A volersi inventare un indovinello, quello dedicato a cereali e semi oleosi potrebbe essere: "Quando salgono i prezzi, fanno ridere qualcuno e piangere altri". È la doppia vita di cereali e semi oleosi, coltivati dai cerealicoltori e utilizzati (anche) dagli allevatori. Se i listini in borsa crescono, gioisce chi vende. Ma gli allevatori, che li impiegano nelle razioni alimentari, vedono aumentare i propri costi. Altro indovinello. Come sarà il 2021 per il comparto? Domanda legittima, alla luce della crescita dei prezzi registrata da settembre a novembre su quasi tutti i principali mercati mondiali e la sempre più stretta interconnessione a livello globale.

Una risposta arriva dall'outlook annuale di Rabobank, prima banca al mondo per volumi dedicata all'agroalimentare, secondo cui l'anno prossimo i prezzi dovrebbero presentarsi alti già all'inizio dell'anno (in linea dunque con la fine del 2020) e, complice una serie di fattori, aumentare ulteriormente.
Prima di affrontare il 2021, è bene osservare che, in questi ultimi giorni di novembre, il prezzo di mais e soia è cresciuto sensibilmente negli Stati Uniti (rispettivamente +9,6% e +7%). Una tendenza al rialzo che è stata confermata sui mercati mondiali, salvo qualche eccezione, anche dal +11,4% registrato dal prezzo della soia in Brasile.

In Italia, il granoturco nazionale per uso zootecnico rimane su valori stabili, dopo una corsa che fra settembre e novembre lo ha fatto schizzare da 177 a 195 euro alla tonnellata. Una impennata che ha accomunato anche le quotazioni della soia, passate da 374 euro/tonnellata nel mese di settembre a 432 euro.

Quali saranno i fattori chiave che potrebbero innescare una spirale rialzista nel 2021, come previsto dagli analisti di Rabobank? In estrema sintesi, potrebbero essere questi:
  • i cambiamenti climatici e, in particolare, la siccità che potrebbe portare in una larga fetta di mondo (e non solo in Sudamerica) la Niña;
  • la pandemia Covid-19, i cui effetti futuri sull'economia, sui consumi e sulla salute a livello mondiale sono incerti, ameno fino al vaccino;
  • la speculazione;
  • i rapporti commerciali fra la Cina, gli Stati Uniti e il resto del mondo. Anche nel 2021 il Dragone si conferma l'ago della bilancia di molti mercati, essendo il primo paese importatore su scala mondiale per mais, soia, prodotti lattiero caseari, carni suine.

Rabobank "prevede che le ricadute della pandemia Covid-19, che ha visto i paesi di tutto il mondo accumulare beni, insieme ai raccolti scarsi previsti a causa delle condizioni climatiche secche, aumenteranno i prezzi delle materie prime agricole e creeranno un periodo di inflazione delle materie prime agricole che non si attenuerà almeno fino a metà del 2021", riportano i principali aggregatori di notizie dedicati ai cereali come Grain Central.

L'outlook indica un forte potenziale di rialzo nella soia, nel mais e nel grano, tra le altre materie prime agricole, mentre i cosiddetti "coloniali" (caffè, cotone, cacao e zucchero) dovrebbero diminuire, poiché queste materie prime hanno registrato una riduzione della domanda nel 2020, con effetti che si protrarranno fino al 2021.
Tra i fattori che potrebbero influenzare i prezzi delle materie prime il prossimo anno c'è "La Niña, che potrebbe colpire i raccolti in tutto il mondo, causando potenzialmente una mancanza di manto nevoso e mettendo a rischio le colture di grano. Oltre ad aumentare il rischio di siccità sudamericana, che può mettere a rischio i raccolti di soia e mais".

A livello diplomatico, come saranno i rapporti fra Stati Uniti e Cina? Nei quattro anni in cui Donald Trump ha vissuto alla Casa Bianca le tensioni diplomatiche non sono mancate, con ripercussioni - anche se temporanee, per le necessità della zootecnia cinese - sugli scambi commerciali.
In taluni casi i rapporti non proprio distesi tra Washington e Pechino, per usare un eufemismo, hanno agevolato i rapporti con l'Unione europea o l'area australe del mondo (Brasile, Argentina, Oceania), ma non è detto che sarà così in futuro.

Le variabili sono molte. Come gestirà Joe Biden, nuovo inquilino alla Casa Bianca, i rapporti con Xi Jinping? Inutile avanzare congetture. In teoria, anche Biden dovrebbe muoversi privilegiando gli interessi degli Stati Uniti, è ovvio. Ma quali saranno le conseguenze sul piano dei rapporti diplomatici e degli scambi internazionali è tutto da vedere.
 
La Cina è fra gli attori che di recente ha stretto un accordo internazionale che, in base ai numeri, è il più importante al mondo in termini di libero scambio: il Regional comprehensive economic partnership (Rcep) include le dieci economie dell'Asean insieme appunto a Cina, Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda e Australia, rappresentando il 30% circa del Pil globale. Proposto per la prima volta nel 2012, l'accordo è stato siglato alla fine di un vertice dei paesi del Sudest asiatico, con diversi leader impegnati a risollevare le economie colpite dalla pandemia del Covid-19. L'India non ha firmato sui timori di un aumento del suo deficit commerciale con la Cina, ma potrebbe esplicitamente aderire in un secondo momento. Quali saranno le ripercussioni, anche nella materia specifica del trade dei cereali e dei semi oleosi?

Se vi sembra tutto facile, a cambiare i giochi potrebbe essere il ricorso dell'Australia al Wto, proprio contro la Cina, per denunciare una presunta discriminazione sul fronte dell'export dell'orzo.
La Cina ha imposto una tariffa dell'80,5% sull'orzo australiano a maggio, accusando l'Australia di scaricare nel suo mercato orzo sovvenzionato. L'Australia respinge le accuse, ma il risultato per ora è stata la cessazione virtuale delle esportazioni di orzo australiano verso quello che era stato il suo più grande mercato negli ultimi anni. Che cosa succederà? Non tutti i produttori australiani sono favorevoli all'avvio dell'iter al Wto, per le tempistiche lunghe, e suggeriscono piuttosto di riconvertire i terreni ad altre coltivazioni.

Intanto, tornando al rapporto di Rabobank, il grano ha raggiunto il suo prezzo più alto dal 2014, ma sebbene le scorte siano aumentate durante la stagione 2020-2021, ciò potrebbe essere compensato dall'aumento della domanda globale causata dalla pandemia, visto che i paesi cercano di assicurarsi una forte offerta. La Niña continuerà, probabilmente, "a rappresentare una sfida per lo sviluppo delle colture di grano in tutto il mondo".

I prezzi della soia "sono aumentati a seguito di un programma di importazione guidato dalla Cina, che li ha visti salire ai massimi di quattro anni". Un trend rialzista destinato con ogni probabilità a continuare nel 2021, trascinato proprio dai ritmi della domanda del Dragone.

Anche per il futuro dei cereali la Cina rappresenterà una variabile determinante, esattamente come nel settore suinicolo e, in misura leggermente inferiore, nel lattiero caseario. E questo per le grandi quantità di importazioni, che determinano oscillazioni dei listini su scala globale.
Per il responsabile dei mercati delle materie prime agroalimentari di Rabobank, Stefan Vogel, "il 2020 è stato un anno come nessun altro, ma la filiera delle commodity agricole è andata bene, assicurando che l'approvvigionamento alimentare globale sia rimasto intatto durante la pandemia nonostante le scorte. I prezzi di grano, mais e soia dovrebbero rimanere alti e potrebbero aumentare ulteriormente, con gli agricoltori che continuano a trarre vantaggio dalle condizioni favorevoli di produzione ed esportazione". Diverso, ovviamente, l'impatto sugli allevamenti.