Phil è un cittadino della Repubblica d'Irlanda che per le vacanze estive ha scelto la Puglia. Mentre era in vacanza ha comprato diverse bottiglie di vino che ha portato a casa per potersi ricordare dell'Italia durante i mesi invernali. Ma finite le 24 bottiglie di scorta (si sa, gli irlandesi amano il bicchiere) Phil decide di comprare il vino sul sito di e-commerce della cantina pugliese. Peccato però che venda solo in Italia...

Già, perché l'attuale normativa europea sulle accise di fatto taglia fuori dal mercato delle vendite online i piccoli produttori, in barba al 'mercato unico europeo'. Il punto è che se una azienda italiana vuole spedire del vino in un paese che applica le accise sugli alcolici (come l'Irlanda, il Belgio o la Germania) deve avere un rappresentante fiscale nel suddetto paese che in dogana paghi la gabella secondo le modalità previste dal governo. Cosa che invece non accade se il consumatore si reca direttamente in cantina e poi varca il confine (con un massimo di 10 litri di superalcolici, 90 litri di vino e 110 di birra).

"Chi vende beni soggetti ad accisa ad un cliente privato su Internet è tenuto a pagare i diritti di accisa secondo le aliquote del paese in cui vive il cliente", recitano le norme europee. "Nella maggior parte dei paesi dell'Ue è obbligatorio nominare un rappresentante fiscale, uno dei cui ruoli consiste nell'effettuare il pagamento delle accise, previa autorizzazione dell'autorità nazionale competente".

Insomma, una piccola cantina dovrebbe avere un rappresentante fiscale in ogni Stato Ue che sdogani la merce pagando le accise, anche se per uno scatolone di sei bottiglie si tratta di una manciata di euro. La conseguenza di questo sistema è che le grandi aziende che possono permettersi un rappresentante in ogni Stato riescono a vendere online, i piccoli produttori invece sono tagliati fuori perché i costi della burocrazia, al di là dell'accisa in sé, sono troppo alti.

"Questo è un vero peccato perché l'e-commerce è lo strumento ideale per noi piccoli produttori", spiega ad AgroNotizie Marilena Barbera, vignaiola siciliana di Menfi. "Le opportunità che offre la Rete sono enormi soprattutto per i piccoli vignaioli che non si possono permettere investimenti ingenti per raggiungere il consumatore, ma vengono azzerate dalla burocrazia".

Il risultato è che la piccola cantina o non vende online a clienti residenti all'estero, oppure spedisce la merce senza dichiarare il contenuto, infrangendo di fatto la legge ed esponendosi a sanzioni. La soluzione però esisterebbe: basterebbe creare una piattaforma online in cui i produttori possano pagare le accise del paese di destinazione della marce al momento dell'invio della spedizione.

Qualcosa di simile lo ha fatto Tannico, il portale di e-commerce dedicato al vino più grande d'Italia. "Per ovviare all'insensatezza dell'attuale regolamentazione delle accise noi abbiamo creato una nostra piattaforma che si interfaccia direttamente con il portale delle Dogane per espletare tutte le pratiche burocratiche in maniera digitale", spiega ad AgroNotizie Marco Magnocavallo, amministratore delegato di Tannico. "Quando un cittadino straniero fa un ordine, anche piccolo, il pacco viene spedito dal nostro magazzino fiscale di Arese, alle porte di Milano, e le pratiche burocratiche vengono già assolte a livello telematico. Abbiamo poi dei corrispondenti nei vari Paesi europei che chiudono la pratica dell'accisa in loco, ma il consumatore non deve fare nulla, riceve comodamente la merce a casa".

Come sempre in Italia (e in Europa) quando il pubblico manca nell'offrire servizi ci pensa il privato. E così Tannico ha sviluppato un prodotto per le cantine, WinePlatform, che offre alle aziende i servizi di pagamento delle accise. "Noi offriamo un software di gestione degli ordini che viene usato sia a livello di e-commerce dalle cantine sia quando uno straniero fa un acquisto in loco", continua Magnocavallo. "WinePlatform si occupa della gestione burocratica e del pagamento delle accise. In questo modo la cantina, anche piccola, non deve fare nulla". Il servizio ha un costo ma per tante realtà fa la differenza tra riuscire a vendere all'estero o rinunciare.

A livello europeo la Commissione Juncker sta spingendo molto sullo sviluppo del mercato unico, soprattutto sul digitale. E' ad esempio in fase di approvazione il regolamento sulla portabilità dei servizi a pagamento che obbligherà le società che offrono intrattenimento a consentire l'accesso ai contenuti premium anche dall'estero. In altre parole: se oggi un abbonato italiano ad una pay tv vuole vedere una partita di calcio sul suo tablet mentre è a Parigi non può farlo, ma in futuro sì. La Commissione è intervenuta anche sul roaming, eliminandolo del tutto proprio in nome del mercato unico. Anche sul tema delle accise sembra che qualcosa si stia timidamente muovendo.

Ad inizio anno la Commissione ha lanciato una consultazione aperta a tutti gli stakeholder per raccogliere spunti su come potrebbe essere modificata la Direttiva 83/1992, quella che disciplina proprio la tassazione delle bevande alcoliche. La consultazione, che si è chiusa in luglio, è arrivata dopo che uno studio interno, avvallato dall'Ecofin, ha giudicato come migliorabile il sistema attuale. Ora si aspetta che l'esecutivo comunitario pubblichi entro fine anno i risultati della consultazione e successivamente, forse, una proposta di riforma.

"Il Parlamento europeo, anche attraverso l'Intergruppo vino, ha chiesto a gran voce alla Commissione europea di intervenire. La situazione è paradossale specialmente per i piccoli produttori che spesso non hanno un importatore estero che li possa aiutare", spiega ad AgroNotizie Herbert Dorfmann, eurodeputato e presidente dell'Intergruppo vino. "I nostri produttori non chiedono di essere esentati dal pagare il dovuto, ma semplicemente di poterlo fare in maniera semplice, magari dal loro Stato membro".