Nelle metamorfosi di Ovidio, al canto sesto, Latona è raminga nelle campagne con al collo i due figlioletti Apollo e Artemide. Intravista una pozza si accinge a bere ma l’acqua gli viene però negata da un gruppo di zotici. L’acqua, obietta la dea, è un diritto di tutti, è un bene comune.

La storiella mi è venuta in mente a leggere che la Cme, la più grande piazza finanziaria del mondo, ha lanciato un contratto future sull’acqua. L’acqua da bene comune si avvia quindi a diventare una grande commodity come il petrolio, il grano e quant’altro alimenta l'instancabile avidità di chi sceglie come via maestra dell’arricchimento la speculazione.

I lupi di Wall Street ci vedono lungo e sanno bene che, con il cambiamento climatico, l’acqua diventerà un problema per almeno un paio di miliardi di persone. L’ideona della quotazione arriva proprio dopo gli incendi che hanno devastato diversi stati americani, con le conseguenti enormi necessità idriche per lo spegnimento.

Il primo future è proprio legato al mercato dell’acqua della California (1,1 miliardi di dollari americani), dove, in occasione degli incendi, vi sono stati forti contrasti fra le associazioni agricole e le istituzioni urbane. Forse a qualcuno in Italia la cosa non sembrerà preoccupante – ma lo è.

Tutti i migliori analisti (fra cui appunto quelli a cui fa riferimento Wall Street e che stanno costruendo il nuovo Nasdaq) sono concordi nel ritenere che la competizione sull’acqua riguarderà l’agricoltura, il settore energetico e i centri urbani; con la produzione di cibo che sarà il vero flash point, il punto di innesco delle crisi.

Noi saremmo per la gestione non speculativa del bene comune anche perché, ricordiamolo, gli zotici furono trasformati in rane.
Con gli dei non si scherza.