Tra marzo e aprile scorsi si è temuto che gli italiani avrebbero fatto fatica a mettere in tavola frutta e verdura o che l'avrebbero fatto ad un prezzo molto elevato a causa della mancanza di manodopera e del blocco delle frontiere. A due mesi dalla fine del lockdown lo scenario dei prezzi delle principali derrate agricole è in chiaroscuro, ma sembra ormai essere scongiurato il pericolo che frutta e verdura rimangano a marcire in campo per mancanza di manodopera.
   

Zootecnia e lattiero-caseario in affanno

A soffrire di più in questa fase post-lockdown è il settore lattiero-caseario e l'allevamento. La chiusura totale del canale Horeca per due mesi e le sole parziali aperture attuali hanno infatti mandato a picco il settore della pesca e dell'acquacoltura, quello del vino e della carne. A complicare le cose si sono aggiunte la chiusura delle frontiere, che rappresentano una importante valvola di sfogo, e le mutate abitudini di consumo degli italiani.

Secondo i dati Ismea nel mese di maggio il Parmigiano Reggiano dodici mesi ha segnato un -29%, mentre il Grana Padano quattro-dodici mesi ha fatto un -20%. Di conseguenza anche il prezzo del latte alla stalla è stato trascinato verso il basso, con un -17%. Anche i consumi di latte fresco sono andati incontro ad una contrazione a causa della scelta da parte delle famiglie di consumare latte Uht e del ridotto consumo in bar ed hotel.

Anche la carne bovina è in sofferenza a causa della chiusura del canale Horeca, ma anche delle ridotte capacità di spesa di una parte considerevole delle famiglie. I vitelli sono scesi del 4,4% anno su anno, mentre per le vacche la riapertura dei ristoranti e delle hamburgerie ha fatto segnare un +4,5% nei prezzi, dopo mesi di dati negativi.

Molto più preoccupante è la situazione della suinicoltura che risente oltre che della chiusura del canale Horeca, anche del fermo alle esportazioni di prodotti freschi e lavorati, come i prosciutti, che rappresentano un importante sbocco delle produzioni. Le quotazioni all'origine dei suini pesanti destinati alle produzioni Ig tra gennaio e maggio del 2020 sono calcate del 35%.

D'altronde la chiusura di bar, ristoranti ed hotel ha rappresentato una perdita che a fine anno segnerà un -40%, pari a 39 miliardi di euro. E secondo l'Ismea a fine anno la spesa agroalimentare complessiva delle famiglie italiane avrà una contrazione del 10%, pari a 24 miliardi di euro.

"La chiusura del canale Horeca e le mutate abitudini degli italiani hanno pesato soprattutto sui consumi di carne, latte, formaggi e pesce", spiega ad AgroNotizie Roberto Pretolani, professore di Economia e politica agraria all'Università statale di Milano. "La situazione tuttavia si sta lentamente normalizzando e se il commercio internazionale riprenderà senza ulteriori limitazioni le prospettive sono positive".
 

Ortaggi stabili, su i prezzi della frutta

Anche perché la carenza di manodopera prospettata in primavera ora sembra non doversi verificare. È pur vero che i produttori di frutta e verdura precoci, come fragole e asparagi, hanno fatto fatica a trovare manodopera per le fasi di raccolta, ma la riapertura progressiva dei confini all'interno e all'esterno dell'Europa dovrebbe permettere la ripresa dei flussi di lavoratori.

Il comparto della frutta estiva ha fatto segnare un -28% a livello di produzione rispetto al 2019 per quanto riguarda le pesche e le nettarine a causa del maltempo. Mentre i prezzi sono in aumento anche se non ci sono ancora dati ufficiali. Non si segnalano da questo punto di vista problemi legati alla manodopera. Mentre le fragole, disponibili durante i mesi di lockdown, si sono avvantaggiate di una minore competizione con la Spagna registrando un +9% dei prezzi.

Per quanto riguarda gli ortaggi, in queste settimane si assiste a un significativo incremento dell'offerta grazie all'inizio delle operazioni di raccolta negli areali del Centro e del Nord Italia, la cui produzione si affianca a quella del Sud. In conseguenza dell'aumento dell'offerta si è verificato un fisiologico abbassamento dei prezzi in campagna. Anno su anno i prezzi complessivi sono stabili, con un -2,4%.
   

Nessuna carenza di manodopera, ma prezzi incerti

"A fine anno il conto della crisi per il settore agroalimentare sarà comunque salato, ma a meno di nuove criticità si dovrebbe andare verso una normalizzazione di prezzi e scambi", spiega Pretolani. "Cruciali saranno la riapertura dei confini e la ripresa dei movimenti di merci e persone nonché la riapertura del canale Horeca che tuttavia impiegherà ancora molto tempo per tornare ai livelli pre-pandemia".

Sembra dunque essere scongiurata quella carenza di manodopera paventata nei mesi scorsi dalle organizzazioni di categoria. Tanto che sui prezzi di mercato dei prodotti ad alta intensità di manodopera sembrano pesare di più gli effetti del maltempo piuttosto che i costi di raccolta.