La riforma del Codice Antimafia ha messo l’agricoltura italiana con le spalle al muro. I Centri di assistenza agricola di tutta Italia sono in allarme.
A far data dal 19 novembre scorso Agea non può più dare corso al pagamento degli aiuti dell’Unione europea all’agricoltura – del primo e del secondo pilastro – in assenza di adeguata certificazione antimafia che le aziende dovranno chiedere alle Prefetture di tutta Italia. Agea per procedere al pagamento deve a quel punto attendere o che arrivi la documentazione, o che decorrano i 30 giorni del silenzio assenso. Un tempo lunghissimo per le aziende. E intanto non arrivano nuove modifiche, oltre quelle già approvate al Senato sul decreto fiscale di fine anno.

Pertanto, è prevedibile che le Prefetture saranno prese d'assalto dalle domande degli enti pagatori, Agea in testa, e che non saranno neppure nelle condizioni di erogare il servizio, in mancanza di un potenziamento di queste strutture.

Potenzialmente sono esposte a questo blocco tutte le oltre 900mila imprese agricole italiane, pari ad oltre un milione di aziende, anche se un emendamento al decreto fiscale dovrebbe limitarne in futuro la portata, stabilendo una soglia di 5000 euro di contributi erogabili, al disotto della quale non sarebbero necessarie né l’informativa antimafia né la relativa documentazione. 

Entro il 7 dicembre prossimo il decreto fiscale – blindato dal governo alla Camera dei deputati, dopo l’approvazione al Senato - dovrà diventare legge, a causa dell’avvicinarsi di alcune scadenze, e quindi l’unica limitazione che si avrà per quella data - la soglia dei 5000 euro di contributi - sembra destinata ad andare in vigore senza ulteriori modifiche.

Una circostanza che potrebbe dare un po’ di ossigeno alle microimprese alle prese con titoli Pac al minimo, ma che sicuramente non sblocca gli investimenti dei Programmi di sviluppo rurale, mentre complicherà la vita dei piccoli e medi allevatori di montagna, che allevano vacche e pecore su suoli pubblici demaniali, secondo gli usi civici o altre forme di convenzione: per loro non ci sarà scampo in ogni caso, saranno tenuti alla certificazione antimafia anche in caso di contributi minori di 5000 euro, poiché esercitano l’attività su terreni di pubblica proprietà.

Al momento, posto che ulteriori modifiche al Codice antimafia sono necessarie, ecco quale situazione si è generata. La legge 17 luglio 2017 numero 161 ha modificato il Codice Antimafia (Decreto Legislativo 159 del 2011) e con l’articolo 25 è intervenuto sull’articolo 83 del Codice, dettando nuove norme in materia di acquisizione della documentazione antimafia per i terreni agricoli e zootecnici che usufruiscono di fondi europei, introducendo il comma 3 bis, che così recita: ”La documentazione (…) è sempre prevista nelle ipotesi di concessione di terreni agricole e zootecnici demaniali che ricadono nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei”.

L’articolo 28 della legge 161/2017 invece non fa altro che riportare lo stesso medesimo obbligo in capo all’articolo 91 del Codice antimafia, che dispone norme in materia di acquisizione dell’informazione antimafia, attività propedeutica alla produzione, da parte delle prefetture e degli organi di polizia della documentazione, a tutti meglio nota come certificazione antimafia.