Il Recovery, la Politica agricola comune (Pac), la strategia sulla biodiversità 'Farm to fork', e i ristori per le aziende piagate dalla crisi. Senza ministro, con la crisi di governo ufficialmente aperta e l'avvio delle consultazioni al Quirinale - qualsiasi che sia l'esito, dal Conte ter a un governo di 'salvezza' nazionale fino alle elezioni - sono quattro i temi che il 'nuovo' prossimo ministro delle Politiche agricole non potrà ignorare.
 
Anzi, a dirla tutta, saranno elementi prioritari del dicastero; e su cui si giocherà una fetta importante di economia, di posti di lavoro, nonché di tenuta sociale del paese. Per avere un'idea del perimetro del sistema di cui si parla, basti pensare che l'agroalimentare italiano - dall'agricoltura alla ristorazione - vale infatti oltre 522 miliardi di euro, rappresenta il 15% del Pil. E - come emerge dall'ultimo Annuario realizzato dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) sta in cima alla classifica in Europa per valore aggiunto.
 
Tra gli altri nodi, da sciogliere e ormai posti sul tavolo da tempo, che non potranno esser smarcati con una firma ma avranno bisogno di un lungo accompagnamento, c'è la difesa del made in Italy, la sostenibilità e l'innovazione insieme con il digitale nei campi, il ruolo e la valorizzazione di giovani e donne, gli effetti della Brexit, la lotta dei dazi e quella degli accordi internazionali. Senza dimenticare questioni aperte da tempo, come una legge equilibrata per il biologico, quella per lo stop al consumo di suolo, e un approfondimento sulla battaglia per sconfiggere il caporalato (che dopo il lavoro di Teresa Bellanova - cui oggettivamente bisogna riconoscere l'impegno - avrà bisogno della stessa energia).

Dall'ultima bozza del Recovery emerge per esempio che per l'agricoltura sostenibile si parla di 2,5 miliardi (in aumento rispetto agli 1,8 miliardi del documento precedente); risorse che finanzieranno contratti di filiera, parchi agrisolari e interventi per migliorare la logistica del settore. I progetti per l'agricoltura rientrano nella seconda delle sei missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), quella dedicata alla 'rivoluzione verde e alla transizione ecologica'. La prima parte di questa missione è dedicata alla sostenibilità della filiera agroalimentare e all'economia circolare; le caratteristiche dei progetti dovranno essere in linea con gli obiettivi europei, ad alta innovazione e contribuire all'abbattimento delle emissioni e all'efficienza energetica. Tra gli altri punti, oltre alla logistica per l'agroalimentare, anche investimenti per il miglioramento dello stoccaggio delle materie prime agricole, il potenziamento delle infrastrutture dei mercati.

C'è poi il groviglio della nuova Pac, che riformata entrerà in vigore nel 2023, secondo le raccomandazioni della Commissione europea. Sul piatto per la redazione del Piano strategico nazionale ci sono: riduzione delle emissioni, abbattimento dell'uso di prodotti fitosanitari e antimicrobici, digitalizzazione, sostegno ai giovani agricoltori. Il nuovo modello permetterà agli Stati membri di gestire all'interno di una cornice organica le risorse per i pagamenti diretti e quelle per lo sviluppo rurale in modo da poter rispondere alle sfide specifiche nazionali e regionali, e riuscire centrare gli obiettivi condivisi a livello Ue.

Nove gli obiettivi della Pac, che si sovrappongono e in alcuni casi viaggiano in parallelo al Green deal europeo, e alle strategie 'Farm to fork' e sulla biodiversità. In questo senso, la riforma della Pac dovrà mantenere alte le ambizioni ambientali e climatiche per fare degli agricoltori di domani il motore della transizione verde. I target trasversali sono l'aumento della conoscenza e dell'innovazione. Nello specifico stiamo parlando di una riduzione entro il 2030 del 50% dell'uso e del rischio di prodotti fitosanitari, di almeno il 20% dell'uso di fertilizzanti, del 50% delle vendite di antimicrobici utilizzati per gli animali allevati e l'acquacoltura, il target del 25% dei terreni agricoli dedicati all'agricoltura biologica e l'accesso del 100% alla banda larga nelle zone rurali entro il 2025. Tra gli altri temi che incrociano lo sviluppo quello del sostegno ai giovani agricoltori, gli aiuti per l'imprenditoria alle donne, una semplificazione dell'accesso ai finanziamenti attraverso strumenti finanziari ad hoc.

Non bisogna poi dimenticare il grande, e fondamentale, contributo che il sistema agricolo e quello della distribuzione alimentare hanno dato all'Italia nel periodo peggiore della sua storia recente, nel pieno dell'emergenza Covid-19, come uniche attività - insieme a quelle dei servizi pubblici - che hanno garantito continuità nel pieno del lockdown. E' per questo che adesso - e in particolare per le attività imprenditoriali della catena come bar, pasticcerie, ristoranti e pizzerie - il tema dei 'Ristori' diventa centrale. Soprattutto se il sistema della suddivisione in zone colorate del paese continuerà a rimanere operativo, con tutte le misure restrittive che ne conseguono dall'attribuzione di un determinato 'colore' alla singola regione. Nel decreto 'Ristori' infatti si apre ad aiuti e bonus per gli stagionali agricoli, una 'compensazione' da mille euro; e anche per la parte 'aziendale' un bonus partite Iva sempre da mille euro per gli autonomi e i liberi professionisti. Ma per i lavoratori agricoli resta ancora in campo l'ipotesi di poter accedere al precedente bonus una tantum da mille euro.

Anche da associazioni come Coldiretti, Confagricoltura, Cia, e Copagri arrivano sia riconoscimenti che spunti di azione, per il prossimo inquilino del piano nobile del ministero. E per esempio per la Coldiretti si deve "ripartire dai nostri punti di forza; l'Italia è prima in Europa per valore aggiunto agricolo anche nel 2020 con 31,3 miliardi e per qualità e sicurezza alimentare, è possibile investire per dimezzare la dipendenza alimentare dall'estero e creare 1 milione di posti di lavoro nei prossimi dieci anni".
Secondo Confagricoltura "l'obiettivo è molteplice, aumentare la capacità produttiva agricola del paese verso l'autosufficienza alimentare, ma anche la competitività del settore e la sostenibilità, sfruttando l'occasione unica del Next generation EU che avrà un impatto del 3,5% sul Pil".
 
Per la Cia è necessario costruire veri e propri "sistemi imprenditoriali territoriali" interconnessi, investendo "sulle aree rurali, con incentivi sul recupero di fabbricati, rinnovo parco macchine, ammodernamento infrastrutture viarie e tecnologiche". Inoltre la Copagri chiede "al Governo uno sforzo in più per rafforzare la proposta di Pnrr" per "far avanzare la produzione interna e la sostenibilità ambientale puntando sugli investimenti alle imprese del settore" per "generare una modernizzazione" del settore e di "consentire alle aziende agricole di essere più competitive sui mercati internazionali".

Non si può dire che il menù sia povero. La ricetta per affrontare le portate è scritta da una parte nel Piano sulle emergenze aperte dall'altra nel mandato del prossimo 'nuovo' ministro delle Politiche agricole. Che sicuramente, possiamo dirlo, avrà qualche 'lavoro' cui dedicarsi. E di corsa.