Le vertical farm sono delle vere e proprie fattorie verticali, costruite all'interno di edifici e in grado di produrre cibo sfruttando la tecnologia per ricreare in un luogo chiuso le condizioni ideali per la crescita delle colture.

Nell'indoor farming tutte le variabili sono attentamente controllate. Luci a led provvedono per l'illuminazione, che sostituisce la luce del sole. Substrati inerti (come la lana di roccia o la fibra di cocco) forniscono un ancoraggio alle radici, mentre il nutrimento arriva attraverso la fertirrigazione, con tecniche che spaziano dall'idroponica all'aeroponica fino all'acquaponica. Anche l'atmosfera è controllata, sia a livello di temperatura che di umidità e di concentrazione di anidride carbonica.

In questo contesto dove ogni parametro è sotto controllo a mancare è una genetica all'altezza delle aspettative. Le startup e le aziende che stanno sviluppando le vertical farm in giro per il mondo si sono fino ad oggi concentrate più che altro sull'aspetto tecnico di far crescere le piante in ambienti chiusi, tralasciando l'aspetto varietale.

Eppure le piante che devono crescere nelle vertical farm devono avere requisiti ben precisi. Devono essere a taglia bassa, poiché lo spazio tra un ripiano e l'altro è limitato. E devono essere a ciclo breve, in modo da massimizzare i raccolti all'anno. Per queste ragioni quasi tutte le società oggi producono insalate o erbe aromatiche.

Ma sarebbe anche auspicabile che la genetica venisse in soccorso della tecnologia, ad esempio con varietà in grado di rispondere bene a cicli di illuminazione di diciotto ore o anche di più. D'altronde, perché prevedere la notte, in una vertical farm, se non strettamente necessario? Senza contare poi l'aspetto del gusto, un parametro fondamentale per chi vuole conquistarsi una fetta di mercato ed entrare nei cuori dei consumatori.

Inoltre nelle coltivazioni in serra o in campo aperto i ricercatori si erano concentrati su caratteristiche che nelle vertical farm hanno meno importanza. Ad esempio la resistenza ai funghi o agli insetti. In questi ambienti chiusi difficilmente un insetto può introdursi e i funghi trovano ambienti (solitamente) ostili. Ma anche la resistenza genetica alle virosi è ininfluente, visto che non ci sono insetti vettori e la crescita avviene in ambienti quasi sterili.


La ricerca genetica a servizio delle vertical farm

Mentre la costruzione di nuove vertical farm va avanti a ritmo sostenuto in tutto globo, anche le società sementiere si stanno lanciando in questo business sviluppando varietà in grado di adattarsi ai nuovi ambienti di crescita.

Questa estate ad esempio Bayer ha annunciato il lancio di una nuova società, chiamata Unfold, insieme al fondo sovrano di Singapore, Temasek Holdings. Il piccolo Stato asiatico ha una carenza cronica di terre coltivabili ed è in cerca di metodi alternativi per produrre cibo.

La nuova società, con un investimento iniziale di 30 milioni di dollari, sfrutterà le conoscenze di Bayer (e di Monsanto) nel breeding per mettere a punto nuove varietà di lattuga, spinacio, pomodoro, peperone e cetriolo. Colture in cui Bayer, attraverso Seminis, ha già un profondo know how e può quindi mettere a punto nuove varietà per l'indoor farming.

Ma non è solo Bayer ad investire in questo nuovo business. Anche altre ditte operanti nel settore delle sementi ci stanno lavorando, come ad esempio BASF. Lo scorso anno The foundation for food and agriculture research (Ffar) ha dato vita ad un consorzio pubblico-privato proprio con l'obiettivo di sviluppare nuove varietà dedicate all'indoor farming. Del consorzio, finanziato con 15 milioni di dollari, fanno parte BASF, appunto, ma anche AeroFarms, una delle maggiori compagnie di vertical farming, il gigante delle serre Priva e Benson Hill Biosystems, che invece si occupa di breeding con le più moderne tecnologie.