. Ad esempio nella varietà Peranzana si è assistito ad un decremento della presenza di acido oleico nelle drupe come conseguenza dell'innalzamento delle temperature. Anche in questo caso, se si vuole continuare a produrre olio di qualità, sarà necessario intervenire a livello genetico.

Il caso dell'acido oleico

In altre parole non possiamo pensare che varietà selezionate nel passato andranno bene per il futuro, quando ci sarà un altro clima. E non si deve fare l'errore di pensare che uno o due gradi in più siano poca cosa, sono una enormità.

Mappare il genoma significa anche poter distinguere con assoluta certezza l'origine di un olio, in modo da evitare le contraffazioni. E anche la sua storia: quali varietà sono frutto di incrocio tra altre cultivar.


Ma il miglioramento genetico è proprio necessario?

La risposta a questa domanda è sì, se si vuole continuare a produrre olio nel Sud Italia con le varietà attuali. Altrimenti la coltivazione si dovrà spostare più a Nord e in Puglia si dovrà coltivare altro. D'altronde il miglioramento genetico è insito nella storia dell'agricoltura, visto che fin da quando l'uomo ha iniziato a coltivare la terra ha selezionato e riprodotto le piante che più gli erano utili.

Non bisogna tuttavia illudersi che le Tea rappresentino la bacchetta magia che risolverà tutti i problemi dell'olivicoltura (che abbiamo analizzato in questo articolo). Sono solo uno strumento che sul medio periodo (parliamo di anni) saranno in grado di facilitare il lavoro dei ricercatori e degli olivicoltori, sempre che a livello europeo venga varata una legislazione adeguata.